“Il Gobbo di Notre Dame” firmato Disney che non vedremo mai in Italia.
Gli allestimenti dei Vereinigte Bühnen di Vienna per l’Italia sono inavvicinabili. Ancora una volta siamo rimasti con gli occhi sgranati per il loro nuovo spettacolo griffato Disney Theatrical Productions, Der Glöckner von Notre Dame che ha debuttato lo scorso 8 ottobre al Ronacher.
Scena fissa, maestosa, comunque; cast numeroso – soltanto il coro, da brivido, l’Auswahlchor des Chorverband Österreich che raggruppa varie formazioni corali, conta ventiquattro artisti -, interpreti che trasudano bravura; una drammaturgia chiara, molto più rispetto alla versione di Cocciante che tutto sommato vira su un aspetto quasi favolistico, mentre questa versione di Scott Schwartz, il regista, è più vicina al libro di Victor Hugo; fonica perfetta, non a caso è firmata da Gareth Owen sound designer pluripremiato di Olivier e Tony; orchestra e direttore, Michael Römer perfetti.
Una versione poco Disney, incentrata molto sulla pulsione sessuale dei personaggi e sull’amore visto come Giano bifronte, che può redimere ma può essere anche distruttivo. Tutti i personaggi sono raccontati a tutto tondo e non sarebbe giusto dire che Frollo è un personaggio totalmente cattivo e Phoebus invece è il tipico eroe positivo. Frollo nella sua visone manichea della vita e abusando della sua posizione, cerca però in qualche modo di fare meglio che può per Quasimodo. Lo segrega dalla vita, imponendogli le sue regole, ma anche per proteggerlo dalla cattiveria degli uomini. Il capitano delle guardie prima di incontrare Esmeralda va a donne, è rude, ma poi si innamora e si insinuano i dubbi sugli ordini che l’arcidiacono gli impartisce, si arrabbia, vuole che Esmeralda accetti i compromessi anche se questo significa per lei concedersi a Frollo.
La standing ovation finale e molti applausi a scena aperta ci stavano tutti, comunque bisogna dire che lo spettacolo risente dei suoi 23 anni – è stato presentato per la prima volta a Berlino nel 1999 restando in scena per tre anni -. Oggi pensando ad Hamilton, a Dear Evan Hansen a Come from away nessuno, crediamo, scriverebbe così un musical. Tuttavia va visto perché ci anestetizza di bellezza.
I creatori sono il leggendario Alan Menken, nel suo medagliere non si contano gli Oscar (non ha scritto soltanto per la Disney da La Sirenetta alla Bella e la Bestia, ma sua è anche La piccola bottega degli orrori, King David o Sister Act) e l’autore Stephen Schwartz, anche lui ha vinto Oscar, Grammy, Drama Desk (Wicked, Enchanted, Pochaontas). Le canzoni sono quelle del film, più i nove pezzi che vennero aggiunti per la versione teatrale. Il libretto è quello di Peter Parnell, mentre la versione tedesca è di Michael Kunze.
Immaginiamo che i viennesi abituati a cambi di scena sontuosi, forse resteranno un po’ a bocca asciutta per questa struttura lignea che troviamo nei due atti con alcuni elementi che fanno immaginare l’interno della cattedrale di Notre Dame, come il rosone, i banchi, le nicchie per le statue che si animano perché impersonate dall’ensemble. Crediamo comunque che Alexander Dodge abbia creato una scenografia suggestiva che solletica la nostra fantasia. Di grande effetto poi le campane che scendono e che ci introducono nella torre campanaria di Quasimodo. Anche i costumi di Alejo Vietti, queste tonache grigie, possono sembrare troppo sobrie – d’altra parte ricordiamoci che la storia si svolge nella seconda metà del ‘400 – e abbiamo un carosello di colori nei costumi soltanto quando la storia si svolge all’esterno, durante la festa dei folli o comunque nelle scene popolane. Il disegno luci di Howell Binkley restituisce l’atmosfera degli ambienti, che sia l’interno della chiesa che le vie malfamate di Parigi o la piazza.
Ripetiamo, ogni elemento è incastonato con maestria. La regia di Scott Schwartz, figlio di Stephen, ci restituisce dei personaggi veri e come scritto all’inizio ognuno con le proprie luci e ombre. È una tragedia, una storia sugli emarginati, ma anche sulla bontà dell’essere umano, pensiamo a come Esmeralda aiuta Quasimodo quando viene frustato sotto lo sguardo divertito della folla. Il finale poi è un inno a un mondo migliore fatto di compassione tolleranza solidarietà. Quasimodo ha il volto sfregiato di nero e nel finale, appunto, i protagonisti si fregiano a loro volta il volto di nero.
Tutto il cast brilla per vocalità e interpretazione, ma su tutti svettano David Jakobs (Quasimodo) e Andrea Lichtenberger (Frollo). Il primo, il mostro bello dentro, ma inguardabile da fuori, generoso, coraggioso riconoscente e innamorato ci regala tutti questi suoi aspetti attraverso una recitazione vera e il suo timbro tenorile quando intona Das Licht Des Himmels o Draussen, è balsamo per le orecchie, il secondo ustiona con la sua presenza il pubblico. Voce potente, baritonale che dà i brividi. Abla Alaoui è un’Esmeralda dalla voce cristallina, che cambia di continuo registro: può essere provocante, ma anche dolce, e compassionevole o disperata; Dominik Hees dà vigore a un Febo molto macho e Mathias Schlung è lo scaltro Clopin.
È un trip di bravura, di bellezza visiva che è detonata in questo sfarfallio di applausi calorosi e di “bravo” lanciati agli artisti.