Recensione – Al Brancaccio di Roma fino al 26 marzo, una splendida Lorella Cuccarini è Turandot, nel musical di Maurizio Colombi, tra invenzioni, incantesimi e citazioni da Puccini a Elton John.
di Ilaria Faraoni
L’attesa per il nuovo lavoro di Maurizio Colombi era tanta e per diversi motivi:
- Per la sua protagonista, Lorella Cuccarini.
- Per il titolo, che vede la trasposizione in versione musical di un altro caposaldo dell’opera lirica, dopo l’Aida di Verdi e la Tosca, la Madama Butterfly e La bohème di Puccini.
- Per le novità introdotte da Colombi e Giulio Nannini che firmano il testo, rispetto alla fiaba persiana originale compresa nella raccolta I mille e un giorno, cui si ispirarono prima Carlo Gozzi e poi i librettisti di Puccini, Giuseppe Adami e Renato Simoni (il nostro servizio sulla presentazione in conferenza stampa QUI).
- Per l’accento posto, durante la presentazione, sulla presenza di effetti speciali.
- Per il team creativo (Colombi in primis), pressoché lo stesso di Rapunzel (la nostra recensione QUI) che era stato prodotto, come La Regina di Ghiaccio, da Viola Produzioni e quindi dal Brancaccio stesso.
- Per vedere come sarebbe stata risolta la scena del Nessun dorma, la celeberrima romanza pucciniana che da sola già identifica la Turandot nell’immaginario collettivo.
- Per rivedere Pietro Pignatelli nuovamente diretto da Colombi, per giunta per la prima volta accanto a Lorella Cuccarini come partner, dopo essere stato suo compagno di scuola in Grease e suo padre ne Il Pianeta Proibito.
Il primo punto che suscitava interesse si risolve con una certezza: Lorella Cuccarini sul palco è sempre una garanzia di carisma e bravura che invadono la scena.
Giunta al quinto musical teatrale, abbiamo visto Lorella affrontare con la stessa credibilità ruoli molto diversi tra loro, anche se Turandot, come ha affermato lei stessa, ha alcune sfumature che la avvicinano alla sua Miranda de Il Pianeta Proibito.
Qui abbiamo apprezzato ulteriori tasselli artistici, che vanno ad aggiungersi al già coloratissimo mosaico che ha mostrato negli anni la Cuccarini: nuove tecniche vocali per il brano clou (vedi punto 6) e una fisicità rigida e nervosa nei momenti in cui la Regina di ghiaccio, letteralmente congelata nell’anima da un incantesimo di tre streghe, è quasi impietrita davanti alle sue sconfitte.
Perfetta nella regalità che le impone il ruolo, fin dalla prima apparizione in scena, morbida nei momenti in cui entra per la prima volta in contatto con l’amore, che scioglierà l’incantesimo: Lorella Cuccarini riesce sempre a trasmettere emozioni.
“Ma cosa c’entrano storie di ghiaccio e incantesimi con la Turandot?”, si chiederà qualcuno.
Ecco che veniamo al secondo e al terzo punto di interesse: la trasposizione in versione musical ed il lavoro sul testo.
La fiaba persiana è veramente scarna, come aveva spiegato anche il regista Colombi. Se si legge invece la Turandot di Gozzi, precedente ma sicuramente meno conosciuta rispetto all’opera, ci si rende conto che nella prima, la storia della principessa che pur di non sposarsi pone tre enigmi ad ogni malcapitato pretendente – che verrà decapitato se sbaglierà anche una sola delle risposte – è molto più articolata. Il tutto è ambientato nell’antica Cina governata dall’Imperatore Altoum, padre di Turandot.
Fortunatamente, non ce ne vogliano gli appassionati d’opera, Colombi riprende per l’intelaiatura narrativa, più da Gozzi che da Adami e Simoni. Per inciso ricordiamo il clima in cui scriveva Gozzi, ostile alla riforma del teatro introdotta da Carlo Goldoni, ma questa è un’altra storia.
All trama originale, che vede il principe Calaf di Astracan, innamorarsi perdutamente della spietata principessa, Colombi e Nannini aggiungono elementi fantasy, mitici e religiosi.
Spariscono il padre di Calaf – Timur – e la sua schiava Liù; anche la Zelima di Gozzi, che qui rimane, ha un peso diverso.
In compenso vengono inserite come ancelle di Turandot tre streghe, che dicono di essere le tre fiere dantesche e che, si intuisce, hanno viaggiato nel tempo fino ai giorni nostri; con i relativi poteri sono responsabili della crudeltà della principessa e, più ampiamente, del male nel mondo o almeno, del male e del perenne inverno nel regno di Altoum: parliamo di Gelida, Tormenta e Nebbia.
Ma si fa riferimento anche al Paradiso Terrestre e non si può parlare di quest’ultimo senza pensare all’albero del peccato, un melo, che nel musical è rappresentato in modo molto suggestivo. Senza svelare qui la sua nuova funzione, possiamo anticipare che è uno degli elementi scenografici più riusciti, tanto da suscitare un applauso a scena aperta la sera della prima.
