MY FAVOURITE THINGS
di Ilaria Faraoni
Titolo: Wicked
Primo debutto: 28 maggio 2003, Curran Theatre (San Francisco)
Prima a Broadway (dopo alcuni rimaneggiamenti): ottobre 2003, Gershwin Theatre
Musiche e liriche: Stephen Schwartz – Libretto: Winnie Holzman – Regia: Joe Mantello – Coreografie: Wayne Cilento (leggi anche: Fabrizio Angelini parla di Aida di Elton John e Tim Rice) – Scene: Eugene Lee – Costumi: Susan Hilferty – Disegno luci: Kenneth Posner
Produzione: Universal Studios, Marc Platt e David Stone.
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- Il musical è tratto dal romanzo “Wicked: Life and time of the Wicked Witch of the West” (titolo italiano: “Strega: Cronache dal Regno di Oz in rivolta”) di Gregory Maguire, (1995) che si ispira ai personaggi e agli avvenimenti raccontati da Frank Baum nel suo celebre libro “Il meraviglioso Mago di Oz” (1900).
- Lo stesso Baum scrisse altri 13 romanzi ambientati nel mondo di Oz. Alla sua morte, 19 libri furono firmati dalla scrittrice Ruth Plumly Thompson. Si aggiunsero poi i 3 romanzi di John Neill, i 2 di Jack Snow, 1 di Rachel Cosgrove e 1 di Eloise Jarvis McGraw e Lauren Lynn McGraw, per un totale di 40 libri che costituiscono i cosiddetti libri ufficiali di Oz. Gli autori di tali testi sono chiamati “Storici del regno di Oz”.
- Il romanzo di Maguire, da cui “Wicked” è tratto (il musical se ne discosta però in alcuni punti importanti), non appartiene alla serie ufficiale, ma ad un numerosissimo gruppo di libri che raccontano il mondo di Oz ed i suoi personaggi da punti di vista alternativi, talvolta ribaltando completamente la creazione originaria di Baum. È per questo motivo che tali romanzi non sono considerati ufficiali e vengono detti anche, con termine improprio, “apocrifi”.
- Il romanzo cui si ispira “Wicked” è il primo di una serie scritta da Maguire. Gli altri titoli: “Son of a Witch”, “A Lion Among Men” e “Out of Oz”.
- Maguire aveva già accordato i diritti alla Universal per trarre dal suo romanzo un film quando fu contattato da Schwartz, che voleva realizzarne una trasposizione teatrale. È per questo che la Universal è tra i produttori del musical. Attualmente pare che il film, prodotto dallo stesso Platt (tra i produttori di “Into the Woods”), sia di imminente realizzazione (forse addirittura nel 2016). A dirigerlo dovrebbe essere Sthepen Daldry, regista, per citare un titolo su tutti, di “Billy Elliot”.
- Ecco come, tecnicamente, Elphaba “sconfigge la gravità”: https://youtu.be/IMY3a0N7W9Q
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Nel Regno governato fino a poco prima dal “meraviglioso” Mago di Oz, Glinda, la Strega buona del Nord, dà il “lieto” annuncio della morte della “Malvagia” Strega dell’Ovest, Elphaba, tra le acclamazioni festose del popolo.
Le cose, però, spesso non sono come sembrano.
Parte un lungo flashback che racconta la storia di Elphaba: la nascita da una relazione extraconiugale della madre; la diversità ed emarginazione a causa del colore verde della pelle; il rifiuto e l’ostilità da parte del suo stesso “padre”; la vita spesa accanto alla sorella disabile Nessarose, costretta in carrozzina e “tragically beautiful” (la futura Strega dell’Est); l’arrivo alla scuola di Shiz, dove incontra Fiyero e Galinda (poi Glinda) tanto bella e popolare quanto superficiale; l’antipatia e la rivalità con quest’ultima e la successiva indissolubile amicizia tra le due ragazze; la storia d’amore con Fiyero, in un primo momento fidanzato con Glinda; la scoperta del grande potenziale magico che la porterà al cospetto del Mago di Oz; la rivelazione della vera natura del Mago che, privo di poteri, regna grazie alla menzogna e alla malvagità; il rifiuto di diventare complice del potere, del finto Mago che sta catturando tutti gli animali senzienti (tra i quali anche il professore di Shiz) ingabbiandoli e facendo perdere loro, in questo modo, la parola e l’intelletto; il distacco da Glinda, che resta invece accanto al Mago e a Madame Morrible, la vecchia preside di Shiz, divenuta sua complice.
Proprio la ribellione di Elphaba ai piani del Mago farà sì che le venga data la caccia e che la protagonista diventi, agli occhi del popolo, la “Malvagia” Strega dell’Ovest.
N.B. Per leggere la presentazione e lo scopo della rubrica My Favourite Things cliccare QUI.
Si ringrazia in particolar modo Brunella Platania che si è resa disponibile durante le vacanze estive per rilasciare la seguente intervista.
Brunella, perché hai scelto Wicked? (guarda il video promo).
