di Ilaria Faraoni
MY FAVOURITE THINGS
Titolo originale: Easter Parade
Titolo italiano Ti amavo senza saperlo
Anno del debutto: 1948
Casa di produzione: MGM – produttore: Arthur Freed – soggetto e sceneggiatura: Frances Goodrich e Albert Hackett – sceneggiatore aggiunto: Sidney Sheldon – musiche e liriche: Irving Berlin – orchestrazioni: Conrad Salinger, Van Cleave, Leo Arnaud – direzione musicale: Johnny Green – arrangiamenti vocali: Robert Tucker – coreografie: Robert Alton – regia: Charles Walters – interpreti principali Judy Garland, Fred Ataire, Peter Lawford, Ann Miller, Jules Munshin, Clinton Sundberg.
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TRAMA
Don Hewes (Fred Astaire) e Nadine Hale (Ann Miller) sono una coppia di affermati ballerini. L’idillio tra loro, anche sentimentale, si rompe quando l’ambiziosa e vanitosa artista decide di separarsi dal suo partner, nonché suo talent scout, per una carriera da solista. Le sue attenzioni, poi, sono ormai rivolte a Johnny (Peter Lawford), ricco, fascinoso e fedele amico della coppia. Disperato, per ripicca, Don si ripromette di trovare una nuova partner nella prima ragazza che gli capiti sotto mano. In un locale recluta Hannah Brown (Judy Garland), la trasforma nell’esotica quanto impacciata ballerina Juanita e, cercando di renderla la copia della ex (che spera di riconquistare), inizia con Hannah un nuovo percorso, ripromettendosi che da lì ad un anno, per la famosa parata di Pasqua nella Fifth Avenue di New York, le attenzioni dei fotografi saranno esclusivamente per lei. Ma Don non ha messo in conto di innamorarsi di Hannah, al cuore della quale ambisce anche Johnny.
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CURIOSITÀ
- Il protagonista maschile del film doveva essere Gene Kelly, che lavorò per un mese con il coreografo Alton, prima di rompersi una caviglia in una partita di pallavolo nel weekend che precedeva l’inizio delle riprese. Fu chiamato così Fred Astaire, che si era già ritirato dalle scene. Questo aprì le porte per una seconda giovinezza artistica di Astaire, regalando al pubblico alcuni tra i titoli più amati dell’artista: “I Barkleys di Broadway” (1949), “Sua Altezza si sposa” (“Royal Wedding”, 1951), “Spettacolo di varietà” (“The Band Wagon”, 1953), “Papà Gambalunga” (1955), “Cenerentola a Parigi” (“Funny Face”, 1957).
- Anche il ruolo di Nadine doveva essere originariamente interpretato da Cyd Charisse che invece ebbe un infortunio al ginocchio.
- Per “Holiday Inn” (“La Taverna dell’Allegria” – 1942, regia di Mark Sandrich) che conteneva già la canzone “Easter Parade” (scritta nel 1917 ed utilizzata nello spettacolo “As Thousands Cheer” del 1933) , Irving Berlin scrisse, tra le altre, anche “White Christmas” destinata a divenire uno dei classici natalizi più famosi di tutti i tempi e a vincere un Oscar nel 1943 come miglior canzone.
[divider]N.B. Per leggere la presentazione e lo scopo della rubrica My Favourite Things cliccare QUI.
Sito ufficiale di Manuel Frattini http://www.manuelfrattini.com/it/
Manuel, perché hai scelto questo titolo?
Perché mette insieme due miti che adoro, Fred Astaire e Judy Garland e visto che è raro vedere una coppia di così tanto talento unita, ho pensato di far cadere la scelta su questi artisti.
Perché li ammiri così tanto? Fred Astaire?
