di Paolo Vitale
Questa settimana a rispondere alle nostre domande “scomode” abbiamo l’onore di avere una performer di calibro internazionale come Jessica Polsky, collaboratrice d’eccellenza dei piani di studio Sezione Musical della Gypsy Musical Academy di Torino.
La Polsky ha al suo attivo tantissimi lavori teatrali e televisivi sia in Italia che negli Stati Uniti. Molti di voi la ricorderanno sicuramente per la partecipazione a Camera Cafè, Piloti, Sputnik e Festivalbar, ma in realtà Jessica nasce come performer di musical a Broadway! Tra i suoi lavori in Italia e all’estero ricordiamo West Side Story, Sophisticated Ladies, Grease, Alice nel Paese delle Meraviglie, Jeffrey On Broadway…
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Come funziona il mondo lavorativo a New York? E’ possibile per un italiano lavorare lì?
Jessica Polsky: “Lavorare a New York non è impossibile, ma ci sono alcune realtà NON negoziabili da affrontare. La prima è la residenza. Da quando hanno ristretto le leggi di immigrazione dopo l’11 settembre, quello che era un percorso già duro, lungo, difficile, è diventato di una rigidità quasi insuperabile. Se non hai la carta verde per vivere e guadagnare negli Usa, già di tuo, non ti vuole -nè potrebbe- assumere nessuno. Prima dell’11 settembre si usava molto il famoso “sponsor”, ovvero un datore di lavoro americano che garantiva allo Stato che avresti avuto un regolare lavoro, delle sicure entrate, un alloggio ed un supporto. Questo sistema è stato cambiato ed è stato reso talmente difficoltoso e costoso per i datori di lavoro (tra avvocati, pratiche, ecc) che solo le enormi multinazionali con infinite risorse economiche possono permetterselo.
Ovviamente, nello spettacolo, soprattutto nel teatro, non ci sono quei soldi, e non solo: investire denaro, tempo ed energie per l’assunzione di un dipendente ha senso per un’attività solo se è per un impiego a lunghissima scadenza. Nel teatro invece i nostri contratti sono brevi, l’impegno dura pochissimo, e spesso il rischio è molto alto (pensate agli spettacoli che vanno male e chiudono poco tempo dopo il debutto). Per questi motivi le produzioni non prendono più l’incarico della tua pratica e non si sobbarcano la responsabilità di essere “il richiedente”. In tutti i miei anni nell’ambiente, so di un’unica volta che la produzione ha fatto di tutto pur di avere un’artista straniera, ed e’ stato clamoroso. Agenti e produttori non ne vogliono sapere: devi essere già a posto, senza complicazioni né vincoli per loro.
Le uniche altre due vie sono: sposarsi con un americano o tentare con la lotteria. Sembra uno scherzo, ma non lo è: lo stato americano mette “in lotteria” un tot di carte verdi ogni anno.
L’altra realtà NON negoziabile è l’iscrizione al sindacato degli attori del teatro: l’Actors’ Equity. SOLO gli attori iscritti al sindacato hanno accesso ai provini di Broadway. E per ricevere l’invito per entrare nel sindacato, devi prima entrare a far parte di uno spettacolo autorizzato dal sindacato stesso. Da lì, solo dopo che sarai andato in scena in un loro spettacolo, pagherai l’iscrizione e prenderai la tessera. Non c’è altro modo! Ogni tanto -ma MOLTO raramente- i casting degli spettacoli di Broadway sono disposti a provinare qualche persona non del sindacato. Ma è già davvero molto strano! Che uno di loro poi venga preso per la produzione è quasi inaudito.
Ecco. Queste due cose sono una dura realtà per tutti, non importa quanto tu sia bravo, chi conosci, chi conosce la persona che tu conosci, quanto sia bello, simpatico o ricco… Se non ci sono questi due presupposti basilari, purtroppo, non si può neanche fare il primo step dei provini e candidarti. Nel bene e nel male questa ad oggi è la realtà a Broadway.”
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