Perché sono una bambina che crede alle favole, alla magia. Dentro di me ho una forte componente fantastica, immaginifica: pensare ad un mondo in cui è possibile incontrare personaggi e libri magici, formule e qualunque altro elemento consenta di uscire dalla normalità, è qualcosa che mi mette addosso la polverina magica; volo con Peter Pan fino all’Isola che non c’è. Credo ancora alla Befana, alle fate che invecchiano, agli angeli che sono tra noi, a tutte le creature magiche: penso che l’Irlanda sia piena di boschi con gnomi, folletti e fate della natura. Sono una grande appassionata del ciclo bretone, di Merlino e di Morgana; penso che la componente magica sia stata fondamentale per l’essere umano. Dall’inizio dei tempi si cercava di entrare in contatto con gli elementi della natura, con le forze superiori: c’erano i druidi, si praticava l’alchimia. Pian piano, con lo sviluppo della scienza e della tecnologia, che fanno parte della componente razionale dell’uomo, abbiamo perso e sostituito la magia: oggi abbiamo invenzioni che sembrano magiche, basti pensare alle videochiamate, a Skype, che potrebbe essere il corrispettivo di quello che si faceva con uno specchio d’acqua, con una pozione o una sfera magica. Mi piace pensare che ci sia un collegamento tra gli elementi della natura e lo spirito umano, uno spirito che non è fatto di numeri o di onde Wi-Fi, ma di vibrazioni soprannaturali. Elphaba, la strega di “Wicked”, mi fa pensare alla Befana, che ha un aspetto orrorifico, diverso, ma è semplicemente una vecchia fata più potente di tutte le altre ed usa la propria magia con generosità. Quindi mi piace tantissimo, voglio diventare la Befana (ride, ndr).
Parliamo del romanzo di Maguire da cui “Wicked” è tratto…
“Strega – Cronache dal Regno di Oz in rivolta”, è un libro molto bello, collegato alla storia de “Il Mago di Oz”. Il film musicale del 1939, tratto dal romanzo di Baum, è una delle favole più affascinanti che io abbia visto da piccola: il tornado che porta via la casa, il cagnolino, una bambina infelice della propria realtà che poi comprende che il posto più bello dove vivere è casa propria, vicino agli affetti, affetti che trova anche nel mondo parallelo di Oz e che, in forma diversa, sono gli stessi che si è lasciata alle spalle… C’è un capovolgimento della fantasia, un po’ come accade in Alice nel Paese delle Meraviglie, anche se quel romanzo è un po’ dark, in realtà, perché Carroll stesso è più scuro, come autore. Il Mago di Oz ha invece un’impronta molto americana nel concetto di famiglia, di casa vista come il posto più sicuro, vista come le radici cui tenersi aggrappati per non perdere la propria identità, dopo aver affrontato un cammino lontano da casa ed essersi imbattuti in streghe cattive, relazionandosi con chi sembra grande, saggio e potente e che in realtà porta semplicemente una maschera per coprire le proprie insicurezze e la propria solitudine. Insieme agli altri è possibile ritrovare il proprio coraggio, la propria intelligenza e la propria anima.
Maguire, con il suo romanzo, va indietro nel tempo e cerca la giustificazione, il precedente rispetto a ciò che accade nel Mago di Oz. «Perché la Strega dell’Ovest, Elphaba, è cattiva? Ci sarà qualcosa che in apparenza non si vede»?
Il musical si discosta in molti punti fondamentali dal romanzo, se non erro: la madre di Elphaba e Nessarose non muore di parto; la protagonista, invece, muore davvero nel finale…
Un certo tipo di musical (come i cartoni della Disney) deve tendenzialmente avere il lieto fine; nel libro, anche se tutto è favolistico, il percorso di rivalutazione della storia porta ad affezionarsi ai personaggi, senza però che ci sia l’happy ending.
Sia nel romanzo di Maguire, sia nella versione musical, invece, sono molto evidenti le tematiche che parlano di intolleranza e discriminazione. Mi sono documentata cercando riscontri per capire se ci avessi visto giusto e, anche se non ho trovato conferme certe, credo che la storia sia una grande denuncia dell’antisemitismo, dell’olocausto, delle leggi razziali contro il popolo ebraico.
Approfondiamo questo aspetto ed il tema della diversità, che è centrale in “Wicked”.
La protagonista, Elphaba, nasce con la pelle verde, cosa che la marchia fin dall’inizio e che la fa sentire “non all’altezza”, proprio come succede a tutti coloro che nascono con una “diversità”. La diversità però non esisterebbe, se non esistesse un conformismo cui ci si deve adeguare: considerare ognuno per la sua individualità sarebbe semplicemente la “normalità”. Purtroppo c’è un conformismo sociale, razziale e religioso che ci portiamo dietro come una piaga: un morbo che, a volte, non permette di accettare nemmeno la propria immagine allo specchio, perché gli altri diventano lo specchio e gli occhi degli altri restituiscono sempre un’immagine deformata.
Elphaba ha grandi speranze: la preside Morrible ha riconosciuto in lei un potenziale magico che la rende superiore. Potrà incontrare il grande Oz: finalmente qualcuno, che però è comunque al di fuori delle mura domestiche, le permetterà di sentirsi all’altezza, di poter competere per la prima volta con gli altri.
Elphaba pensa che il mago sia talmente saggio da giudicarla per quello che è, senza essere accecato dall’aspetto esteriore (vedi brano The Wizard and I – video con Idina Menzel)…
Esatto! Spera che la vedrà per quella che è, riconoscendo le sue virtù magiche, andando oltre il suo aspetto. In The Wizard and I (video con Kerry Ellis), va incontro alla nuova vita che l’aspetta con quella rabbia, con quel senso di rivalsa che si provano quando finalmente qualcuno riconosce le tue doti. Elphaba può dimostrare, tramite una figura riconosciuta universalmente come saggia, quello che vale, eppure la cosa più importante per lei è che il Mago le tolga comunque il colore verde della pelle. Ancora oggi, chi ha un colore diverso si sente marchiato, tuttora esiste un pregiudizio: lo vediamo, è purtroppo all’ordine del giorno nella cronaca.
