Arriva al Sistina Processo a Pinocchio: un’interessante commedia musicale noir
di Ilaria Faraoni
Il Teatro Sistina di Roma ha ospitato, per una data unica, Processo a Pinocchio, una psico commedia noir a carattere musicale scritta e diretta da Andrea Palotto, già attore e aiuto regista di Massimo Romeo Piparo – direttore artistico del teatro – in diversi spettacoli, nonché autore e/o regista e/o compositore di molti progetti interessanti come, per citarne solo un paio, Lady Oscar – François Versailles Rock Drama e Non abbiate paura, uno dei musical su Papa Giovanni Paolo II.
Lo spettacolo in questione ha già debuttato durante la passata stagione teatrale ed è stato ben accolto, tanto da essere stato messo in nomination come miglior spettacolo off per gli OIM (Oscar italiani del musical – leggere QUI e QUI), categoria poi vinta da Ti amo, sei perfetto ora cambia. Processo a Pinocchio è stato invece premiato, grazie a Marco Spatuzzi, con la statuetta per le migliori musiche originali, tenendo testa a grandi titoli in concorrenza nella stessa sezione.
Senza dubbio le musiche di Spatuzzi, che spaziano tra vari generi, sono coinvolgenti e si fanno apprezzare fin dal primo ascolto, pregio fondamentale soprattutto per uno spettacolo che non solo è del tutto nuovo, ma si pone anche come abbastanza innovativo per il musical: l’attenzione degli spettatori è perciò subito piacevolmente attratta. La partitura è poi valorizzata dall’esecuzione dal vivo: al piano (in proscenio, sulla destra degli spettatori) Federico Zylka che da Maestro, in locandina, diventa “Mastro” per rimanere in tema coi personaggi collodiani. Musicisti aggiunti: Andrea Scordia (basso) e Tiziano Cofanelli (batteria).
Il “mastro” si ricollega non solo al titolo: ogni personaggio in scena è un lontano specchio dell’alter ego conosciuto proprio nella storia di Pinocchio, anche se frutto di una interpretazione ed un accostamento molto liberi.
Il testo e la costruzione narrativa sono interessanti e intriganti: tutto ruota intorno all’assassinio di uno psicoterapeuta, Salvatore Grillo detto Beppe: tutti gli indizi portano a Pino, suo paziente. In una atmosfera surreale la madre, la moglie e i due amanti di Pino (una donna e un uomo) insieme a Pino stesso e ai suoi ricordi, guidati dallo psicoterapeuta (morto ma in attesa di ufficializzazione della cosa), fanno affiorare eventi del passato veri o fittizi che siano. Il colpo di scena non può mancare e, seppure nella totale diversità di messaggi e di intrecci, richiama in qualche modo testi come Notturno di donna con ospiti, di Annibale Ruccello, ad esempio.
Ci si domanda da queste pagine il perché dell’insistenza sull’elemento sessuale (soprattutto nella prima metà dello spettacolo) porto in un certo modo (comprese le ripetute toccate degli attributi del protagonista) che, se piace a molta parte del pubblico, ne allontana un’altra parte. Tutto si può raccontare, di tutto si può parlare: è la maniera in cui lo si fa a fare la differenza e se il pubblico giovane e del settore ha riso e acclamato lo spettacolo, per una serata unica, non si è del tutto sicuri che quello abituale del Sistina che comprende famiglie e persone più mature e di altre provenienze avrebbe apprezzato altrettanto; data la validità dello spettacolo è un peccato, perché quando si ha qualcosa da dire si dovrebbe mirare a dirla al maggior numero possibile di persone.
Processo a Pinocchio, oltre ad una buona dose di indagine nell’animo umano che tocca anche i disastri che può provocare un comportamento oppressivo/ossessivo di un genitore, gode infatti della felice regia di Palotto: il ritmo è serrato, non ci sono lungaggini o sbavature; l’ora e trenta dell’atto unico scorre fluida e veloce. Una parte del merito va anche all’aiuto regista Valeria Monetti che da performer ogni tanto passa dall’altra parte: il suo lavoro dietro le quinte aveva già colpito favorevolmente ai tempi della prima edizione di America, il docu-musical diretto da Simone Sibillano che ha tra l’altro preceduto, l’anno precedente, Processo a Pinocchio nella vittoria come miglior partitura musicale (e miglior attore protagonista/Sibillano – leggere QUI e QUI).
I movimenti scenici e quelli coreografici (questi ultimi ad opera di Debora Boccuni, anche in scena) sono ben studiati e si amalgamano in grande sintonia con tutto l’impianto narrativo.
I costumi e l’allestimento scenografico, in grande sintonia (basti pensare ai colori dei vestiti che richiamano quelli dei puff di ogni personaggio), sono firmati da Bianca Borriello: l’essenzialità la fa da padrona, una essenzialità che si accende anche di poesia con le luci di Daniele Ceprani. Si può dire che scena, luci e musica spesso si fondano in attimi di sospensione onirici di grande effetto, complice anche la leggerezza delle bolle di sapone soffiate dal protagonista, che si caricano di diversi significati.
Il cast, in ordine alfabetico Valentina Arena, Brian Boccuni, la già citata Debora Boccuni ed Elena Nieri, ha fatto un ottimo lavoro interpretativo: tutti sono giusti nella parte e convincenti.
Outsider Luca Giacomelli Ferrarini che interpreta, in “vittimistica” partecipazione, lo psicoterapeuta: Luca è riuscito a dare al suo personaggio una intensità non facile a cavallo tra la vita e la morte, tra questo mondo e l’altro, tra realtà e illusione. tra verità e finzione.
Per finire Cristian Ruiz, che porta a casa un ruolo davvero impegnativo in maniera entusiasmante: leggerezza da “bugiardino”, simpatia a tratti infantile, spaesamento, follia cieca che spaventa e follia quasi disarmante, paura nell’affrontare se stesso, incoscienza, debolezza… e altro ancora ci sarebbe da aggiungere; quante frecce interpretative all’arco di questo mai abbastanza apprezzato artista. Tanto di cappello, e non quello di Pinocchio.
Altre date per ora annunciate sulla pagina facebook ufficiale: Azzate, 14 gennaio 2016 – Borgomanero, 15 gennaio 2016.