Questa volta Musical! vi propone ben due recensioni dello stesso spettacolo. Abbiamo infatti seguito il musical KAROL WOJTYLA – LA VERA STORIA sia nella sua anteprima mondiale a Cracovia che nel debutto italiano a Roma. Dal momento che il caso ci è sembrato del tutto singolare e che tra l’una e l’altra rappresentazione ci sono stati anche rilevanti cambi nel cast, abbiamo deciso di pubblicare entrambe le recensioni. Buona lettura! (Paolo Vitale)
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PRIMA MONDIALE A CRACOVIA
di Gabriella Buzzi – foto di Gabriele Gelsi
Roma Piazza San Pietro 13 maggio 1981: gli spari, la corsa, la lotta con la morte. La mente del papa Giovanni Paolo II, in stato di incoscienza, è attraversata da lampi, flash di ricordi della sua vita, del suo passato in Polonia, la famiglia a Wadowice, sua città natale, gli esordi teatrali e teologici a Cracovia, il votarsi a Dio, fino all’elezione al soglio pontificio.
“Avremmo voluto inserire nello spettacolo tutta la vita del Santo Padre, ma i limiti di tempo della rappresentazione ci hanno costretto a presentarne solo la parte fino al momento in cui è diventato papa.” Ha dichiarato Duccio Forzano, il regista del primo nella storia musical sul papa, alla cui realizzazione ha lavorato per due anni e mezzo uno staff di circa cento persone.
Rappresentato al Teatro Slowacki di Cracovia in prima mondiale il 2 aprile – nel nono anniversario della morte e nell’imminenza della canonizzazione di Giovanni Paolo II – con a seguire una breve tappa a Varsavia, l’approdo al Brancaccio di Roma, la tournée in ben quaranta città italiane, e l’annunciata ambiziosa programmazione di versioni in lingua spagnola e polacca.
Lo scenario straricco tanto da sfornare uno spettacolo extralarge (produzione Mario Longhin -CICUTA) è stato scritto, oltre che dallo stesso regista, da Donatella Damato, Patrizia Barsotti, Gaetano Stella, con la consulenza di Paloma Gomez Borrero (la vaticanista che ha seguito Giovanni Paolo II nei suoi 104 viaggi all’estero).
Il libretto, costruito su sequenze in retrospettiva, snoda e riannoda la vita di Wojtyla, dall’infanzia (con Alessandro Bendinelli nei panni del piccolo Lolek – diminutivo di Karol) all’età adulta (con Virgilio Brancaccio e Massimiliano Colonna, rispettivamente nei ruoli di Karol giovane e adulto).
Sulla figura di Wojtyla – uomo e papa- si è detto e scritto tanto, troppo e mai abbastanza, perché sempre qualcosa di lui sfugge, ma è bene che sia così. Una vita spezzata da precoci dolori familiari, la ribellione giovanile trasformata dalla conversione esistenziale in dedizione al prossimo, la pace interiore edificata sulle rovine del passato e del presente, il mistero della santità sinonimo di coerenza e normalità.
Quando si tenta di scavare nei retroscena di questo mistero, si corre il rischio di banalizzarne l’intimo; e quando si tenta di illustrarlo, si corre il rischio di rifrangerne i sentimenti alla luce di una spasmodica ricerca di sensazionalità. Per quanto encomiabili possano essere le spinte che portano a tali operazioni, sono spesso discutibili. In quest’ottica mi pare si possa collocare (stimando comunque chi non la pensa così) il musical opera Karol Wojtyla – La Vera Storia.
Se non ci fosse stato Giovanni Paolo II… Quando incrociamo il ricordo dell’uomo che con carisma e determinazione ha contribuito al ribaltamento di scenari ed eventi a livello europeo e mondiale, facendo breccia anche in chi lo avversava con la sua incredibile integrità, riviviamo quello stupore che ci ha colpiti fin dal primo incontro.
