La BSMT e Mauro Simone colpiscono ancora: un Avenue Q da vedere e rivedere
di Lucio Leone – foto di Paolo Vitale
Alzi la mano chi non ha mai visto una trasmissione televisiva con dei pupazzi protagonisti. Il Muppet Show, certo, ma anche Sesame Street, o i più nostrani pupazzi di Maria Perego, se siete un po’ più stagionati e in vena di malinconiche memorie caserecce (Topo Gigio, Cappuccetto a Pois con Lupo Lupone, ma anche altri come Provolino e Fanella, Rockfeller…). Ecco, questo è l’incipit, banalotto e dovuto per cominciare una recensione del nuovo allestimento di Avenue Q, il gioiellino di Robert Lopez e Jeff Mark, con liriche di Jeff Whitty e traduzioni di Michael Anzalone che ha rivisto la luce la scorsa settimana dal 4 al 7 giugno 2015 a Bologna, nell’ambito del Summer Musical Festival nel cortile del Piccolo Teatro del Baraccano.
Come sviluppare la recensione però è tutt’altro che scontato. Vi potrei parlare a questo punto di come questo testo partito come idea per una trasmissione satirica televisiva, adattato per un teatrino Off, diventato uno spettacolo nel circuito della grande Broadway, che ha finito per vincere tre Tony Awards -tra cui quello per il Miglior Musical- sia una efficacissima parabola dell’ingresso nell’età adulta. I pupazzi in scena insieme ad attori in carne ed ossa servono per trattare in maniera leggera, ma profonda, alcuni temi “scottanti” quali il sesso, la masturbazione, il porno online, il razzismo insieme ad altri di grande attualità (sia nel 2003, anno della prima messa in scena, che ancor oggi) come la perdita dei propri ideali, la disoccupazione giovanile, l’omosessualità, usando in maniera scanzonata e irriverente un linguaggio senza censure e il registro del politicamente scorretto.
Oppure potremmo parlare della mai troppo lodata iniziativa della BSMT -e della sua dea ex machina Shawna Farrell– che ha saputo con costanza e tenacia costruire una realtà di riferimento per il teatro musicale italiano nella dotta Bologna (grazie anche alle sinergie con illuminati amministratori del territorio), e che ora si sta dedicando con la stessa capacità e ostinazione ad allargare la conoscenza del pubblico italiano sul Musical al di là dell’ombra delle due Torri facendo presente con la scelta dei titoli messi in scena che esiste altro in aggiunta alle pur importantissime atmosfere anni ’50 e alle tate che volano penzolando sotto un ombrellino.
Oppure potrei porre una domanda retorica sul perché sempre più spesso spettacoli-saggio di Accademie del musical italiane siano più coraggiosi, ben curati, interessanti e piacevoli di spettacoli che vanno in giro e magari hanno pure molto successo al botteghino (oppure che di successo non ne hanno affatto, ma il punto non è quanti biglietti strappino, il punto è la qualità dello spettacolo).
Oppure ancora, a rischio di ripetermi, potrei tornare a lodare il riconosciuto grande talento di Mauro Simone come regista. Sensibile, attento, esigente, capace di disegnare scenografie minimaliste e farle sembrare imponenti, di idee brillanti e trovate intelligenti impiegate al servizio dello spettacolo che ti sorprendono senza diventare mai fini a se stesse, e soprattutto in grado di ottenere dai suoi attori il massimo, che si tratti di collaudati performer o giovani alle prime armi, di umani o pupazzi. Eh sì, perché in Avenue Q questi pupazzi hanno preso vita e ti ritrovi a guardare l’interazione delle persone in carne ed ossa con queste forme “paciose” e colorate dimenticando completamente i burattinai, che pur restano in assoluta bella vista. E questa, che in fondo è sempre stata la premessa e la scommessa (vinta) di Avenue Q fin dalla sua ideazione, ha bisogno di un regista con due pupazzi così per essere sicuri che si porti a casa il risultato secondo le aspettative.
Ma sia come sia, come avrete capito dai paragrafi precedenti lo spettacolo è stato un successo. Con un ottimo ritmo, una direzione musicale e una orchestra (dal vivo) degna di uno spettacolo di serie A, e questo grazie a Vincenzo Li Causi ed a Maria Galantino. Citare loro e le loro professionalità mi permette di sottolineare quanto sia bello vedere persone più grandi e con maggiore esperienza aiutare i giovani in maniera tanto generosa. I cast che si sono alternati in queste sere d’inizio giugno sono stati due, e anche per questo (ma soprattutto perché sarebbe ingeneroso citare qualche performer a discapito di altri con ancora qualche ingenuità da limare) mi limiterò a dire che se Mauro Simone ha potuto ottenere dei risultati è sicuramente partito da un ottimo materiale umano, da persone dotate di talento che sono state molto ben preparate, e a quei due o tre che mi sarebbe piaciuto indicare perché mi hanno colpito in maniera particolare dico che sono sicuro che altre ottime recensioni arriveranno presto, è solo questione di tempo.
Mentre tornavo a casa a Milano, dopo lo spettacolo, per nulla pentito della trasferta chilometrica e canticchiando tra me e me il tema musicale, mi sono chiesto con un filo di paternalistica malinconia se questi ragazzi, così giovani, così pieni di aspettative per il futuro hanno davvero trovato il loro “scopo della vita” (come dice Princeton, il loro quasi-coetaneo pupazzo protagonista). Qualcuno ce la farà, altri forse no, qualcuno ha davvero trovato la propria strada e qualcun altro si perderà e rinuncerà al sogno di una carriera nel teatro musicale, ma poi mi sono reso conto che tutti, sicuramente tutti, ricorderanno per sempre l’emozione di aver guadagnato in queste afose sere di giugno alla fine dell’anno scolastico tanti applausi sinceri. Non perché c’erano fidanzati e fidanzate, o compagni di corso, o parenti, o amici. Applausi sinceri, compreso il mio, perché forse per la prima volta e per davvero hanno rinnovato col proprio lavoro la meravigliosa Magia del Teatro. E sapete una cosa?… pensando a questo, da lì in poi ho guidato sorridendo.