Mi ripeterò ancora una volta dicendo che sono cresciuto a pane e Fred Astaire, perché come lui nessun altro artista di quel periodo – né Gene Kelly, né altri grandi nomi – mi ha fatto innamorare proprio del tip tap: rimanevo affascinato da questa “cosa” che avveniva con i piedi, da questa meraviglia che non sapevo cosa fosse; per un ragazzino di 5 o 6 anni era qualcosa di inspiegabile. Inoltre tutti quei film dell’epoca, rappresentati così come erano rappresentati, con grandi scenografie, dentro a quegli studios meravigliosi, mi apparivano come una grande favola: forse anche per quel motivo ne rimanevo affascinato. Poi crescendo ho scoperto che Fred Astaire era entrato per la prima volta su un set cinematografico non prima dei 30 anni, ed avendo io stesso iniziato tardi (a 18 anni) il mio percorso da ballerino, la cosa mi consolava.
Judy Garland?
Devo ammettere di averla scoperta molto dopo, e non so neanche con quale film in particolare, sicuramente non con quello più scontato che è “Il Mago di Oz”. Di questa artista mi ha affascinato la vita: mi ha interessato tanto da sforzarmi di leggere biografie in inglese complicatissime, pur di conoscere il percorso di questo talento tormentato. Trovo che fosse un’artista che aveva tutte le sfumature necessarie per essere un’attrice brillante, comica, drammatica, per essere una cantante di grande successo; ma aveva anche una condanna addosso, iniziata nell’adolescenza, con la presenza di una madre che la spingeva ad usare qualsiasi cosa pur di rimanere sveglia o di riuscire a dormire. Ha iniziato prestissimo a fare uso di farmaci dei quali è diventata poi dipendente.
Questa sua debolezza e la disperata ricerca di amore fino all’ultimo momento, la rendono così affascinante ai miei occhi, nel privato. Per quanto riguarda l’aspetto artistico non vorrei esagerare ma la accosterei, oggi, ad una Meryl Streep; è chiaro, Judy Garland ha recitato in tempi talmente diversi, con una impostazione talmente diversa, che il paragone fa sorridere. Ma Meryl Streep ha dimostrato in questi anni di essere un’attrice comica, drammatica o impegnata, di saper cantare e affrontare dei film musicali… tutte qualità che ritrovo in Judy Garland.
In “Easter Parade” ci sono numerose scene dove viene messo in evidenza il talento comico/brillante della Garland…
Sì. Non so perché ma c’è una scena in particolare che ho rimandato indietro centinaia di volte. È molto semplice ma mi fa morire dal ridere: parlo di quando Fred Astaire le chiede di camminare per strada. Se lui, seguendola da dietro, vedrà la gente voltarsi al passaggio di lei, ciò gli dimostrerà che Hannah/Judy ha un certo fascino; l’inquadratura mostra la gente che si volta mentre lei è fuoricampo, peccato che poi si scopra, quando viene ripresa frontalmente, che sta facendo delle smorfie assurde pur di far girare le persone.
Analizziamo alcuni numeri musicali in coppia.
“A Couple of Swells” (dove i due protagonisti interpretano in chiave comica una coppia di senza tetto).
Una bella prova per entrambi: Fred Astaire si cimenta forse per la prima volta in un ruolo così sopra le righe, molto lontano dal suo standard; una veste nella quale si è visto pochissimo, non vorrei sbagliare ma, facendo un rapido percorso di memoria, credo di averlo visto così solo in questo film. Tra l’altro, cosa curiosissima e personale, in questo numero ha una somiglianza spaventosa con il mio papà: l’ho perso a 13 anni, ma il mio ricordo più recente del suo viso e delle sue espressioni lo ritrovo nel Fred Astaire di questa scena, è pazzesco.
“Beautiful faces need beautiful clothes” (versione strumentale – la prima esibizione pubblica della nuova coppia Juanita/Hewes).