A mio parere lo scambio tra individui di culture ed esperienze diverse, costituirebbe solo ed esclusivamente una crescita: purtroppo il confronto si è sempre trasformato in una lotta per la supremazia. La diversità è una scusa, ma è stata talmente utilizzata da diventare connaturata nell’essere umano, mentre dovrebbe essere connaturata l’idea opposta.
In America non si può chiamare “nera” una persona di colore: perché? Il termine “nero”, non è razzista. Io chiamo Elphaba “verde”: è verde! Dovrebbe invece dare fastidio la parola “razza”. Come si può pensare che la varietà dei colori dell’arcobaleno, che è così bello da vedere, possa, sulla terra, far scorrere sangue fra le popolazioni? È talmente assurdo! Il colore è quello con cui il bambino rende bello un disegno, è quello che dà una nota magica. I figli dei fiori erano vestiti dei colori più vari, tanto che quello della pelle non era più visibile: andiamo anche noi in giro vestiti di tutti i colori!
Basta avvicinarsi ad un’altra cultura, studiarla, per capire che è giusto e buono anche quello che c’è dall’altra parte, anche se non ci appartiene.
Un’altra parola che odio è: “tolleranza”. È un termine negativo: si tollera chi si deve sopportare. Amore, amicizia, scambio, abbraccio, rispetto, comprensione, accoglienza: queste sono belle parole!
Mi ricollego quindi al discorso sul razzismo. C’è un momento cruciale nella storia di “Wicked”: nel Regno di Oz gli animali sono senzienti, dotati di parola, ed alcuni insegnano anche nella scuola di Shiz (dove studiano Elphaba, Glinda e Fiyero); il Mago man mano li cattura, rinchiudendoli in gabbia. Uno dei professori di Shiz, il Dr. Dillamond, è una capra. In letteratura, da sempre, la facies caprina è collegata a quella dell’ebreo. Ecco perché, per me, è stato evidente il nesso. Allontanare gli animali senzienti, impedire loro di continuare a lavorare, è un chiaro richiamo alle leggi razziali che allontanarono, durante il nazismo, gli ebrei dalla società.
C’è una poesia di Umberto Saba che associa la capra al volto semita http://www.letteratu.it/2012/06/12/la-capra-di-umberto-saba/. Nel musical, che è così frizzante e colorato, anche se da subito commovente per la sofferenza e la voglia di riscatto di Elphaba, quella della cattura di Dillamond e degli altri animali senzienti è una parentesi terrificante che mi ha colpito tanto, portandomi immediatamente nell’atmosfera del pre-olocausto. Non voglio esagerare, ma posso dire che mi ha fatto quasi lo stesso effetto de “La vita è bella” di Benigni. Anche in quel film è tutto posto con la formula del gioco: il linguaggio ludico, il linguaggio d’amore, permettono di entrare in un argomento così terrificante e conoscere ancor di più quell’orrore. Al contrario, non riesco a vedere “Schindler’s list”.
È un tema che pone, secondo me, anche l’attenzione sui meccanismi del potere malvagio: il potere che cerca di ingabbiare, di togliere la libertà, la parola. Ne consegue un abbrutimento delle persone. In “Wicked” gli animali, una volta messi in gabbia, perdono i ricordi, l’intelligenza, la facoltà di parlare…
Esatto, è il potere che ti toglie la parola. In “Wicked” gli animali vengono allontanati perché portano la conoscenza e la conoscenza conduce alla libertà, all’indipendenza, alla scoperta che chi ti governa e ti tiene sotto di sé, probabilmente vale meno di te.
C’è anche, secondo me, un attacco al popolo così passivo, che è, in qualche modo, specchio di tutti noi. In “Wicked” il popolo vuole una guida e vuole credere, senza pensare con la propria testa, a tutto ciò che il Potere gli propina: basta avere una verità di comodo, già pronta.
Certamente, perché ragionare e ribellarsi è più faticoso, anche se restituisce dignità e forza a chi si era addormentato. È così dall’inizio dei tempi. Anche molte religioni, quando capi religiosi e politici coincidevano, tenevano il popolo nell’ignoranza: l’ignorante è più governabile, va dove gli dici di andare, non chiede spiegazioni. È la curiosità che porta cultura e la cultura continua a generare curiosità, conducendoti sulla strada della libertà. C’è il detto: “La religione è l’oppio dei popoli”: in “Wicked” il Mago di Oz, che si nasconde alla vista, sembra l’essere più potente, colui al quale affidarsi per trovare una consolazione e questo è il gancio delle religioni. C’è l’idolo cui affidarsi per alleggerire i propri fardelli: in questo modo non si pensa più ad una soluzione sociale, vera, cui si potrebbe arrivare.
Ogni dittatura si basa su un popolo cieco.
Su un popolo cieco e mantenuto cieco.
Ci sono anche altri temi importanti in “Wicked”…
Tanti, veramente tanti… Ed è questo l’aspetto affascinante di un musical del genere: come le più grandi storie raccontate, “Wicked” ha più livelli di lettura. Puoi godere dell’aspetto ludico, favolistico e fermarti lì, dopo aver passato una serata piacevole con musiche strabilianti e coreografie e interpreti incredibili, oppure andare più a fondo e captare i messaggi al secondo e al terzo livello.