Che ne sarebbe oggi della Polonia? Che direzione avrebbe preso non solo la Chiesa, ma anche il dialogo interreligioso e interculturale di un’umanità sempre più compromessa dallo sfacelo dei valori portanti? Sono domande forti che nascono in ciascuno di noi, e alle quali gli autori del musical hanno cercato di dare risposte in chiave di visualizzazione simbolica (shoah, totalitarismi, guerra fredda, terrorismo…), il che ha appiattito il tessuto socio-politico del contesto storico in cui Wojtyla è stato chiamato ad essere e agire.
Il racconto è scivolato dentro una bella vetrina colorata da cui si scorgono emozioni e reazioni che non decollano perché foderate di artificiosità – e non vale la giustificazione che si tratta di musical!
L’integrazione plastica di proiezioni con tecnologia olografica 3D e azione scenica non ha dato i frutti sperati di snellimento e flessibilità, al contrario una successione di tempi morti per cambi scena e posizionamento schermi – il musical ha regole che non perdonano! Peccato, considerando il fatto che l’ideazione scenografica (di Nicola Cattaneo) di legare plasticamente le varie forme artistiche – canto, danza, recitazione- con i requisiti scenici e i costumi (opera di Maria Sabato) poteva essere di per sé interessante.
La parte musicale è stata affidata ai Solis String Quartet e a Noa: “Sono ebrea, di Israele, ed è per me particolarmente importante prendere parte a questo progetto dedicato al Santo Padre, che nel suo testamento ha lasciato il messaggio di amare gli altri come noi stessi.”
Più di trenta brani. Una musica molto energica che scaturisce dal connubio tra musica sinfonica del XIX secolo e tradizione italiana. Imprimendo ai brani una forza ritmica ispirata dal protagonista, i compositori hanno operato arditi collegamenti e sorprendenti salti di genere, a seconda delle situazioni e delle emozioni, dal classico al jazz fino al repertorio della musica leggera.
Responsabile delle coreografie: Tuccio Rigano. Si parte dalle danze classiche, poi neoclassiche, moderne e contemporanee, allo scopo di suggerire le impressioni specifiche di ciascun periodo ed evento biografico.
Il cast: il corpo di ballo ce l’ha messa tutta, ma ha bisogno ancora di prove; gli attori un po’ ingessati e non del tutto convinti e convincenti, specie quando si ritrovano a fare personaggi distanti anni luce e a dire battute dal sapore di teologia posticcia e di filosofia non vissuta. Anche il canto si è barcamenato tra incertezze.
Vale la pena di tirar fuori dal mucchio l’interpretazione vocale del cantante lirico Matteo Macchioni nei panni del segretario del papa don Stanislao Dziwisz, e quella drammatica di Barbara Di Bartolo nel ruolo di Emilia, la mamma di Wojtyla.
Quella che ci hanno lasciati più perplessi è la figura del protagonista, che in certi momenti sembrava svanire di fronte a presenze di secondo piano, come se la mano del regista volutamente – e non crediamo per scopi corali- avesse cercato di sbiadire il soggetto principale calcando con tinte da commedia rétro tutto il resto.
Da un’equipe di professionisti che si è presa l’onore/onere di rappresentare il neo-santo Wojtyla in uno spettacolo che per di più vanta l’esclusività del tema, con tanto di strombazzamento pubblicitario, ostentato impiego di mezzi supertecnologici e carosello di nomi famosi, il pubblico della città del papa si sarebbe aspettato veramente qualcosa di più di un teatro di liceo.
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PRIMA ITALIANA A ROMA
di Ilaria Faraoni – foto di Gabriele Gelsi
A poche settimane dalla canonizzazione, ha debuttato in prima nazionale assoluta al Teatro Brancaccio di Roma, dopo un’anteprima a Cracovia, il nuovo musical su Papa Giovanni Paolo II: “Karol Wojtyla, la vera storia”.