Altro momento in cui viene messa in evidenza la verve comica della Garland (che da copione sbaglia diversi passaggi e prese danzando con Astaire, ndr): Judy Garland non è stata mai una ballerina ai livelli delle altre partner di Fred Astaire come Ginger Rogers, Eleanor Powell o Jane Powell; aveva un modo molto goffo di muoversi, direi, anche per la sua fisicità, ma in quel contesto funzionava moltissimo. Ricordiamoci poi che, per interpretare una scena di questo genere, dove devi far credere di non essere capace di fare una cosa, in realtà devi saperla fare molto bene, anche -in questo caso – per trovare la coordinazione con il partner.
Parliamo invece della voce della Garland.
Una voce unica: è sempre stata considerata sorprendente, visto il suo fisico minuto, soprattutto perché ha iniziato giovanissima con una potenza incredibile. Una vocalità che ritrovo in sua figlia Liza: ci sono dei passaggi e dei momenti dove sono proprio una la copia dell’altra. Apro qui una parentesi sulla Minnelli che, a differenza degli altri fratelli, ha avuto la fortuna di nascere da una madre come Judy Garland e da un padre con Vincente Minnelli: non poteva che uscirne un talento mostruoso. Così carismatica, potente e affascinante come lei, artista completa in tutti i sensi, anche ballerina straordinaria, non trovo neanche Barbra Streisand. Tornando a Judy Garland e alla sua vocalità, credo abbia avuto, come molti attori di quel periodo, vedi Doris Day, una vita discografica molto attiva proprio per questo suo incredibile dono: una voce fuori dal normale.
Alcuni numeri di danza di Fred Astaire in “Easter Parade”.
“Drum Crazy” (Don/Astaire balla in un negozio di giocattoli interagendo con vari strumenti a percussione per distrarre un bambino e sottrargli un coniglio rosa che vuole comprare per Nadine).
Qui bisogna ricordare che Fred Astaire suonava sia la batteria, sia il pianoforte: è un altro di quei talenti davanti ai quali ci si chiede come sia possibile saper fare tutte quelle cose. Questo numero nel negozio è molto, molto divertente e sorprendente anche se, volendo fare un paragone con il numero che fa con la batteria in “Papà Gambalunga” (1955, regia Jean Negulesco), preferisco il secondo.
Forse perché “Drum Crazy” era stato costruito inizialmente su Gene Kelly?
Mah… credo che Gene Kelly avrebbe fatto delle cose diverse… Tra i due, mi si chiede spesso quale io preferisca ma è veramente impossibile dirlo perché hanno due carismi e due talenti diversi, soprattutto ballettistici; ad esempio, se si va ad analizzare Fred Astaire quando gira appoggiando le mani sui fianchi, tenendo il polso girato sui fianchi, si scopre un movimento delle mani molto strano: se lo avesse fatto chiunque altro non sarebbe stato bello da vedere, lui invece aveva questa naturalezza, questa capacità… non ho mai notato in Fred Astaire un percorso tecnico come quello fatto da Gene Kelly, per esempio; Astaire non ha quella pulizia, quelle linee che arrivano da uno studio della danza classica; Gene Kelly, già prima di diventare quello che è diventato, aveva una sua scuola. Quello che aveva Fred Astaire era puro talento unito all’eleganza.
E la sua tecnica nel tip tap?
In quel periodo il tip tap era praticato da tutti con altissima qualità. Quello che ha sempre distinto Fred Astaire è stato appunto il farlo con estrema eleganza, velocità e senso ritmico incredibili; è sempre stato un perfezionista: per la scena di “Top Hat” (“Cappello a cilindro”, 1935, regia Mark Sandrich, musiche Irving Berlin) dove doveva far rimbalzare il bastone, non so quanti ne abbia gettati via e rotti prima di trovare quello con l’elasticità giusta. Oppure basti citare il numero che fa nella palestra della nave in “Royal Wedding” (“Sua Altezza si sposa” o “Matrimonio Reale”, 1951, regia Stanley Donen) dove balla con quell’attaccapanni che ha una base circolare: tutto è calcolato nel minimo dettaglio. Bisogna anche ricordare che a quell’epoca non c’era la tecnologia che abbiamo oggi: per realizzare tutti i numeri che Fred Astaire ha proposto nella sua carriera, doveva arrivare alla perfezione, perché in quasi tutti i film i momenti coreografici erano ripresi con sequenze lunghissime, stacchi non se ne vedono quasi mai; questo obbligava ad avere una precisione e una padronanza totale del numero ed è noto quanto Fred Astaire fosse pignolo in questo senso.