Un altro tema importante è quello che mostra come azioni fatte a fin di bene ti si ritorcano contro scatenando una serie di conseguenze negative.
Sì e da queste situazioni, in “Wicked”, si crea anche un precedente ai personaggi che già conosciamo da “Il Mago di Oz”: si fa luce sulle origini dell’Uomo di latta, del Leone, dello Spaventapasseri. Penso alla fantasia che ha avuto Maguire nell’andare a ritroso in quella storia magica…
Tra l’altro, sul filone del prequel, c’è anche il film della Disney del 2013, “Il grande e potente Oz” .
Bellissimo!
Vorrei, a questo punto, conoscere la tua opinione su una questione tante volte dibattuta: il romanzo di Maguire da cui “Wicked” è tratto, non appartiene alla schiera dei 40 libri su Oz ritenuti ufficiali, ma a quelli che, con termine improprio, vengono definiti addirittura “apocrifi” (vedi curiosità a inizio pagina) perché guardano la storia da punti di vista alternativi. Quanto è giusto, secondo te, utilizzare storie e personaggi già creati da altri e stravolgerli?
Non lo trovo giusto. Se c’è qualcosa che nasce dalla fantasia, dal talento, dalla maestria di un altro autore, la si può al massimo adattare. Nel caso di uno spettacolo musicale tratto da un romanzo è chiaro: il musical ha un linguaggio diverso, che automaticamente alleggerisce e approfondisce la storia grazie alla musica, alla danza, all’arte visiva. Il messaggio, anche se pesante, viene recepito con più facilità e la metabolizzazione avviene più spontaneamente, rendendo quanto si voleva comunicare più fruibile. Il messaggio può arrivare più in profondità e rimanere dentro: crea una vibrazione, perché la comunicazione è a più livelli e coinvolge tutti i sensi. Lo spettatore può abbandonarsi, diventando fruitore passivo e attivo allo stesso tempo.
Ho sempre sostenuto che in uno spettacolo cosiddetto “leggero”, spesso passino più efficacemente temi profondi…
Sono d’accordo. E riguardo alla discorso della leggerezza, che aiuta a recepire i messaggi anche più seri, sono meravigliose le Lezioni americane di Italo Calvino.
Tornando al discorso precedente, come dicevo non ammetto lo stravolgimento. Molte volte il cinema stravolge; l’immediatezza dell’immagine, il racconto in breve, bruciano dei nodi di narrazione molto forti. La letteratura amplifica; quello che accade con un libro è qualcosa di magico: anche se lo si legge in dieci giorni, sembra che la storia sia durata molto più a lungo. In alcuni casi, invece, alcuni grandi registi sono riusciti a superare testi di partenza più mediocri. Il linguaggio teatrale, secondo me, ha il dovere di essere ancora più rispettoso. Il teatro, nei confronti della letteratura, deve essere come quei libri per bambini con le figure che si sollevano, i cosiddetti libri pop-up: deve dare a quel determinato autore la possibilità di diventare musica e immagine. “Rent”, ad esempio, ha modernizzato, nei panni e nei contenuti sociali, “La Bohème”, senza alterare però lo spirito dei personaggi e le interazioni tra loro. Lucio Dalla, nella “Tosca”, aveva fatto un’operazione fortissima, mantenendo la struttura dell’opera ma usando addirittura anche un linguaggio cinematografico: c’era molto Fritz Lang in quello spettacolo. Se ad una storia si aggiunge un linguaggio, il risultato può piacere o meno, ma in alcuni casi forse si mette in atto qualcosa che probabilmente lo scrittore aveva già codificato. Se si legge Shakespeare, ad esempio, si sente che in alcuni punti aveva immaginato che la parola diventasse musica. Al contrario, se si opera uno stravolgimento, è come se si cambiasse una formula magica, per tornare nello spirito di “Wicked”: se cambio la formula, anche il risultato cambia e, al posto di una magia buona, si può creare un maleficio.
Una delle magie più forti è l’atto creativo di un autore, che sia un musicista, uno scultore, un pittore, uno scrittore: chi siamo noi per usare quell’atto creativo, che è unico, e modificarlo a nostro piacimento? Possiamo solo cercare di continuare a comunicare quel messaggio, mantenendone per sempre la bellezza. Anche noi, piccoli interpreti, dando volti, corpi, voce e personalità a quel dato personaggio, a quella data storia, mettendoci anche un pochino di noi, possiamo portare avanti una storia attraverso le pieghe del tempo: più di questo però non dobbiamo fare, altrimenti è meglio creare qualcosa di nostro!
Condivido! E “Wicked”, secondo te, in questo discorso come si pone, sia rispetto a “Il Mago di Oz”, sia rispetto al romanzo di Maguire?
Secondo me già il libro di Maguire rappresenta un’operazione rispettosa ed intelligente nei confronti de “Il Mago di Oz”: non lo stravolge. Quella raccontata nella storia classica, è la “verità” che si vede: Maguire offre semplicemente un’altra possibilità. È come se la cinepresa, la penna magica dello scrittore, la lente di ingrandimento, si fossero spostate da Dorothy, che ha trovato il suo lieto fine, agli altri personaggi, per vedere se potesse esserci un finale buono anche per i “cattivi”: secondo me è una intuizione bellissima! Quando si legge “Il Mago di Oz” o si guarda il film, ci si chiede il perché della cattiveria della strega, o il perché dell’esistenza delle scimmie volanti, per esempio. Cercare una giustificazione alla cattiveria è umano, lo facciamo anche per quanto riguarda le nostre brutte azioni: «Ho fatto questo perché mi hanno fatto quest’altro». Se poi diventi definitivamente cattivo, per la gente lo sei e basta.