E ancora ci sono Yao (Sergio Mancinelli), il Signore del Sole, e Chang’e (Simonetta Cartia), Signora della Luna, ripresi dalla mitologia cinese. Se sulla carta li si poteva immaginare come due affascinanti figure romantiche, nella realizzazione i due rappresentano uno degli elementi comici dello spettacolo, presentati come sono come due saltimbanchi dal tormentone «Dice Confucio…», salvo poi rivelare la loro natura più profonda in alcuni efficaci cambi repentini di atmosfera.
Ma perché solo Yao parla alla cinese, con le elle al posto delle erre?
Tirando le somme, le nuove invenzioni ben si sposano alla trama principale, soprattutto nel tentativo di dare una propria interpretazione/giustificazione al comportamento di Turandot, benché sia in Gozzi, sia nel libretto dell’opera fossero presenti delle motivazioni, più o meno forti e diverse nell’una e nell’altra versione, che rendevano tra l’altro la principessa di Gozzi meno spietata e più coerente della sua “sorella lirica”.
In più, nel musical, ci piace scorgere anche un ricordo di Khutulun principessa guerriera cui si ispirò l’antica fiaba persiana: è infatti un’agguerritissima Cuccarini/Turandot armata di due katane alla giapponese – e non un boia qualsiasi – a tagliare personalmente le teste ai pretendenti con gesti marziali e coreografici.
Ma se l’invenzione degli autori porta nelle intenzioni alla rappresentazione di una dualità molto forte della protagonista, dominata dall’incantesimo o in lotta per liberarsene – fino alla svolta finale – manca ancora qualcosa nella scrittura che permetta alla Cuccarini di giocare di più con le due Turandot. Un peccato, perché Lorella ha dimostrato di rendere al meglio il passaggio repentino di personalità: ne è esempio evidentissimo un brano che la vede protagonista con Gelida, Tormenta e Nebbia, nel quale chiede loro di essere sciolta dai voti, perché si sta innamorando, e ottiene in risposta una nuova sferzata di cattiveria cieca.
Anche la storia delle tre streghe è tra i punti che andrebbero approfonditi meglio.
Quanto ai personaggi di Ping (Giancarlo Teodori), Pong (Jonathan Guerrero) e Pang (Adonà Mamo), che nell’opera erano i ministri dell’Impero e in Gozzi quattro maschere della Commedia dell’Arte (Pantalone segretario di Altoum, Tartaglia gran Cancelliere, Brighella maestro de’ paggi e Truffaldino, capo degli eunuchi), nello spettacolo di Colombi sono presentati come tre eunuchi. Il cambiamento non è molto vantaggioso però, perché non è ben sfruttato, salvo la gag di Ping che sospira d’amore per Calaf insieme a Turandot.
Ad eccezione del quadro musicale a loro dedicato, ben presentato, nel resto della storia gli stacchetti comici del trio rischiano di rallentare il ritmo generale.
Inoltre lo spettacolo, per le tematiche affrontate e per le sue origini, sembra rivolto ad un pubblico più maturo di quello di Rapunzel, pur rimanendo un musical fiabesco per famiglie: potrebbero quindi tranquillamente essere eliminati anche i sottofondi che sottolineano alcune azioni, più in stile cartoon; c’è da dire che comunque questi sono meno presenti rispetto ai precedenti lavori di Colombi.
Quarto e quinto punto: gli effetti speciali legati ai poteri magici di Gelida, Tormenta e Nebbia, cui sono strettamente legati anche scenografie, costumi e coreografie.
Giochi di illusionismo sul palco, luci stroboscopiche, neve e nebbia in sala, uniti ad un pavimento che vibra, affascinano gli spettatori, soprattutto quelli delle prime file che si vedono proiettare così proprio dentro la storia.
Si potrebbe spingere ancora di più in questo senso per ampliare l’effetto, intensificando per esempio il vento e giocando di più con le luci in platea, variandole maggiormente, e magari facendo interagire le streghe con il pubblico.
Alcuni giochi di luce sul palco (di Alessio De Simone), usati per rendere l’idea del gelo che riprende possesso del cuore di Turandot, o l’incubo di Calaf (con tanto di decapitati parlanti/cantanti con le teste al centro del petto), sono davvero suggestivi, così come l’uso del suono di Emanuele Carlucci, che avvolge gli spettatori (grazie al nuovo sistema surround del Teatro Brancaccio) quando a parlare sono l’Albero delle mele o Yao, nel momento in cui mostra la sua vera natura.
Dei costumi di Francesca Grossi abbiamo apprezzato soprattutto gli abiti di Turandot, che connotano immediatamente il personaggio nella sua regalità altezzosa. Interessante anche la rappresentazione degli elementi di riferimento negli abiti di Gelida, Tormenta e Nebbia, anche se i tre costumi devono essere guardati da vicino per poterne realizzare il gioco di rimandi.
Le coreografie di Rita Pivano hanno i giusti richiami alla Cina: particolarmente accattivanti il quadro in stile kung fu e quello con i bastoni, che sottolineano il ritmo, accompagnati da altrettanti ventagli.
