MY FAVOURITE THINGS
di Ilaria Faraoni
Titolo: Follies
Debutto ufficiale dopo un mese di anteprima a Boston: 4 aprile 1971 al Winter Garden Theatre di New York
Musica e liriche: Stephen Sondheim – Libretto: James Goldman – Cast originale: Alexis Smith, Dorothy Collins, Gene Nelson, John McMartin, Yvonne de Carlo – Regia: Harold Prince e Michael Bennett – Coreografie: Michael Bennett – Direttore musicale: Harold Hastings – Orchestrazioni: Jonathan Tunick – Scene: Boris Aronson – Costumi: Florence Klotz – Disegno Luci: Tharon Musser
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CURIOSITÀ:
Nel revival di Broadway del 2001 diretto da Matthew Warchus, in scena al Belasco Theatre, oltre a Blythe Danner (Phyllis), Judith Ivey (Sally), Treat Williams (Buddy) Gregory Harrison (Ben) ci sono alcuni interpreti sui quali vale la pena soffermarsi per il loro grande passato artistico:
- Polly Bergen (Carlotta), attiva nel cinema ed in televisione come cantante ed attrice fin dagli anni ’50 ottenne, sulla NBC, uno show tutto per lei in diciotto puntate: The Polly Bergen Show. Cliccare QUI per vedere uno stralcio della trasmissione in questione (in onda nella stagione 1957-58) dove la Bergen canta “Come prima”, canzone lanciata nel ’57 da Tony Dallara.
- Joan Roberts aveva preso parte a diversi musical teatrali negli anni ’40, lavorando con autori come Jule Styne, Rodgers e Hammerstein, Sammy Cahn… È ricordata maggiormente per aver fatto parte del primo cast di Oklahoma!
- Donald Saddler, ballerino dell’American Ballet Theatre, poi musical performer e coreografo pluripremiato, da giovanissimo prese parte, nell’ensemble, a diversi film della MGM, il più famoso dei quali è Il Mago di Oz.
- Marge Champion, con il marito Gower Champion formava una coppia di danza formidabile per i film musicali della MGM, anche se è raro, al giorno d’oggi, sentire ricordare i Champion: QUI e QUI un paio di video.
- Betty Garrett, un’altra star della MGM (ma non solo), ha regalato interpretazioni indimenticabili per alcuni tra i più conosciuti film musicali del periodo d’oro: QUI e QUI due tra le sue tante performance.
Completano il cast del revival altri importanti nomi: Jane White, Carol Woods, Louis Zorich.
Le coreografie del 2001 sono firmate da Kathleen Marshall. Direttore musicale: Eric Stern – Orchestrazioni Jonathan Tunick – Scene: Mark Thompson – Costumi: Theoni V. Aldredge – Disegno Luci: Hugh Vanstone.
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D. Federico, perché hai scelto “Follies”?
R. Perché è uno spettacolo che parla di una delle cose che più amo al mondo: il dietro-le-quinte del teatro musicale americano.
D. Lo spettacolo
R. Follies è anche il titolo di un musical del 1971, le cui canzoni sono state scritte da Stephen Sondheim (West Side Story, Sweeney Todd, Into The Woods) e il cui libretto da James Goldman (Il leone d’inverno, Oliver Twist, Anna Karenina), oltre che la parola inglese che corrisponde all’italiano “rivista”, il genere di intrattenimento.
Lo spettacolo racconta di una festa sul palcoscenico di un teatro di Broadway la notte prima che quest’ultimo dovrà essere demolito, e in particolare di due ex-soubrette di questo luogo di spettacolo e del rapporto coi loro rispettivi mariti. Il musical verte sul continuo parallelo tra il presente e il passato, quando le Follies andavano per la maggiore, presentando spesso in scena sia gli interpreti dei personaggi nel presente, sia quelli degli stessi nel passato, dando così vita a una fortissima teatralità.
Il lavoro ha debuttato, dopo un periodo di rodaggio a Boston, a Broadway per la regia di Harold Prince (Cabaret, Evita, Il fantasma dell’opera) e Michael Bennett (Promesse, promesse, A Chorus Line, Dreamgirls), che ha curato anche le coreografie e, nonostante sia considerato a oggi una pietra miliare del teatro musicale americano, ha rappresentato un grande fallimento economico.
D. Come mai, nonostante tutti i premi vinti? Troppo alti gli investimenti o non incontrò il favore del pubblico?
R. Principalmente il costo è esorbitante: il cast numerosissimo (tutte le ex soubrette e le loro corrispettive giovani) con tanti interpreti di una certa età, e quindi costosi. Poi tante scene e costumi sfarzosi (piume di struzzo ecc.). Infine Sondheim non è mai stato un compositore per la massa.