In “Wicked” il vero malvagio è il Potere, non Elphaba, che cerca semplicemente una propria dimensione e, nella ricerca, tenta di fare del bene. Sbaglia perché a volte le buone azioni, se non sono fatte nel contesto giusto, possono portare anche ad un male, soprattutto quando c’è una insicurezza di base. Fino a che non fa pace con se stessa e non accetta di essere amata anche nella sua diversità, quel bene che Elphaba tenta di fare, non arriva mai alla conclusione giusta.
È bello anche che alla fine si ribalti la situazione e sia lei a rassicurare Fiyero (tramutato in Spaventapasseri) sul suo aspetto fisico.
Sì. E poi il fatto che un tipo come Fiyero possa innamorarsi della ragazza emarginata (video), rappresenta la rivincita delle bruttine. Anche il brano “Popular” è divertentissimo e l’atmosfera è da sitcom americana: c’è la ragazza popolare (Glinda) che dà istruzioni alla bruttina quattrocchi (Elphaba) su come comportarsi per diventare come lei. Il divertimento nasce anche dal fatto che in realtà Elphaba è una strega potentissima ma non sa ancora come usare i suoi poteri, così come accade a tutti gli adolescenti che non sono ancora coscienti delle proprie capacità. C’è dunque anche questo aspetto: siamo davanti ad un romanzo “di formazione”. Ci sono dei ragazzi che non sanno ancora chi e cosa siano, perché chi dovrebbe farlo non glielo spiega. Ognuno ha delle potenzialità grandi e inespresse e ha davanti a sé tutte le possibilità: buone, ma anche cattive se, nel suo percorso, incontra la persona sbagliata. È quello che succede ad Elphaba, che viene esiliata e ricercata proprio perché è un facile capro espiatorio…
Vero: proprio perché c’è il luogo comune che associa la bruttezza alla cattiveria, Elphaba è un ottimo capro espiatorio.
Esattamente, e questo crea un momento di reale cattiveria. Pensa: «Bene, mi volete così? Allora sarò così». Un precedente che giustifichi certe azioni, lo si potrebbe immaginare per tutti i cattivi delle favole ed è ciò che di clamoroso ha fatto Maguire aprendo questa porticina sul fantastico.
È quel che è stato fatto anche in Italia, con il musical “Rapunzel”, giustificando la cattiveria di Madre Gothel, interpretata da Lorella Cuccarini.
Sì, c’è bisogno della giustificazione, soprattutto in un periodo come quello che stiamo attraversando: abbiamo subito tanto male, soprattutto da parte del potere, che opera un male fine a se stesso. Noi esseri umani passiamo dall’essere generosi e aperti, a momenti di chiusura: è colpa della solitudine, del non veder ricambiati i propri sentimenti. Se sentiamo di incattivirci e qualcuno, dall’esterno, ci percepisce come cattivi, è come se ricevessimo una consacrazione, diventa vero. Il reale potere magico, infatti, come si vede in “Wicked”, è quello della parola. E finché Elphaba non lo ripristina, non ha alcun potere.
Ed il Mago di Oz, in Wicked, toglie la parola agli animali.
Esattamente. Se togli la parola, togli anche il potere magico, perché la libertà più grande dell’individuo è quella di espressione. Se l’espressione dei propri pensieri è positiva si tratta di una magia bianca, altrimenti c’è lo stesso effetto del woodoo, perché la parola colpisce e segna come poche altre cose, anche se facciamo finta che non sia così: rimane dentro e, se non diventa un seme per far germogliare qualcosa di buono, è l’inizio di un cancro che pian piano marcisce. Si deve avere la forza di trasformare in positività ciò che riceviamo, altrimenti le parole trovano facilmente la strada per colpire.
Soprattutto se si è sensibili…
Sì, anche se è quella stessa sensibilità che può diventare la tua salvezza, perché la tua comprensione va al di là del confine costituito da te stesso, ed è questa la grande conquista. Elphaba è pronta al sacrificio, capisce che la vera sfortunata è la sorella Nessarose. Tra le due c’è una connessione strana: ci sono quelle scarpette di Nessa, che saranno stregate da Elphaba e che saranno le stesse che prenderà poi Dorothy… un altro punto di unione è costituito dal fatto che entrambe sono delle “diverse”. Non lo si capisce subito, io ho dovuto ripensarci e riflettere…
E “Wicked” è affascinante anche per questo: ti fa venire voglia di riflettere ancora, dopo la visione…
Esatto. E tornando alla riflessione precedente, Elphaba subisce il potere della parola anche da parte della sorella Nessa, che la accusa di non aver mai fatto nulla per aiutarla. Ma alla fine è bellissimo che il legame tra le due sia rappresentato dalle scarpette che Elphaba ha stregato per donare alla sorella l’uso delle gambe. Come dicevo sono le stesse scarpette che, sappiamo, riporteranno a casa Dorothy. Credo che Maguire abbia pensato a questo filo conduttore: sia per Elphaba, sia per Dorothy, quelle scarpe rappresentano la famiglia, la casa, anche se in “Wicked” ci sarà un risvolto doloroso, ed Elphaba troverà la sorella morta, schiacciata dalla casa con cui è arrivata Dorothy.
