QUANDO PARLANO I FATTI: “IN ITALIA ESSERE UN’ATTRICE E’ CONSIDERATO UN HOBBY PER RICCHI”
di Paolo Vitale
Per questo primo numero online, abbiamo scelto di intervistare una grandissima attrice del nostro teatro.
Purtroppo però, come spesso accade in Italia, il suo nome è praticamente sconosciuto al grande pubblico, abituato ormai a ritrovarsi sulle locandine degli spettacoli solo nomi di soubrette e soubrettine uscite da reality e talent show: stiamo parlando di un’attrice con la A maiuscola, DORA ROMANO.
Dimenticate le accademie di recitazione nate nelle palestre (senza voler loro nulla togliere); dimenticate i grandi fratelli e le grandi sorelle, i cantanti di X Factor e i ballerini di Amici. Dimenticate anche quei performer che se cantano non recitano e se recitano non cantano! Dora Romano è una che ha studiato per davvero, ha fatto la sua gavetta, una lunga… lunghissima gavetta… e che adesso aspetta solo il giusto riconoscimento.
La scorsa stagione Dora ha ricevuto anche una nomination come Migliore Attrice Non Protagonista ai Musical! Award, per la sua splendida interpretazione della Madre Superiora in Sister Act; noi di Musical!, tuttavia, siamo convinti che Dora debba finalmente essere impiegata anche in ruoli da protagonista ed è per questo che vogliamo dedicarle questa prima intervista: crediamo che un’artista del suo calibro meriti più di quello che fin’ora ha ricevuto.
Iniziamo dalla tua formazione. Hai studiato con il grandissimo Vittorio Gassmann. Come ricordi i tuoi anni alla Bottega Teatrale di Firenze?
E’ passato tanto tempo dalla scuola di recitazione, ma ricordo tutto, soprattutto l’ansia quando Gassman si apprestava a decidere la protagonista del saggio finale: e scelse me nel ruolo di Micol per il SAUL di Alfieri. Ero felice, ma ricordo anche la mia inconsapevolezza e ingenuità: pensavo che sarebbe stato facile e naturale fare l’attrice. Sul primo pensiero ho dovuto ricredermi subito; sul secondo no. Il palcoscenico è la mia casa vera.
Subito dopo ha iniziato a lavorare con un altro grandissimo nome del teatro italiano, Eduardo De Filippo, per il quale hai interpretato diversi ruoli. Cosa ha significato per te quel periodo “napoletano”?
Lo so, può sembrare folle e presuntuoso, ma, ripeto, all’epoca ero tremendamente ingenua e quando Luca de Filippo mi propose di entrare in compagnia io stavo quasi per rifiutare, non per arroganza, ma perchè pensavo che, da napoletana, sarebbe stato troppo facile per me recitare in dialetto! Volevo spaziare, studiare cose nuove. Lavorare in dialetto era come sentirmi ancora nella gabbia della provincia napoletana dove ero nata e vissuta. e mi stava tutto troppo stretto.mi sentivo soffocare.Con saggezza, però, accettai il lavoro e rimasi due anni facendo 4 spettacoli. furono anni di formazione attoriale ma soprattutto furono le prime prove di resistenza umana: è terribile lavorare con tutti napoletani,davvero terribile…ma anche quello è servito.
Negli anni sei stata diretta anche da altri importantissimi registi. Ricordiamo qui Olmi, Pagliaro, Scaccia, Castellacci… Con chi hai avuto maggiori difficoltà e con chi invece hai instaurato da subito un grande feeling?