D. Visti i numerosi revival, qual è la tua edizione di riferimento?
R. La produzione che più ha attirato la mia attenzione, e una delle quali ho potuto vedere in scena, è stata il revival di Broadway del 2001, per la regia di Matthew Warchus (Il signore degli anelli, Ghost, Matilda). Il musical è a mio avviso una celebrazione del teatro musicale americano, da qui verrebbe naturale anche giustificare il sottotitolo “una leggenda di Broadway”, più che il racconto di una vera e propria storia. In effetti l’idea è venuta a Sondheim da una fotografia che ritraeva Gloria Swanson tra le macerie di un teatro… Molti dei miei colleghi anglosassoni ritengono che il libretto di Follies presenti delle lacune, da cui si spiegherebbe anche il continuo riscrivere sia del compositore-paroliere, sia dell’autore. Mi sono trovato spesso a voler “fare uno spettacolo su un determinato argomento”; questa credo sia una delle maggiori difficoltà nello scrivere un lavoro teatrale: avere un’ispirazione che non costituisce una vera e propria azione drammaturgica. Una volta ho pensato “sarebbe bello fare un musical ambientato in un grand hotel a New York”… il problema è trovare appunto un’azione drammaturgica interessante.
D. Dove si sentono maggiormente, secondo te, le lacune che i tuoi colleghi imputano al libretto? Cosa avresti approfondito maggiormente o risolto diversamente?
R. Se non sono riusciti quegli autori a risolvere il problema, temo di non avere io la soluzione. Sostanzialmente, come ha dichiarato Cameron Mackintosh i personaggi principali non hanno uno sviluppo, ma rimangono uguali dall’inizio alla fine.
D. Vista l’ispirazione iniziale di Sondheim (la foto di Gloria Swanson) e la tematica, viene subito in mente, pur nella diversità, Sunset Boulevard (il film di Billy Wilder – con protagonista, appunto, la Swanson – ed il musical di Webber)… Quali sono i punti in comune e quali le differenze nell’affrontare i temi del tempo che passa, dell’invecchiamento, delle regole dello spettacolo che cambiano, dell’oblio, del sipario che cala su qualcosa che non può tornare?
R. Sostanzialmente solo differenze a mio avviso: in Sunset Boulevard il tempo che passa e le sue conseguenze non vengono accettate, in Follies queste non sono considerate delle problematiche.
D. Il lavoro di Sondheim
R. Follies rimane per me uno spettacolo incredibile, probabilmente soprattutto per la partitura di Sondheim, che certamente riecheggia le melodie di un passato, ma in maniera davvero affascinante. Le parole delle canzoni inoltre sono, come sempre per il Maestro in questione, semplici e allo stesso tempo specifiche, e insieme creano atmosfere di quella magia che abita solo nei ricordi dell’adolescenza di ciascuno, e tratteggiano personaggi complessi e interessanti. Un brano per tutti, “I’m Still Here”, cantato da una vecchia star sui sessanta-settant’anni che racconta come nella vita nonostante gli alti e bassi si riesca a superare anno dopo e anno ed essere “ancora qui”, con un crescendo musicale costante e un retrogusto dissonante che è un pugno nello stomaco.
D. La regia e Matthew Warchus
R. La regia di Warchus, da buon inglese del teatro classico, punta sulla verità. La scelta del cast ha favorito attori più che cantanti, aspetto tra l’altro criticato dalla stampa, e scene, costumi, luci, trucco, acconciature, e fonica puntano anch’essi alla rappresentazione, sempre teatrale, della realtà, tranne ovviamente per i momenti onirici. Questa scelta rende a mio avviso i “fantasmi del passato” ancora più sorprendenti e premia la galleria di ricordi che, come già scritto, credo rappresenti la forza dello spettacolo.
D. Sei d’accordo sulle critiche mosse dalla stampa? Fino a che punto si può fare una scelta del genere in un musical? Vuoi approfondire le interpretazioni dei 4 protagonisti?
R. Non sono d’accordo: a Broadway intanto quando vengono scritturati attori più che cantanti non significa che questi non sappiamo cantare, inoltre l’età dei personaggi giustifica eventuali carenze vocali a mio avviso. E’ un musical in cui l’interpretazione è assolutamente al primo posto, come si può notare anche dal video di cui sopra. I 4 intrepreti principali mi sembrano tutti, e allo stesso modo, azzeccatissimi e estremamente preparati.
D. Il richiamo alle Ziegfeld Follies che tanto hanno segnato il teatro ed il cinema musicale americano…
R. Trovo le Follies, come sono ancora esistenti in alcuni locali di Parigi tipo il Lidò, un po’ noiose a lungo andare e datate oggigiorno, e soprattutto sterili, senza contenuti.
D. Vuoi aggiungere qualcosa per concludere?
R. Una produzione italiana sarebbe davvero un sogno che diventa realtà, magari con un cast di stelle come De Sica, Ranieri, Goggi e Carrà… ma temo proprio che rimarrà solo una fantasia: lo spettacolo nella sua storia ha sempre rappresentato un investimento eccessivamente ingente, insito nelle necessità della sua struttura, e inoltre raramente i grandi italiani sono disponibili a mettersi in gioco in progetti del genere, anche se il più delle volte li comprendo: devono difendersi. Sono diventati grandi anche per quello.
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Sito web ufficiale di Federico Bellone: federicobellone.it
N.B. Si ringrazia ulteriormente Federico Bellone anche per l’ulteriore impegno di redazione scritta delle risposte.
3 thoughts on “FEDERICO BELLONE PARLA DI FOLLIES”
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