Non per niente veniva dal teatro, dal vaudeville.
Esatto, aveva iniziato con la sorella Adele e sembrava che fosse lei quella destinata ad avere un futuro ma, come in molti casi succede, quando si incontra l’amore si dimentica un po’ tutto. Lui rimase solo e, invece di abbandonare, è diventato quello che è diventato.
Altro numero molto particolare di Fred Astaire in “Easter Parade” è “Steppin’ out with my baby”.
È una di quelle canzoni che mi fa impazzire, mi piace da morire. Un esperimento come quello, poi, dove Fred Astaire balla in rallenty ed in secondo piano c’è il corpo di ballo che si muove normalmente, in quegli anni, era tecnologicamente difficilissimo da realizzare, senza avere i mezzi che abbiamo adesso. C’erano un’abilità ed una creatività introvabili. E Fred Astaire regge anche il rallenty (che solitamente evidenzia tutti i difetti di un ballerino, ndr): che dire? Hanno buttato lo stampino.
Parliamo ora di Ann Miller
L’ho sempre paragonata a Olivia di Braccio di Ferro. Con quei piedoni lunghi, lunghi: pazzesca! Un viso molto.. un personaggio particolarissimo. Lei è un’altra artista con una tecnica e una velocità fuori dal comune, con uno stile molto suo e molto particolare nel tip tap. Si è sempre distinta facendo questi passaggi di tap incredibilmente veloci, con giri vorticosi tanto da dare quasi l’impressione che il film fosse velocizzato; e questi giri li inseriva in qualsiasi cosa facesse; in qualsiasi coreografia Ann Miller aveva questa velocità incredibile nei piedi e nei giri.
Tutto ciò è evidentissimo nel suo numero di punta in “Easter Parade”: “Shakin’ the blues away”…
Questo numero è meraviglioso. Tra l’altro, durante le riprese di “Easter Parade”, Ann Miller era bloccata con la schiena (se l’era rotta dopo essere stata spinta giù dalle scale dall’ex marito, episodio che le causò anche la perdita del bambino che aspettava, ndr) e aveva un busto per poterla reggere nel giorno delle riprese, perché aveva dei dolori fortissimi: io mi chiedo cosa avrebbe fatto se non li avesse avuti. Sicuramente tutto questo denota anche una mentalità diversa, un rigore ed un rispetto per il lavoro enormi, rarissimi da trovare ai giorni nostri.
Lei stessa in una intervista sostiene che “Shakin’ the blues away” sia il numero più bello che abbia mai fatto…
Sì, anche se poi, quando chiedi agli artisti stessi, a volte ti sorprendono, perché ci sono anche altri numeri, in altri film, dove Ann Miller mi ha entusiasmato: “Too Darn Hot” in “Kiss me Kate” (1953, regia George Sidney), per esempio… è fantastico!
Poi è interessante andare alla ricerca dei vari hidden treasures che riguardano questi artisti e che mostrano esibizioni poco conosciute, magari andate in onda una sola volta in tv: ce n’è una dove lei (ormai quasi settantenne) e Mickey Rooney si esibiscono in un numero, tutto rigorosamente dal vivo, da lasciare senza fiato per l’energia e la grinta che vengono fuori da una coppia già avanti nell’età. Addirittura lei, ad un certo punto, su un accento, si strappa la gonna e rimane in body con delle gambe mozzafiato. Quando vedo queste cose mi fermo un attimo e penso a quando sento ragazze e ragazzi che si lamentano e si chiedono “Come faccio a cantare se devo spostarmi da qui a lì o saltare là sopra?”. Ragazzi, ma andate a guardarvi e a godervi questi artisti che, a quell’età, sostenevano delle performance simili!