La prima particolarità che dà lustro al titolo è quella di avere le musiche della cantautrice Noa e del Solis String Quartet (legato all’artista da altre collaborazioni). La regia è di Duccio Forzano, noto soprattutto in ambito televisivo per le tante trasmissioni di successo, come il Festival di Sanremo e Che tempo che fa, o per gli show di Fiorello e Morandi o i concerti in TV di Baglioni, che gli hanno fatto acquisire molta dimestichezza con il mondo e con il linguaggio della musica. Collaboratore alla regia è invece l’attrice e regista Francesca Satta Flores.
La mano “televisiva” si sente: Forzano mescola in quest’opera-musical linguaggi molto diversi, alcuni mutuati proprio dal mezzo di espressione a lui più vicino. Lo spettacolo è infatti un’alternanza continua tra la presenza scenica degli attori e la loro sostituzione con filmati, proiettati su pannelli semi trasparenti collocati di volta in volta al centro e/o ai lati del palco. Questo tipo di proiezione serve anche al regista per guidare l’attenzione del pubblico e scegliere cosa quest’ultimo debba guardare, come ad esempio i primi piani degli interpreti durante alcune canzoni; una guida che in teatro non è altrimenti possibile perché solitamente è il singolo spettatore che sceglie cosa “inquadrare” di volta in volta.
Con un gioco quasi illusionistico, spesso ai personaggi in carne ed ossa si sostituiscono quelli virtuali, sia per permettere velocità nei passaggi, sia forse per cercare un mezzo di espressione originale e innovativo e che comunque crei un certo movimento. A volte, da fondo sala, ci si rende conto che non si ha a che fare con la presenza reale degli attori solo perché questi non si riflettono nel grande pannello in fondo alla scena: con grande sorpresa del pubblico, infatti, la struttura non serve solo per proiettare le ambientazioni, ma anche per creare un gioco di specchi con effetto inclinato, sicuramente d’impatto durante i numeri musicali danzati, durante i quali i ballerini sembrano raddoppiare di numero. Il limite è che, per lo stesso sistema di specchi, nella maggior parte delle scene il pubblico sia costretto a vedere il riflesso degli interpreti proiettati in maniera improbabile sulle scenografie virtuali. In sostanza, se l’espediente è vincente quando non c’è alcuna ambientazione aggiuntiva, questo non va bene quando sui pannelli è proiettata anche una scenografia dipinta, che si tratti di una scena aperta, come quella di una piazza, di un prato o di un interno: in quest’ultimo caso, infatti, gli attori e gli elementi scenici reali si ritrovano riflessi sulle pareti, sul soffitto delle abitazioni (vedi foto 3) o in pieno cielo. Le scenografie, eleganti e dai colori tenui, sono di Nicola Cattaneo, le videoscenografie di Giuseppe Ragazzini.
La storia è firmata dallo stesso Forzano insieme a Donatella Damato, Patrizia Barsotti e Gaetano Stella ed è un continuo andare avanti e indietro nel tempo, con passaggi ogni volta scanditi da una grafica che mostra una sorta di tunnel temporale fantascientifico. Si parte e si torna ad un punto fisso ben preciso: il famoso attentato del 1981.
L’apertura del musical vede infatti Don Stanislaw Dziwisz che prega per il Papa in fin di vita in ospedale dopo essere stato colpito dal proiettile.
Oltre il 1981 lo spettacolo non va e sarebbe interessante capirne il motivo. La trama è incentrata soprattutto sulla fanciullezza e sulla gioventù di Karol (Lolek, come veniva chiamato dai suoi cari e dagli amici); grande importanza e molto spazio (forse più che al protagonista stesso) sono stati dati poi alla famiglia del Papa.