E’ stato bellissimo lavorare con Mario Scaccia: era un vero signore del palcoscenico e da attore/regista sapeva trattare con estremo rispetto gli attori e ricavarne il massimo: la stessa sensazione, ma è un’esperienza più recente, l’ho vissuta con Glauco Mauri, con il quale si è instaurato subito, fin dal provino, un rapporto bellissimo, leggero e impegnativo nello stesso tempo. E’ un grand’uomo, innamorato del teatro e per me è un privilegio lavorare con artisti così. Mi sono trovata inoltre benissimo con i registri stranieri con i quali ho lavorato: anche per loro il rispetto per il lavoro dell’attore è alla base di tutto, e anche per me. Non a caso coloro con i quali mi sono trovata peggio sono proprio i miei conterranei, in particolare con Giancarlo Sepe, che mi ha purtroppo dimostrato come si possa lavorare senza aver nessun rispetto nei confronti della sensibilità e dell’umanità dei suoi attori.
Dopo il teatro è arrivata anche la TV. Tra tutti i lavori ricordiamo certamente la tua M.me Baldini nel film “Profumo” diretto da Tom Tykwer al fianco di Dustin Hoffman. Cosa ha significato lavorare al fianco di un nome internazionale come Hoffman? Pensi che la formazione italiana abbia qualcosa da invidiare a quella d’oltreoceano?
La mia esperienza cinematografica è purtroppo molto limitata, proprio perchè lavorare in teatro è un impegno totale per un attore. Nel film PROFUMO mi sono divertita moltissimo con Hoffman e con Tom. Il modo di relazionarsi all’interno di un set è molto diverso da quello italiano: all’estero c’è una serietà e una disciplina molto profonde; in italia è tutto molto frettoloso e un po’ buttato in caciara, come si dice a Roma. Con gli stranieri mi sento accolta e protetta e allo stesso tempo molto più responsabilizzata: non so se riesco a spiegarmi. Non è una critica fine a se stessa, ma io mi trovo molto meglio a lavorare con artisti stranieri. In Italia abbiamo tanto talento, ma se non c’è serietà, impegno, dedizione e una tecnica formidabile, non può funzionare. Il problema dell’italia, fondamentalmente, è che questo non viene considerato un vero lavoro, altamente specializzato, ma solo un hobby per ricchi.
Classica domanda che non può mancare mai in questi casi: cinema o teatro, cosa ami di più?
Cinema e teatro li amo allo stesso modo, solo che ho fatto poco davanti alla macchina da presa. la concentrazione è diversa, ma il lavoro è lo stesso: divertirsi lavorando sul personaggio è la chiave di tutto. IL pubblico vivo e pulsante è impagabile,però! io non mi sono mai drogata nè fatta uno spinello, ma credo che il pubblico dia una specie di alterazione dello stato di coscienza alle volte.
Arriviamo al musical. Napoletango, Sister Act, Titanic… Sono pochissimi gli artisti in Italia capaci di spaziare come te da un genere all’altro, ma appena approdano al musical, i nodi vengono al pettine. Con te invece è successo il contrario: il musical ti ha subito amata! E’ un amore corrisposto appieno?
Il mio amore per il musical non è corrisposto affatto, anzi! Qualche volta penso di dare addirittura fastidio per essere così troppo capace e versatile. E’ inutile stare a raccontarsi storie e flagellarsi per modestia: io non sono modesta, sono umile. Sono due cose completamente diverse. Ho fatto in totale 5 o 6 musical nella mia carriera, ma non ho mai avuto poi la possibilità di ricoprire altri ruoli in continuità, perchè io non sono omologabile, non assomiglio a nessuno : invece i ruoli nel musical italiano sono più o meno tutti uguali. E’ vero, è difficile trovare attrici in italia che sappiano lavorare bene nella prosa e nel musical, ma, a quanto pare, il fatto di averne una non interessa a nessuno… e lo affermo con estrema mestizia. Non a caso la regista di Sister Act è olandese e non italiana!!!
Tra tutti gli spettacoli che hai fatto, qual è il tuo preferito?
Di spettacoli che ho particolarmente amato ce ne sono due o tre, non di più e Sister Act è uno di quelli.
Adesso veniamo ai tasti dolenti: la situazione dei lavoratori dello spettacolo in Italia! Un’artista come te all’estero sarebbe, probabilmente, famosissima, stimatissima e rispettatissima. Non ti sono di certo mancati, nel corso della carriera, riconoscimenti e premi, ma il tuo nome è ancora un po’ troppo “nell’ombra”, sopratutto se si pensa al tuo talento ed alla tua incredibile esperienza. Come te lo spieghi questo?