Le musiche di Irving Berlin?
Non so come commentarle perché, riguardo all’aspetto musicale, trovo tutto troppo bello, non saprei cosa aggiungere. “Shakin’ the blues away”, per esempio, è uno di quei titoli che ho nel cassetto e con il quale mi piacerebbe fare un’operazione come quella di “Get Happy”. Lo prenderei, lo rimaneggerei e lo proporrei in tutti gli spettacoli che faccio: musicalmente è una canzone che si presta molto, con quell’inizio lento che poi si trasforma repentinamente…
A proposito di “Get Happy” che è in “Summer Stock” (“L’allegra fattoria”, 1950, regia Charles Walters): non tutti sanno che lo spunto per quel numero venne direttamente da “Mister Monotony”, un pezzo che fu poi tagliato dal montaggio finale di “Easter Parade” perché considerato poco adatto ad un film ambientato nel 1912.
Sì, tra l’altro nel backstage di “Easter Parade” ci sono tantissimi outtakes di “Mr. Monotony” ed io ammetto di rimanere ipnotizzato davanti a queste cose; gli outtakes sono le prime cose che vado a cercare perché mi piace vedere come funzionava il tutto. Sono felice che Judy Garland in “Easter Parade” abbia avuto l’occasione di sperimentare quel costume, quel tipo di movimento e di stile per poi portalo in “Get Happy”, che oltretutto fu girato un bel po’ di tempo dopo il termine delle riprese de “L’Allegra Fattoria”, quando era riuscita a perdere peso. Tra l’altro lei stessa e le figlie considerano “Get Happy” come IL numero di Judy Garland per eccellenza, quello che meglio la rappresenta. Infatti anche al museo delle cere di New York, se c’è anche Dorothy perché c’è “Il Mago di Oz”, Judy Garland è rappresentata proprio così: giacca nera, foulard bianco, borsalino, calze nere.
In “Easter Parade” ci sono 8 canzoni scritte appositamente da Berlin per il film (1948) e altri 10 suoi successi precedenti (compresa la canzone del titolo) risalenti agli anni tra il 1911 ed il 1927. Come vedi il discorso musicale d’insieme, in proposito?
Succedeva spesso, in quel periodo, che brani noti e/o già utilizzati in altri film venissero poi ripresi e inseriti nelle colonne sonore di film musicali successivi; fu così anche per canzoni come “Singin’ in the rain” o “Good Morning” ma, se tu le nomini ora, sono identificate con “Cantando sotto la pioggia” e con Gene Kelly.
Non ho mai avuto l’impressione di sentire qualche stonatura, non ho mai pensato che quel determinato pezzo fosse fuori luogo, né in “Easter Parade”, né in tutti i film che conosco di quel periodo. Piuttosto, forse, chi le ascoltava all’epoca poteva avere la sensazione di una versione totalmente stravolta di qualcosa di più tradizionale che conosceva, con delle sonorità sicuramente diverse. È un aspetto che noi cogliamo meno perché per noi è tutto già lontano negli anni, anche se in realtà quel genere secondo me non ha età e non ha tempo.
Mayer della MGM autorizzò il produttore Freed a pagare qualunque cifra pur di avere i diritti della canzone “Easter Parade” e potervi costruire intorno un intero film che includeva la collaborazione con Berlin, una leggenda della musica, e Judy Garland: ora sarebbe impensabile…
Sì, adesso sia in teatro, sia nel cinema credo che sarebbe proprio fantascienza, purtroppo, però ribadisco il concetto che, anche con pochi mezzi, se c’è tanta qualità alla fine si possano realizzare delle belle cose.
