Diana & Lady D Recensione – La Diana/Autieri di Vincenzo Incenzo si scontra con se stessa nel musical dalle atmosfere surreali create dal premio Oscar Gianni Quaranta. Ma è davvero Diana?
di Ilaria Faraoni
Diana & Lady D, lo spettacolo sulla principessa Diana scritto e diretto da Vincenzo Incenzo e interpretato da Serena Autieri ha debuttato al Teatro Sistina di Roma dove rimarrà in scena fino al 19 febbraio (la presentazione su Central Palc QUI).
Come si evince dal titolo, l’idea centrale è quella di mostrare la dualità della figura di Diana, divisa tra persona e ruolo pubblico, una dualità che narrativamente è risolta con un colloquio che diventa scontro continuo tra le due “anime” della donna. Così ci presenta la scissione Incenzo nelle sue note: «La principessa e la maestrina d’asilo, la bulimica e la filantropa, la mamma e l’amante si sono ostacolate e combattute fino all’ultimo giorno, bruciando una il terreno dell’altra e rivendicando la loro impossibilità di coesistere mentre incessanti scorrevano copertine patinate, sorrisi, onorificenze ed applausi».
Nella realizzazione, però, nonostante il grande amore e rispetto per Diana di Incenzo manifestato anche in conferenza stampa, lo scontro immaginato dall’autore non sembra rendere giustizia alla Diana che tutti hanno più o meno conosciuto e amato, malgrado gli scandali.
Pur rievocando episodi molto noti infatti l’impressione, al termine dell’ora e mezza di monologo, non è per tutti gli spettatori quella di aver vissuto un ricordo della principessa: è difficile cioè, per una parte di pubblico, rivedere Diana nell’immagine che ci presenta Serena Autieri tramite Incenzo. E non si parla qui di somiglianza data da trucco e parrucco, volutamente non “tale e quale”, scelta apprezzabile: si parla dell’idea di Diana che ne viene fuori.
Incenzo propone un testo che ha dei picchi molto poetici, con una scrittura di cui solo un autore del suo calibro è capace. Tuttavia quella che ci appare dallo spettacolo Diana & Lady D prodotto da Enrico Griselli per Engage, è una donna sì fragile, delusa, sofferente, non amata fin dall’infanzia, ma anche cinica e calcolatrice; una donna che gode del successo ottenuto (“Sono diventata una dea!”, “La folla vuole me, segue solo me!”), che gioisce con risata maligna nell’aver oscurato la fama del marito (“Ho trascinato Carlo nell’ombra, l’ho annientato!”), che si vanta compiaciuta del suo potere nel dettare le leggi della moda, con i suoi look subito copiati da tutte. “Quel timido agnellino è diventato una pantera raggiante!” dice la donna, rimproverando l’altra sé di non essersi fermata in tempo per godersi quanto aveva ottenuto.
Discutibile e inutile poi il lato erotico piuttosto spinto ostentato anche con una coreografia ed un abbigliamento ad hoc per presentare una donna che dice di sé di avere un metodo infallibile per riuscire ad ottenere tutti gli uomini che vuole.
Perché, ci si domanda, andare a ripescare aspetti della principessa evinti non solo dalle interviste rilasciate da Diana stessa, ma anche da fughe di lettere, foto e quant’altro? Ottenuti cioè da quel sistema che l’ha fagocitata e che gli autori stessi dello spettacolo hanno ritenuto colpevole?
Ma se da un lato non tutti riescono a far combaciare il ricordo di Diana con il personaggio bipolare presentato sul palco, lo spettacolo è al tempo stesso così pieno di episodi noti da rendere difficile allargare lo sguardo per creare, così come negli intenti dichiarati anche in conferenza stampa, una sorta di inno alla donna, lasciando da parte Diana «per dare voce, attraverso di lei, alle tante donne che non riescono a esprimersi, a parlare, a difendersi».
Difficile anche seguire le due anime che si scontrano: in certi casi si è in dubbio su chi delle due parli e accusi l’altra. Le battute scorrono troppo veloci, a volte troppo urlate, qualche parola si perde, anche nel volume troppo alto dell’amplificazione: gioverebbe probabilmente un’impostazione registica diversa, in alcuni punti.
Serena Autieri è impeccabile come sempre nelle parti cantate e si nota il lavoro di introspezione fatto. L’artista riesce a comunicare la drammaticità dei momenti rappresentati: la prova attoriale è molto complessa e si apprezza soprattutto quando le si permette di essere più intima e delicata, come nel pezzo dove manifesta il desiderio mai avveratosi di non essere spogliata, ma rivestita dal suo uomo, come segno dell’amore più alto, quello che solo una madre sa dare.