È anche molto interessante vedere, a livello registico, narrativo e interpretativo, come in Wicked si passi con molta naturalezza da un momento tragico ad un momento comico. Proprio nella scena che citi, per esempio, quella in cui Elphaba piange la sorella morta, si innesta subito la comicità del duello tra lei e Glinda (video). Spesso, in questo musical, si gioca sul connubio tra il tragico ed il comico…
Sì, ed è proprio ciò che rende più accettabili alcuni momenti tragici: vengono alleggeriti attraverso un filtro comico, in modo che lo spettatore possa metabolizzarli e riflettere.
Questi passaggi tra il tragico ed il comico sembrano molto naturali, cosa che dimostra l’abilità narrativa e registica nel realizzarli: in realtà se non si è bravi nel gestirli, lo spettatore può avvertirli come una violenza.
Sì, è pericolosissimo! Potrebbe essere avvertito come un passaggio da un momento di tragedia alla pubblicità. Invece è tutto talmente poetico…
L’amicizia tra Glinda ed Elphaba, poi, ha il sapore di alcuni film adolescenziali: all’inizio sono rivali, poi la cosa più importante per loro diventa ciò che rappresentano l’una per l’altra. Il vero amore, nella storia di “Wicked”, è proprio quello tra le due amiche e trova il suo lieto fine: il potere dell’amicizia, infatti, è l’altra grande magia che supera tutto, anche se non può vincere la tragicità degli eventi. L’amicizia vede la verità.
Proprio all’amicizia è dedicato il duetto tra Elphaba e Glinda, For Good. Nel brano si parla di come l’amicizia possa cambiare positivamente una persona.
Esatto! Non è Fiyero la magia che fa essere migliore Elphaba, ma Glinda, con la quale all’inizio si è scontrata: la prima si prendeva troppo sul serio, l’altra era superficialissima. Insieme hanno condiviso un cammino di evoluzione, diventando entrambe migliori. Potrebbero anche non vedersi mai più, ma rimanere per sempre l’una nel cuore dell’altra.
For Good (video con Kerry Ellis and Dianne Pilkington) infatti, è una delle scene per me più commoventi.
Sì, è meravigliosa! Poi le musiche sono stupende.
Parliamo dunque delle musiche di Schwartz.
Sono bellissime, quando le ho sentite per la prima volta ho avuto l’impressione di qualcosa di molto moderno ma, allo stesso tempo, di sinfonico. Uno stile molto pop e fruibile anche a livello “commerciale”, ma con una composizione e degli arrangiamenti che mi hanno portato a pensare a “West Side Story”. Tutti i brani, inoltre, sono giusti per la storia, che è molto corale. Il popolo costituisce una presenza forte: è una banderuola al vento, sembra stordito. In un mondo che ha perso la magia, si cerca l’elemento che la possa riportare, e chi può farlo è proprio Elphaba, la discriminata, la diversa. Ma è proprio lei, l’elemento “differente”, a capire che la manipolazione della magia non porta a nulla se non ad un potere malvagio che soffoca e addormenta. Tutta la colonna sonora segue questo corso, aggiungendo anche i momenti di allegria, colore e comicità.
Non sarebbe stato giusto proporre, in un prequel de “Il Mago di Oz”, lo stesso tipo di musica del film con Judy Garland, lo stesso tipo di composizione.
Oltretutto ci sono tantissimi anni di distanza tra il film musicale (1939) di Fleming e “Wicked”.
Certo, sarebbe stata un’operazione sciocca riproporre quello che era stato vincente all’epoca. Anche i personaggi qui sono fuori dal tempo. Al Mago di Oz possiamo dare una collocazione temporale perché Dorothy è umana, ha un certo tipo di abbigliamento. In “Wicked” non c’è alcun indizio anche se c’è qualcosa, nei costumi, che mi fa pensare agli anni Venti ed ho avuto la stessa impressione leggendo il libro.
Ho letto che per Wicked si sarebbero ispirati alle illustrazioni originali del romanzo di Baum, firmate da William Wallace Denslow, anche se una certa corrispondenza l’ho riscontrata solo nell’iconografia di alcuni personaggi come l’Uomo di latta, lo Spaventapasseri o le scimmie volanti, cui si sono ispirati anche nel film del 1939.
Sì, e hanno fatto benissimo a mantenere questa corrispondenza. Riguardo agli altri personaggi, Glinda è, nell’immaginario, la principessa fatina; Morrible, con la sua acconciatura, mi dà più una suggestione di fine Ottocento. Poi, continuando a riportare la storia al nazismo, credo che ci siano richiami anche a quell’epoca. In generale, malgrado elementi più moderni, si tratta sempre di un Regno delle favole, quindi c’è sempre qualche spunto che porta indietro nel tempo. Elphaba, poi, quando arriva a Shiz, è vestita come una collegiale o una sorta di novizia. Mi ricorda quasi Maria di Tutti insieme appassionatamente e, pensandoci, quelli di The Sound of music sono gli anni dell’avvento del nazismo, per cui credo che il richiamo sia voluto, come pure un riferimento ad alcune immagini popolari del musical classico: Elphaba sembra davvero Maria, ma in verde.
Anche Maria del resto è una diversa, sia come novizia, sia come istitutrice…
Sì, è fuori dalle convenzioni, per cui penso che il parallelismo ci sia davvero e se analizzassimo tutti gli altri personaggi potremmo trovarne altri, anche se poi c’è sempre una lievitazione al livello fantastico. Se ci si pensa, più è fantastico il contesto, più è crudele e concreto quello accade nella storia. In un mondo fantastico non ci si aspettano certi tipi di malvagità riferiti alla famiglia, alla società: tutto diventa perciò ancora più tagliente ed efficace, perché lo spettatore ormai è dentro la storia, non può fare a meno di viverla, e questa è posta in modo da farlo riflettere senza distruggerlo. Sono queste la magia e l’intelligenza di un’operazione teatrale e musicale del genere.