In molti film di quel periodo venivano inseriti quadri musicali riferiti al mondo della moda. In “Cantando sotto la pioggia” c’è “Beautiful girl” che termina con le ragazze bloccate in pose da figurini; in “Easter Parade” c’è il numero “The girl on the magazine cover” dove le modelle diventano le copertine delle riviste dell’epoca (molte attuali anche oggi). Questi inserti – spesso affidati a cantanti avulsi da tutto il contesto del film – in un’ottica contemporanea, non rallentano il ritmo sostenuto di tutto il resto?
Quelli erano dei momenti in stile Ziegfeld, sono i cosiddetti quadri di freeze, di fermo immagine, dove la bella donna veniva rappresentata ed esposta e sono presenti in tantissimi i film.
Per quanto mi riguarda mi lasciano indifferente, non mi scatenano nessun tipo di interesse: mi suonano un po’ più come una necessità di inserirli nella produzione perché erano dei momenti che si riteneva funzionassero bene, una necessità di rispettare alcune regole (anche adesso ce ne sono, anche se diverse) secondo le quali si doveva far vedere comunque una determinata cosa. Magari era anche una questione di sponsor.
In “Easter Parade”, come in tantissimi altri film dell’epoca, è protagonista il mondo dello spettacolo. Il produttore Arthur Freed voleva qui un certo realismo per rappresentare l’ambiente ed il suo backstage, senza rinunciare comunque a leggerezza e brillantezza. Secondo te ci è riuscito? Come vedi, da uomo di spettacolo, la realizzazione proposta? Realistica o troppo edulcorata?
Devo dire che è una formula che non mi stanca mai, per cui non commento: a prescindere da come sia rappresentato questo mondo, mi piace l’idea della storia in cui il protagonista a sua volta deve fare uno spettacolo; tutto questo offre la doppia possibilità di raccontare il suo percorso attraverso un numero musicale riferito alle sue vicende “reali”, seguito da una canzone o da un numero dichiaratamente di “finzione”, di spettacolo nello spettacolo.
Il regista Charles Walters era un coreografo, benché in questo film le coreografie siano di Robert Alton. Quanto è importante questo aspetto?
Certamente un regista che è anche un coreografo ha un occhio diverso; faccio il paragone con Bob Fosse: lui sapeva esattamente come rendere al massimo il suo stile con un certo tipo di ripresa; aveva già tutto nella testa e questo sicuramente è un vantaggio.
Un esempio lampante non è la “drammatizzazione” usata per la canzone del titolo, “Easter Parade”, soprattutto se la si confronta con la versione del 1942 inserita nel film “Holiday Inn”? Anche se il merito va forse a Robert Alton…
Sì, l’intuizione di renderla particolare, proprio perché già conosciuta, è ottima.
Qual è, secondo te, il punto di forza di “Easter Parade”?
La cosa più banale che mi viene in mente è proprio l’accoppiata Fred Astaire/Judy Garland. E ancora le scelte musicali, un autore come Irving Berlin… Forse sono troppo di parte ma tutti i film di quell’epoca erano fatti con un criterio ed un gusto impeccabili: trovo tutto talmente perfetto che non riesco a trovare né dei difetti, né allo stesso tempo riesco ad individuare il motivo del successo, del perché siano rimasti nella storia. Indiscutibilmente sono la prova del talento incredibile di tutte le persone che ci lavoravano, dai protagonisti ai macchinisti.
Poi devo avere un problema, probabilmente, ma io mi emoziono e piango e non necessariamente davanti ad una scena drammatica: ho le lacrime, per esempio, quando vedo Fred Astaire e Jane Powell in “Royal Wedding” nel numero “How Could You Believe Me When I Said I Love You When You Know I’ve Been a Liar All My Life” (anche qui finzione nella finzione) dove Jane Powell dice a Fred Astaire che la deve sposare e lui non ne ha la più pallida voglia.
