Dopo 37 anni dal debutto londinese “Il Fantasma dell’Opera” arriva (finalmente!) in Italia: trionfo a Trieste!
di Prunella – foto di Alessandro Pinna
Un trionfo. Sontuoso. La prima italiana assoluta del Fantasma dell’Opera di Andrew Lloyd Webber.
In un fruscio di taffetà, abiti da sera e del ‘700 veneziano, maschere bianche di pizzo arabescate, la marea dei 1500 spettatori bagnati dall’afa entrava giovedì 13 luglio ordinata al Politeama Rossetti di Trieste, sede del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia. Il dress code, una proposta vincente del presidente del teatro Francesco Granbassi, era Masquerade – A night at the Opéra. Il pubblico ha colto al volo il suggerimento e così sul red carpet abbiamo immerso gli occhi in questo sfarfallio di colori, in una proposta di matrimonio e in un corteo di volti noti. Elisa, Red Canzian dei Pooh, il mago Casanova, Piero Pelù, Andrea Illy, il mezzosoprano Daniela Barcellona e il soprano Fiorenza Cedolins, Michele Renzullo della Compagnia della Rancia, Shawna Farrell della BSMT, Gianmario Longoni degli Arcimboldi di Milano, Alessandro Longobardi del Brancaccio di Roma e direttori di molti teatri europei tra cui Monaco di Baviera, Colonia, Montecarlo…
Al frantumarsi della scritta Phantom, l’eccitazione e lo stupore hanno increspato la Sala Assicurazioni Generali. Lo spettacolo prodotto da Broadway Italia in lingua inglese e firmato da Federico Bellone [qui la nostra intervista ndr] ha superato a pieni voti l’aspettativa. Non bisogna paragonare l’allestimento italiano a quelli storici del West End/Broadway o di Las Vegas, spettacoli residenziali dove ci si poteva permettere soluzioni e una grandeur che per uno spettacolo di giro, come questo, non è attuabile (a settembre, infatti, per quaranta settimane sarà in Spagna, a ottobre a Milano e a dicembre a Montecarlo).
Il risultato alla fine è stato eccellente, a partire dalla scena, firmata da Bellone e da Clara Abbruzzese, un girevole che fa teatro nel teatro. Lo spettatore così si proietta davanti al palco dell’Opéra Garnier, scopre le sue quinte, ma basta mezzo giro e da una parte c’è il camerino di Christine Daaé (Amelia Milo), dall’altra lo studio degli impresari Monsieur André (Earl Carpenter) e Monsieur Firmin (Ian Mowat). Proiezioni, fondali dipinti (merito del grande Rinaldo Rinaldi), luci stroboscopiche e qualche trucco alla Criss Angel fanno il resto.
Gli applausi al cast sembravano scrosci di pioggia a partire da quell’inimitabile The music of the night, interpretato dall’attore canadese-iraniano Ramin Karimloo, punta di diamante di questa produzione. La sua voce cola dentro come l’Ave Maria.
Bellone ha lavorato sul personaggio del Fantasma rendendolo meno psicolabile e più umano. Un uomo intelligente, ma deforme, innamorato di Christine – è lui l’angelo della musica – che scrive le opere per dare visibilità a quell’amore impossibile. Perché l’amore ha bisogno di parole.
Certi particolari, se si è lontani dal palcoscenico, forse sfuggono. Nella scena finale, quando Christine lo bacia in modo da salvare Raul, scegliendo così di rimanere con lui, Ramin muove tremante la mano nell’indecisione di abbracciarla. In questo semplice gesto si può cogliere tutto lo smarrimento e il desiderio di un uomo, reietto della società che chiede di amare e di essere amato. Una richiesta straziante, interpretata con tale trasporto, che commuove fino a farti piangere. Il Fantasma alla fine lascerà andare Christine e Raul, ma prima che arrivi il personale inferocito del teatro, Madame Giry (Alice Mistroni) – anche qui una lettura più compassionevole – che aveva indicato a Raul come raggiungere il nascondiglio del Fantasma, indirizzerà la folla da un’altra parte in modo che riesca a nascondersi e a sparire.
Karimloo è una star. L’avevamo applaudito, estasiati, anni fa a Londra in Love never dies, il sequel del Phantom e capiamo questa febbre da Karimloo. È lui che ha calamitato da tutto il mondo a Trieste un pubblico internazionale, dall’Europa alla Nuova Zelanda, dagli Stati Uniti alla Corea, dal Giappone all’Australia. È lui che ogni sera riceve omaggi floreali, libri…
Le storie che gli addetti del Rossetti ci hanno raccontato sono tante. Quella di un padre e una figlia iraniani che hanno chiesto il visto per poter essere a Trieste e applaudirlo; quello di una ragazza americana, oggi attrice in Wicked, che quando aveva quattro anni è fotografata con Ramin. O ancora quella di un padre con il figlio disabile venuti da Malta, messi davanti alle transenne dell’uscita artisti in modo da avere selfie e autografo di Ramin. C’è chi ha comprato il biglietto anche per tutte le rappresentazioni (dal 4 al 16 luglio) o soltanto per un paio.
