Che cos’è un musical?
di Enrico Zuddas
Iniziare un’ennesima rubrica dedicata alla Storia del Musical partendo dalla fatidica domanda “Che cos’è un musical?” potrà sembrare una sfida persa in partenza, data l’assurda pretesa di classificare l’inclassificabile, o magari una miccia accesa apposta per innescare un’esplosione di polemiche e commenti sul web.
Ed è per questo che non cominceremo con C’era una volta circa un secolo fa un gruppo di neri che portarono in America i ritmi e i suoni della loro terra d’origine…
Andiamo ancora più indietro, nel 1595. È questo infatti l’anno in cui è ambientato Something rotten, uno dei successi della presente stagione teatrale di Broadway. La storia presenta due fratelli, Nick e Nigel Bottom, che cercano disperatamente di superare la fama del loro contemporaneo William Shakespeare, un divo rock ante litteram. Per questo Nick si rivolge a un indovino di nome Nostradamus (ma è solo lo zio di quello più famoso), il quale gli predice che il genere con maggiore presa sul pubblico teatrale sarà il musical.
NICK: Che cavolo sono i musical?
NOSTRADAMUS: Spettacoli dove il dialogo si ferma, e la storia è convogliata attraverso canzoni.
NICK: Attraverso canzoni?
NOSTRADAMUS: Sì!
NICK: Aspetta, aspetta: dunque un attore sta dicendo le sue battute e così, dal niente, comincia a cantare?
NOSTRADAMUS: Sì!
NICK: Questa è la cosa più stupida che abbia mai sentito!
Ed ecco una prima definizione di teatro musicale. Hai qualcosa da dire e la canti. Non si usa la musica solo per arricchire la scena, ma si porta avanti la storia attraverso di essa. Le perplessità di Nick (“Chi mai sulla faccia della terra resterà lì seduto ad ascoltare un attore che comincia a cantare?”) sono proprio le stesse che tutti noi amanti del musical abbiamo, almeno una volta nella vita, sentito rivolgerci da parenti e amici: e noi a spiegare loro che ci sono anche musical interamente cantati (sung-through), o altri in cui è possibile distinguere recitativi e arie come nell’opera. Ma ci sarà sempre qualcuno che non troverà ragionevole esprimere situazioni e sentimenti attraverso una melodia.
Ovviamente questa prima definizione non può bastare: è evidente a tutti che si addice perfettamente anche all’opera lirica. Allora andiamo avanti ad analizzare le riflessioni di Nostradamus: chissà che non ci diano qualche informazione in più.
Diciamo che è sabato sera, vuoi uscire in centro e hai una donna che non devi deludere. Potresti assistere a una tragedia, ma non è divertente vedere un pezzo di mitologia greca dove una madre fa sesso con suo figlio! Potresti invece scegliere qualcosa di più rilassante e meno impegnativo per il cervello…
Ecco qua: il musical è un genere popolare. Un genere di intrattenimento. Per dimenticare la crisi: è questo che facevano i film di Fred Astaire negli anni ’30 ed è questo che fa puntualmente ogni riedizione di Grease qui in Italia.
Certo, non tutte le storie hanno un lieto fine: la barriera venne rotta da Showboat nel 1927, ma si trattava di uno spettacolo troppo avanti per i suoi tempi, tanto che per ritrovare qualcosa di analogo si dovette aspettare West Side Story.
Luci scintillanti, cori meravigliosi: un musical spesso stupisce. Lo sa bene Cameron Mackintosh, che insieme a Andrew Lloyd Webber negli anni ’80 ha creato gli effetti speciali per tutta una generazione di spettatori: dal disco volante che conduce Grizabella nell’Heavyside Layer al candelabro che precipita sulla platea all’elicottero che atterra sul palco per portare via Chris da Saigon. Ed era solo l’inizio: da lì a poco ci avrebbero lasciati a bocca aperta il balletto a testa in giù di Bert, le liane di Tarzan e ragnatele di Spiderman.
Alcuni ti mettono allegria, altri ti rendono triste, altri sono piuttosto grandi, altri piuttosto piccoli, alcuni troppo lunghi, altri non hanno dialoghi per niente.
Lo avevamo detto che ci sono i sung-through musicals! Avete mai visto Evita al cinema con il vostro vicino scioccato perché le canzoni non finiscono mai??
Non esistono dimensioni: possiamo chiamare musical Les Misérbales e Last five years.
Non ti ho ancora detto la cosa migliore: senti il ritmo affascinante che arriva fino ai tuoi piedi, senti il tuo sedere ruotare con quel ritmo, ti schiaffeggi la coscia, schiocchi le dita e cominci a ballare il tip tap! Si chiama dance break: la gente sul palco comincia a ballare spontaneamente!
In effetti quando si pensa a un vero musical, non possiamo non pensare a quei fantastici showstopper che ti lasciano senza fiato. I kicks infiniti di One, l’impatto coloristico di One short day, i giornali di Seize the day. E anche se Nostradamus afferma che non portano avanti la storia e non caratterizzano un personaggio, che cosa sarebbero i Jets senza le sequenze ballate di Jerome Robbins?
Un musical, con ragazze un po’ osé… e tutti i ragazzi del coro sono un po’ gay…
Hey Big Spender!!
I bellissimi travestiti di Kinky Boots!
Le Divas di Priscilla!
L’elemento omosessuale è fondamentale: lo stereotipo non vuole l’appassionato di football provare un brivido ascoltando Defying gravity (ma poi perché no? magari di nascosto). E Barbra Streisand è l’icona gay per eccellenza. Non crediamo agli stereotipi? Però crediamo a Cabaret, Avenue Q, Rent, Spring Awakening, Bare, Hedwig.
Forse è arrivato il momento di tirare delle somme.
Un musical prevede canzoni che portino avanti la storia: e questo è un dato certo. Della differenza con l’opera lirica forse sarà meglio parlare un’altra volta.
Un musical contiene dialoghi e canzoni: ma può anche essere tutto cantato.
Un musical prevede tanti momenti di ballo: ma può anche non averne.
Un musical è intrattenimento: ma tante volte ci fa riflettere… e piangere (ma si piange anche per altri motivi, per esempio appena si apre il tendone di Pippin).
Un musical è uno spettacolo in grande: ma a volte può essere anche piccolo piccolo.
È evidente che è impossibile trovare una definizione univoca: questa parola è un calderone che contiene cose fra loro diversissime, da An American in Paris a Urinetown, da Sunset Boulevard a Something rotten.
Ma un elemento in comune forse c’è: come direbbe Nostradamus, per qualche inesplicabile ragione, la folla impazzisce ogni volta per questi musical!