E allora che dire di un numero come “My One and Only Highland Fling” in “The Barkleys of Broadway” (1949, regia Charles Walters) con Fred Astaire e Ginger Rogers?
Ecco: vogliamo aprire una parentesi su Ginger Rogers? Talento comico, drammatico… ho visto delle sue interviste, anche più recenti, con l’ombretto azzurro, la cofana bionda ma… ragazzi! Apre bocca, ti guarda e ha un carisma pazzesco, oltre ad essere una persona divertente. È bello guardare le interviste di tutti questi artisti e scoprirli al di fuori delle scene dei film, così come si presuppone fossero nella realtà: non puoi non rimanere a bocca aperta, incantato dal forte carisma e spesso da un’impressione di grande umiltà, disponibilità ed umorismo. Un mondo che non c’è più e che rimane lì, intoccabile!
Facendo il tuo mestiere, quando riguardi questi film li vedi con occhi diversi da quelli del bambino che li scopriva per la prima volta?
Li rivedo esattamente con l’entusiasmo di allora; è chiaro che ci siano dei modi e degli atteggiamenti nella recitazione che ora non sono più neanche pensabili, molto carichi nell’espressione; però io continuo a trovarli così naturali nel loro essere non naturali, che andrei al cinema a vederli adesso!
Se volessi convincere i lettori che non lo conoscono a vedere “Easter Parade” che diresti?
Ai lettori e a chi frequenta questo mondo in maniera professionale dico che questo e tutti gli altri di quell’epoca, sono film che vanno visti! Vanno visti per farsi una cultura che non può mancare, è un periodo che si deve conoscere, anche se poi si vanno a fare altri generi! Ancora oggi, quando faccio gli stages e nomino Fred Astaire, vedo degli occhi che si sbarrano e mi sento male. Da piccolino, piccolino, forse ancora non parlavo, la prima volta che sentii dire “Fred Astaire e Ginger Rogers” pensavo, dai nomi, che Ginger fosse il maschio e “Freda Stair” la donna, ma credo che l’equivoco sia durato solo mezza giornata. Quindi sarebbe bello magari meravigliarsi nel leggere un titolo del genere e poi andare a scoprirlo.
Per quanto mi riguarda, sono un po’ più vecchio stile, quindi fatemi fare questo genere a vita e non mi stancherò mai! Anche se capisco che ci sia la necessità di evolversi e di fare anche cose musicalmente diverse, devo sempre trovare un aggancio che parta da lì, in qualche modo.
Sito ufficiale di Manuel Frattini: http://www.manuelfrattini.com/it/
Un’idea veramente bella, e se tutte le puntate saranno interessanti come questa non vedo l’ora di leggerle, una per una.
Grazie Alessandra! Merito della nostra bravissima Ilaria Faraoni!
Ancora una volta un angolo superlativo! Un ulteriore modo per conoscere e apprezzare nei dettagli il mondo che amiamo tanto. Grazie a tutti voi
Grazie a te, Isabella!
Un articolo veramente molto interessante, che mi ha permesso sia di approfondire la conoscenza di questo magnifico film con Fred Astaire e Judy Garland, sia di conoscere il punto di vista di un grandissimo performer internazionale come Manuel Frattini! Quindi, ringrazio doppiamente la talentuosa giornalista Ilaria Faraoni e Musical! per averci dato questa ottima opportunità.
Grazie anche a te Flora! Ci uniamo pure noi ai tuoi complimenti per la Dott.ssa Faraoni!
Bellissima idea e bellissima intervista… i link sulle scene citate permettono di approfondire quanto si legge e seguire perfettamente il discorso anche non conoscendo, o non ricordando, il film in questione. Molto interessante.
Complimenti a Musical e a Ilaria Faraoni!