Quando sono andata a vedere “Wicked” a Londra per la prima volta, sono entrata in teatro e tutto, dal verde dominante, alla mappa del Regno di Oz, fino alla struttura metallica del drago, ti conduceva già dentro alla storia: non ti era più permesso un passo indietro. Se vai a vedere un musical del genere senza accettare di esserci, non farai mai un “viaggio”; devi entrare in una dimensione che ti fa mollare le difese. “Wicked” ti culla immediatamente, poi dà degli strattoni che ti scombussolano lo stomaco. Ascolti musiche meravigliose, voci bellissime, interpreti così straordinari…
Parliamo degli interpreti.
Quando andai a vederlo c’era, nel ruolo di Elphaba, Rachel Tucker, che non corrispondeva fisicamente all’idea che avevo del personaggio, alla Idina Menzel. Ho dovuto ricredermi! Di un personaggio siamo abituati ad avere una determinata idea alla quale bisogna adattarsi e invece non è così che deve funzionare: nel momento in cui la Tucker è entrata in scena con l’atteggiamento giusto non poteva che essere Elphaba. Anche l’interprete di Glinda era eccezionale. Nessuna delle due era famosissima. Un’altra Elphaba straordinaria, oltre alla Menzel, è stata Kerry Ellis, che ho avuto il piacere di conoscere, ed anche lei non è una spilungona. Tornando alla Tucker, il suo aspetto così diverso da quello che mi aspettavo, è stato fondamentale nelle scene in cui Elphaba ritrova la magia “tirandola fuori” dal libro (video della Tucker in No Good Deed): la sua potenziale malvagità è ancora più efficace, perché non è scritta nel volto; questo è un aspetto tipico delle favole: o la strega è brutta e cattiva oppure è bellissima ma, come la sirena con il suo canto, ti porta a morte certa. Del resto bisogna rispettare la mitologia che è alla radice di tutte le favole, antiche e moderne. Ad esempio, La Bella e la Bestia è in qualche modo la storia di Amore e Psiche. Perché stravolgere una tradizione così lunga e importante, che si è adattata nei tempi alla capacità ricettiva di lettori e spettatori?
Sei anche una regista (ricordiamo, su tutte, la recente esperienza con Steve Balsamo): da questo punto di vista hai qualcosa in particolare da notare a proposito di “Wicked”?
Una volta “entrata” in uno spettacolo, è difficile che mi metta a fare la critica: se mi coinvolge vuol dire che funziona. Nel caso di “Wicked”, se ho recepito tutti i messaggi di cui abbiamo parlato, vuol dire che la regia è stata rispettosa ed efficace. L’unico appunto che potrei fare è che in alcuni momenti si passa da un grosso spessore, ad un appiattimento. Forse in alcuni casi è voluto, per dare più tranquillità allo spettatore, come nel caso del passaggio dal tragico al comico: l’alternanza tra momenti molto profondi, anche visivamente, che ti catturano completamente, a momenti più piatti è rarissimo, perché è uno spettacolo molto equilibrato, con una regia molto intelligente ed in linea con il racconto, però si avverte, a tratti.
In un lavoro come “Wicked” non si può fare una regia surreale, perché questo aspetto è già presente con l’elemento magico: il regista, al contrario, da un contesto fantastico è riuscito a tirar fuori il concreto: da questo punto di vista trovo che Joe Mantello sia stato da 10 e lode.
Si parla dell’imminenza del film, nel 2016…
Da amante di “Wicked”, pensando che c’è tanta gente che non lo ha visto e non potrà vederlo a teatro, ne sono felice, anche perché sono una grande amante del cinema: se ci si pensa, il cinema è magia, è qualcosa di incredibile. Come considero il teatro il pop-up della letteratura, così per me il cinema è il tunnel delle meraviglie, una di quelle invenzioni umane che si sono sostituite al potere magico. È un lunghissimo caleidoscopio che porta fino alla luna ed è un mezzo di comunicazione immediato: arriva a tutti. A volte è usato male. Spero dunque che si riesca a cogliere l’essenza del musical.
Quale aspetto di “Wicked” è più a rischio, secondo te, nel passaggio al mezzo cinematografico?
Il messaggio sulle leggi razziali, sui grandi poteri che soffocano e mettono a tacere la magia vera dell’individuo, tematiche che ho trovato più evidenti nel musical che nel romanzo.
Il tema dell’emarginazione, invece, è talmente evidente che è impossibile non venga messo in evidenza.
Quel che temo è che si punti più sulla spettacolarità, sulle trasformazioni, sugli animali senzienti: che diventi troppo cartoon.
In un’operazione del genere, secondo me la cosa più intelligente da fare è lavorare in parallelo con chi ha creato il musical. Bisogna vedere, poi, se si rifaranno più al romanzo di Maguire o più allo spettacolo. Per me solitamente vince la letteratura, ma in questo caso, come dicevo, in alcuni punti ho trovato più profondo il musical. Sicuramente ciò si deve all’intelligenza della sceneggiatrice e del regista, Joe Mantello, che hanno letto anche tra le righe. Spererei tanto che Mantello facesse la regia associata o almeno una consulenza e che mantenessero anche la stessa sceneggiatrice del musical: saremmo a cavallo. Le co-regie solitamente non si fanno perché un regista tende ad essere un tiranno. La tirannia però porta sempre a poco ed in realtà un occhio esterno aggiunge altri punti di vista. Se il tiranno si confronta, nasce una bella democrazia creativa.