La speranza è che nel prosieguo (si pensa anche ad una presentazione ai figli di Lady D nel giorno del ventennale della scomparsa, il 31 agosto) un ulteriore lavoro di regia possa sciogliere alcuni dei nodi sopra citati.
Qualche dubbio viene suscitato anche dall’uso della parte musicale. Lo spettacolo si avvale in parte di brani inediti scritti da Francesco Arpino con le liriche di Incenzo, in parte di canzoni note che tengono conto dei gusti musicali di Lady D, come spiegato da Incenzo: si ascoltano perciò The sound of silence (in versione originale inglese), I feel you (fortemente voluta da Bill Goodson per il momento erotico), Bohemian rhapsody (adattata in italiano), Promise me (anch’essa in italiano), Wonderful life (in inglese), Somewhere (che in italiano è diventata Sempre). Non poteva mancare poi Candle in the wind in chiusura.
Ma la scelta stessa di utilizzare brani editi (come in un juke-box musical) e brani inediti mettendoli sullo stesso piano e l’alternanza di canzoni in inglese e in italiano, contribuiscono a creare la mancanza di un’omogeneità di fondo che dia un’impronta unitaria allo spettacolo, anche se la direzione musicale di Maurizio Metalli e le composizioni di Arpino riescono comunque ad amalgamare i pezzi senza che si avvertano accostamenti stridenti.
Inserire però come prime due canzoni proprio due brani in inglese rende più difficile entrare da subito nella narrazione. Inoltre i brani musicali, in diverse occasioni, sono inseriti in modo un po’ troppo giustapposto.
Per quanto riguarda le scene, Diana & Lady D si avvale dell’opera del premio Oscar Gianni Quaranta, che è riuscito a rendere alla perfezione l’atmosfera surreale voluta da Incenzo, con un lavoro fatto in stretta connessione con quello del light designer di fama A. J. Weissbard.
Lo spettacolo vale la pena di essere visto anche solo per ammirare alcune atmosfere create da Quaranta e Weissbard. Le luci in alcuni momenti parlano, dando senso ai silenzi e maggiore forza alla parola pronunciata. Citiamo anche l’effetto creato per riprodurre, amplificati, i flash dei paparazzi che tormentano Diana.
Le elaborazioni grafiche ad opera della Unità C1 sono suggestive ed efficaci, pensiamo per esempio al volo di gabbiani che si trasformano mano a mano in simboliche ed eloquenti maglie di una rete metallica. In alcuni casi le videoproiezioni sembrano però avere una mano diversa, o semplicemente alcune sono più riuscite di altre.
Le invenzioni sceniche di Quaranta sono degne davvero di un premio Oscar, come la sedia elettrica fatta di rami che compare durante la versione italiana di Bohemian rhapsody, usata da Diana per partorire quel figlio che, come viene detto nello spettacolo, aveva tentato di non far nascere cadendo ad arte dalle scale. Da quei rami, prolungati tramite la videoproiezione, nascono fiori rosa, in uno dei momenti più convincenti, intensi e carichi di significato dello spettacolo.
Ma veramente tante sono le invenzioni geniali di Quaranta: come quella che segna l’apertura dello spettacolo, con quella Diana che nasce o rinasce, nuda (con un body color carne), dal cumulo di giornali che parlano della sua morte, o la sorta di crocefissione simbolica che la vede sulla struttura sopralevata della scenografia. E ancora l’idea usata per rappresentare visivamente la lettera di Camilla a Diana, fissata a mo’ di cartello stradale su un palo sul quale si attorciglia un serpente.
Le coreografie di Bill Goodson ben si sposano all’atmosfera onirica pensata da Incenzo, in unione con gli abiti di Silvia Frattolillo che sono di classe, ricchi e scintillanti per la principessa, proprio come il pubblico se li aspetta, mentre sfogo alla creatività più visionaria è dato nei costumi ideati per le sei ballerine che accompagnano Diana & Lady D nel viaggio di ricongiungimento delle due anime verso un’altra dimensione. Il percorso è sottolineato dai ricorrenti cieli proiettati alle spalle della scena: ali e parrucche che ricordano le nuvole, fanno apparire le ballerine più che come anime di Diana – come era stato spiegato dal team creativo – come delle traghettatrici nell’aldilà.
Non siamo del resto in una sorta di dopo mondo, come specificato da Incenzo, con l’unico dato certo che è quello dell’ora della morte di Lady D, evidenziata da un orologio le cui lancette iniziano subito a girare al contrario?