I riferimenti alle azioni e alle parole di Karol Wojtyla pontefice sono pochi, essendoci il limite temporale dell’arco di anni presi in considerazione; alcuni fatti storici che lo hanno visto protagonista sono elencati sbrigativamente da Dziwisz quasi sul finire del secondo atto. Si è voluto puntare molto sulla madre, sul padre, sul fratello Edmund, di 14 anni più grande, morto molto giovane nell’adempimento della professione medica (contagiato dalla scarlattina) e sull’influenza che queste figure hanno esercitato sullo sviluppo dell’uomo Karol.
Si crea, se si sta attenti, anche un antefatto della famosa frase “Non abbiate paura”: una raccomandazione fatta a Lolek dalla madre prima, dal padre poi. Lo spettacolo espone molti concetti e pensieri importanti ed edificanti, tuttavia il rischio è che rimangano più enunciati che sviluppati in una struttura drammaturgica: un esempio su tutti la spiegazione che Karol dà ad una cara amica sul sacerdozio. Destano particolare emozione l’insegnamento che la mamma Emilia dà a Lolek riguardo al segno di croce che testimonia “la volontà che l’amore di Dio ti entri nella mente e nel cuore” e, complice la scenografia, il momento in cui Karol torna nel suo prato, dove ricorda l’odore dell’erba e dei panni stesi e sente più vicina a sé la madre appena scomparsa.
Belle le coreografie di Tuccio Rigano, sia quelle di gruppo, sia alcuni passi a due in proiezione. Particolarmente affascinante la soluzione coreografica con una sola danzatrice – legata in vita da alcuni tessuti a mo’ di corde – che simboleggia il trapasso di Emilia. Contestualizzate armoniosamente alcune coreografie di gruppo come quelle in piazza o nella cava; in alcuni casi invece, come in quello che prevede la coreografia per la laurea di Edmund, l’inserimento risulta un po’ forzato all’interno della storia.
Bravi gli interpreti: a sorpresa nel cast del debutto romano entra Lisa Angelillo nei panni di mamma Emilia, un’artista già largamente apprezzata e conosciuta dal pubblico che frequenta il mondo del musical, ma attiva anche in tv e nella musica; artista di tutto rispetto, sempre nell’ambito del teatro musicale, è anche Roberto Rossetti, che qui interpreta Edmund, il fratello di Karol. Jacopo Bruno, altra conoscenza positiva per gli appassionati del settore, sebbene di più recente scoperta, è l’amico Iurek: Bruno proviene dalla Compagnia di Corrado Abbati e si è fatto notare in maniera con “America”, il musical diretto da Simone Sibillano.
Di altra provenienza, quella della lirica, è invece Matteo Macchioni, Don Stanislaw Dziwisz, che nell’opera deve sostenere interventi un po’ a se stanti, sia per il ruolo spostato nel tempo, sia per la vocalità. Karol adulto è impersonato da Virgilio Brancaccio, che interpreta con entusiasmo un personaggio ovviamente non facile, sia per il corrispettivo reale con cui si confronta, sia perché la scrittura del ruolo è molto più “letteraria” che “drammatica”.
Simone Pieroni, che proviene dal mondo della prosa, è Karol Senior, il padre del futuro Papa. Beatrice Arnera infine è Tesia, un’amica di Karol.
Il piccolo Alessandro Bendinelli (già nel cast del pluripremiato musical “Priscilla, la Regina del deserto”) interpreta, in alcuni momenti video, Lolek bambino.
La struttura e la costruzione dello spettacolo sembrano portare lo spettatore ad approfondire e a valutare meno le singole interpretazioni degli artisti, quanto a seguire maggiormente un discorso di contenuto generale che l’opera vuole dare.
L’ensemble: Massimo Arduini, Antonio Barone, Alessia Burlini, Maria Izzo, Salvatore Mercadante, Valeria Miserendino, Pietro Pelliccia, Annamaria Perilli (assistente alle coreografie), Chiara Ranca, Francesca Schipani, Carmelo Pitino, Nora Jenkner, Vincenzo Ambrosio.
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