Certo: dallo scambio nascono idee nuove che altrimenti non vedrebbero mai la luce.
Sì, c’è il fermento. Le convinzioni non rimangono a stagnare ma si evolvono. Il confronto, in tutti i campi, soprattutto poi il confronto con qualcuno che sa, perché ha già fatto, è sempre positivo.
Il sottotitolo del libro “Life and time of the Wicked Witch of the West” è esplicativo. Nel musical, l’aver scelto solo “Wicked” (anche se il sottotitolo è “The untold story of the Witches of Oz”) potrebbe essere la chiave di lettura di tutto il musical. In inglese non ci sono i generi; così a primo impatto si pensa che “Wicked” sia riferito ad Elphaba, in realtà il malvagio è il Mago di Oz…
Oppure è tutto il popolo… Può riferirsi a tante cose.
Come vedresti “Wicked”, lo spettacolo intendo, in Italia?
È meglio che non lo facciamo. Sono categorica! Mi piacerebbe tanto, ma temo che non siamo pronti, con la massima stima possibile per tutti noi e per il pubblico. Credo sia meglio che lo vediamo al cinema e basta. Penso che sarebbe un’operazione dispendiosissima e non raggiungerebbe il risultato voluto.
Al momento sarebbe bello se venisse da noi una produzione straniera. Non dico che non siamo preparati per farlo, temo che non lo faremmo in modo molto rispettoso. Sono stata molto contenta del risultato ottenuto da “Priscilla”. Il rischio di “Wicked” è quello di italianizzarlo, anche per quanto riguarda le liriche. C’è una difficoltà oggettiva di adattare la parola ad un tipo di musica, anche a livello metrico. La musica è un linguaggio: la musica italiana e la musica anglosassone hanno un suono diverso, così come diverso è il suono della parola. La composizione musicale ha un tipo di groove, di mood differenti. È difficile incastrare nella giusta metrica parole di un’altra lingua. Quelle canzoni nascono per quella lingua, con quel suono specifico.
La messa in scena non altrettanto ricca è l’unica cosa su cui potrei, invece, transigere.
Parliamo di uno dei brani più noti e amati: Defying gravity (video con Idina Menzel). È una di quelle canzoni gettonatissime ai provini, sbaglio?
Non sbagli: ora l’ho messa un po’ da parte, ma anch’io portavo sempre quella.
Ed è una scelta giusta, secondo te, per affrontare un provino? È un brano insidioso? Diamo qualche consiglio…
È un brano di grande effetto. Vocalmente sembra più difficile di quello che è, ma la difficoltà vera è nell’interpretazione. Quando si va ad un’audizione, si deve far sentire il meglio di quello che si sa fare. Anche ai provini che abbiamo fatto per Il Giullare di Dio (cliccare QUI), mi sono permessa di ricordare ai ragazzi che se viene loro richiesto un brano da musical, c’è un motivo ed è che chi sta dall’altra parte, vuole vedere come affrontino una interpretazione teatrale. Cantare un brano da musical come se fosse un brano pop, solo per far sentire le proprie capacità vocali è inutile: il brano da musical è il racconto di un particolare momento della storia e di quel personaggio.
Il racconto di “Defying Gravity” – oltretutto è un duetto – ha degli snodi importanti: inizia in maniera intima, non si sa già dall’inizio cosa succederà. Alla commissione che ti sta giudicando, o al pubblico, bisogna raccontare la storia dall’inizio, non far capire subito dove si arriverà. Bisogna portare chi ti ascolta insieme a te nel racconto passo dopo passo. Nel caso di “Defying Gravity” (video con Kerry Ellis), nel farlo occorre mantenere anche una qualità vocale che va in crescendo e che deve essere efficace dall’inizio alla fine: con l’agitazione di un provino, non è facilissimo.
A lezione, gli alunni mi chiedono sempre di provare un certo tipo di pezzo: per loro una canzone è bella se ha delle note sparatissime. Ma la nota alta non è semplicemente il fa diesis di Celine Dion: la nota alta è quella che fa crescere il pathos del pezzo, che porta gli spettatori all’apice tragico o esplicativo del brano. Se porto “Defying Gravity” (video con Rachel Tucker), per quei tre/quattro minuti di canzone devo diventare Elphaba, così come se porto “On my Own” devo essere Éponine di Les Misérables, altrimenti posso cantare qualunque altra cosa.
In un provino da musical, perciò, è importante far capire di possedere entrambe le qualità: la vocalità e l’interpretazione, dimostrando di poter entrare anche in soli tre minuti in una storia.
Se pensi a “Wicked” qual è la scena che ti viene subito in mente?
Sicuramente “Defying Gravity”, anche a livello visivo. Penso anche a No Good Deed, che rappresenta l’approccio di Elphaba alla magia, con il libro: è il brano in cui lei deve fare la scelta tra il bene ed il male, che non è ancora compiuta. È la possibilità che abbiamo tutti, nella vita, è il libero arbitrio.
Poi sicuramente penso anche alla scena dell’allontanamento del professore. Là vedo oltre: come dicevo prima vedo i campi di concentramento, vedo il romanzo o il film “Gli occhiali d’oro”.
Sito ufficiale di Brunella Platania: http://www.brunellaplatania.it/
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