Un paragone a questa situazione inedita, non sappiamo quanto appropriata, forse è accaduta quando Eleonora Duse nel 1921, dopo anni di assenza della scena, ritornò a recitare a Torino.
Altri punti di forza della regia. Masquerade: l’apertura del secondo atto è stata risolta in maniera brillante, echeggiando il Carnevale veneziano e gli attori che ballano… non sveliamo la trovata per non rovinare la sorpresa, mentre la scena del lampadario alla fine del primo atto che nell’originale cade dall’alto, qui lo troviamo abbassato, così che dal sottotetto dell’Opéra il Fantasma lo raggiunge e mentre si alza, lo incendia tra i sussulti di spavento della platea.
Kristine è Amelia Milo, soprano italo-americana, scoperta da Andrea Bocelli al suo debutto in questo ruolo. È fresca, giovane, un po’ acerba nella recitazione, ma potente nella voce. Ascoltarla è un piacere.
Bradley Jaden è Raul, visconte De Chagny, amico d’infanzia di Christine e futuro fidanzato. Se nel romanzo di Gaston Leroux è uno dei personaggi principali, nel musical è relegato a un ruolo di co-protagonista, ma con le caratteristiche di quello letterario. Timido e riservato, a dispetto di una presenza e di un corpo da Abercrombie. Voce profonda, vellutata, di oltraggiosa bellezza.
Earl Carpenter ha appena concluso nel West End una limited run nel ruolo del Fantasma, ma in questa edizione è Monsieur André. La sua bravura è palpabile a tutti e in coppia con Ian Mowat (anche lui perfetto nel ruolo), riceve applausi a scena aperta.
Fantastica vocalmente e nell’interpretazione il soprano Anna Corvino, la primadonna del teatro Carlotta Giudicelli, affiancata da Ubaldo Piangi, il tenore Gian Luca Pasolini. Due camei imperdibili.
Crediamo che Alice Mistroni sia una delle poche, se non l’unica italiana che possa sostenere il ruolo di Madame Giry recitando e cantando in inglese. Il suo personaggio è quello di una donna di mezza età, una specie di Mrs Danvers. Alice è giovane e bella, per cui la scelta del regista spiazza all’inizio, ma poi l’attrice ci nebulizza con la sua bravura e quindi Madame Giry è Alice.
Tutti i comprimari convincono. Da Matt Bond (Buquet) a Jeremy Rose (Monsieur Lefevre) a Mark Biocca (Dance Captain); un po’ meno Zoe Nochi, Meg Giry, non tanto nella recitazione, ma nello sfoggio di una vocetta acuta da cartone animato.
Squadra tecnica italiana che nulla ha da invidiare a quella straniera ed ensemble italiano, tra cui Luca Gaudiano e Jessica Lorusso, già protagonisti di Once, versione italiana. Ma li citiamo tutti perchè sono tutti meritori del nostro plauso: Nicola Ciulla, Antonio Orler, Chiara Vergassola, Marianna Bonansone, Martina Cenere, Robert Ediogu, Stefania Fratepietro, Marta Melchiorre, Margherita Toso.
Per le luci è stato chiamato Valerio Tiberi dal curriculum ineccepibile. Qui però la scena è mortificata da luci nebbiose e opache, ogni tanto spruzzate da chiarori mercuriali. Il pubblico insomma è immerso in un oscurità che ruba i colori.
Ottimo il disegno audio firmato da Roc Mateu e le coreografie di Gillian Bruce anche se sacrificate dal poco spazio. Chiara Donato è l’artefice dei costumi, delle acconciature e del trucco. La sua fantasia ha turbinato prepotente in scena, riuscendo ad adattarla a ogni personaggio. L’orchestra diretta da Julio Award ha regalato un’esecuzione brillante.
Che aggiungere? Il Phantom è una storia che lubrifica i sogni e il pubblico è andato in delirio. Una vittoria su tutti i fronti per la produzione e per il Rossetti che da tempo lavorava per portare a Trieste questo titolo e che tra l’altro, ha salutato a pochi giorni di distanza, prima l’arrivo di Cameron Macintosh e poi quello di Andrew Lloyd Webber.