Tutto questo bisognerebbe chiederlo ai registi e produttori italiani, io non so davvero come spiegarmi la fatica immane che ancora devo sostenere per cercare di sopravvivere senza perdere dignità, e se mi guardo indietro non so come ho fatto a sopportare questa esclusione da tutto: sono stata esclusa anche da THE BEST OF MUSICAL, pensa te! Non l’avrei mai creduto! Un po’ ci sono abituata: è tutta la vita che mi viene riservato questo trattamento e la frase che mi pare di leggere sulla bocca degli addetti ai lavori è : ” Sì, tanto brava!…ma chi se ne frega!” Io non ho mai inseguito premi, denaro o potere e forse questo è stato il mio errore, se di errori si può parlare. Non mi sento una vittima, ma certo è un fatto molto strano che alla mia età debba ancora sostenere provini su provini, audizioni su audizioni e sentirmi dire: “ma lei ha fatto tutte queste cose, davvero?! “…è estremamente doloroso, te lo assicuro…. e il mio nome è ancora quasi totalmente nell’ombra.
Hai mai pensato di andare a lavorare all’estero?
Io penso tutti i giorni di andare a lavorare all’estero!
Qual è secondo te il più grave “peccato” del teatro italiano?
I peccati dello spettacolo italiano sono tanti ed uno è quello cui accennavo prima: gli italiani pensano che il nostro mestiere sia poco più che un hobby . Questo è un limite culturale e di educazione, anzi di ignoranza. Non a caso il teatro all’estero è una fondamentale materia di studio fin dalle elementari! Un altro grandissimo problema consiste nel fatto che a lavorare siano quasi esclusivamente attori/ici che fanno parte di un clan, sia esso familiare, politico o economico: insomma se in italia non appartieni ad un gruppo nel quale identificarti non puoi lavorare o, se lavori, non vieni riconosciuto; anche questo è un problema culturale ed educativo.
Parliamo adesso invece di sogni: quali sono i tuoi sul palco? Quale personaggio vorresti assolutamente interpretare in tuo prossimo futuro? E quale invece ti piacerebbe tanto interpretare, ma sai che non potrai mai farlo?
I miei sogni sono infiniti: è il tempo della vita che non lo è. Vorrei tanto interpretare Annie Wilkes in MISERY NON DEVE MORIRE e Diana Goodman nel musical NEXT TO NORMAL… è troppo, vero? Il ruolo che avrei tanto voluto fare è Giulietta, ma neanche quando avevo 14 anni avrei potuto: non sono mai stata bella.
Prima di salutarci, vuoi dire qualcosa ai nostri lettori?
Il pubblico è la nostra vita! Noi attori esistiamo solo perchè incarniamo persone e personaggi che appartengono alla nostra umanità. Trasmettere emozioni, messaggi, esperienze è un fatto rivoluzionario, ed è una rivoluzione che si ripete tutte le sere! Come siamo fortunati noi attori! Chiedo al pubblico di non lasciarci mai soli e di creare un posticino per noi nelle loro vite: ne saranno estremamente arricchiti.
Grazie mille, Dora e buona fortuna! Speriamo di poter venire ad applaudirti in teatro quanto prima!
Grande Dora!!! mi sono innamorata di te quando ti ho visto a Sister Act subito dopo essere tornata da N.Y. dove avevo visto l’originale americano e tu sei stata stupenda, meglio di quella americana!!! non esagero giuro! continua ad avere fede in quello che fai perchè anche se non sei conosciuta dal grande pubblico tu sei comunque FAMOSA per quelli come me, mi viene da dire GRAZIE DI ESISTERE
grazie,cara Cinzia. è incoraggiante sentirsi dire queste bellissime cose!io resisto…non ho alternative 🙂 , ma fino a che ci siete voi tutto vale la pena.