Le scene di Alessandro Chiti, che si avvalgono anche delle ottime videografie di Marco Schiavoni, sono su due livelli, con l’aggiunta di alcune griglie laterali (due per lato) sulle quali può arrampicarsi il cast: Chiti ci presenta alcuni quadri di notevole interesse, benché alcune soluzioni adottate non siano nuove.
Il picco scenografico è raggiunto nell’emozionante Nessun Dorma.
E veniamo così al sesto punto: come risolvere la scena con la romanza di Calaf.
Colombi ha voluto omaggiare Puccini con alcune citazioni tratte dalle sue opere in tutta la partitura musicale creata da Davide Magnabosco (che firma anche arrangiamenti e direzione musicale), Paolo Barillari (che interpreta efficacemente Altoum) e Alex Procacci; ma nel momento clou, non ha voluto contrapporsi all’opera. Ha inserito Nessun dorma così com’è, con un arrangiamento pop e con una incursione di Lorella Cuccarini/Turandot, letteralmente affacciata alla luna, che scambia con grande delicatezza alcune frasi musicali con Pignatelli/Calaf.
Ed ecco che, il sesto punto di interesse appena citato è strettamente legato al settimo: perché il compito di cantare Nessun dorma in forma non lirica era insidioso e Pignatelli con la sua personalità e con la venatura calda e carezzevole del timbro vocale, ha saputo uscire a testa alta dalla prova, strappando forti applausi e consensi emozionati al pubblico, riconfermandosi una certezza a livello artistico.
Del resto il calore è anche nel nome del personaggio da lui interpretato: nell’invenzione di Colombi, infatti, Calaf sta per calore, amore fuoco, proprio i tre elementi che possono sciogliere la gelida Turandot. Sempre che Calaf sia il prescelto di cui si narra.
Pignatelli è adattissimo al ruolo, anche nelle sue sfumature più divertenti o tenere, nel momento in cui è sotto l’incantesimo della principessa. E la coppia Cuccarini/Pignatelli funziona.
Abbiamo fatto presenti alcune citazioni da Puccini nei brani scritti da Magnabosco, Barillari e Procacci, citazioni dichiarate a monte dal team creativo, ma ce ne sono anche altre: la partitura musicale, coinvolgente al primo ascolto soprattutto per quanto riguarda i brani più carichi di pathos – che viene voglia di riascoltare – contiene inserti di vario genere: dalla Carmen di Bizet (Habanera) a Don’t let me be misunderstood.
E quelle musicali non sono le uniche citazioni o strizzate d’occhio de La regina di ghiaccio. A parte alcune reminiscenze suscitate da idee scenografiche o coreografiche, l’opening in un museo dei giorni nostri, nel quale si svolge una mostra su Puccini, con l’abito di Turandot su un “manichino” che poi prende vita, posizionato in una teca al centro della sala, richiama esplicitamente l’opening di un altro musical ripreso da un’opera lirica: si tratta dell’Aida di Elton John e Tim Rice.
E proprio a quest’ultima fa chiaro riferimento, anche nello stile della canzone, decisamente motown, un altro quadro musicale de La Regina di ghiaccio, quello che si svolge nelle stanze di Turandot con le ancelle; protagonisti foulard colorati e vestiti: il pezzo al quale si guarda è il divertente My strongest suit che rompe gli schemi temporali nel musical di Elton John.
Del resto anche nel musical di Colombi ci sono diverse battute che esulano dal tempo storico e geografico in cui si svolge l’azione (la Cina dopo l’anno mille) come già ci ha abituato in passato Colombi stesso e non solo lui.
Tanto altro si potrebbe scrivere e analizzare ma a questo punto è meglio lasciare il gusto di scoprire tutto agli spettatori.
Ma non può concludersi questa recensione senza un apprezzamento a tutto il cast di ottimo livello e una lode particolare – per la grinta e l’interpretazione che cattura – alle tre streghe, dotate di voci che, come si dice ultimamente, spettinano gli spettatori: in ordine alfabetico Federica Buda (Gelida), Valentina Ferrari (Tormenta), Silvia Scartozzoni (Nebbia).
Completano il cast Flavio Tallini nel ruolo del Principe di Persia e Laura Contardi nel ruolo di Zelima.
Ensemble: Luca Contini, Martina Gabbrielli, Filippo Grande, Camilla Maffezzoli, Antonella Martina, Eleonora Peluso, Ivan Trimarchi.
Aiuto regia Davide Nebbia – Assistente coreografie Francesco Spizzirri.
ORARI SPETTACOLO AL TEATRO BRANCACCIO
DAL 4 e 5 MARZO
giovedi – sabato h. 21.00
sabato – domenica h.17.00 (pomeridiana)
DAL 7 AL 12 MARZO
martedi – sabato h. 21.00
sabato – domenica h. 17.00 (pomeridiana)
DAL 16 AL 26 MARZO
giovedì – venerdi h. 20.30
sabato h. 17.00 (pomeridiana)/h. 21.00 (serale)
domenica h. 15.30/19.30 (doppia replica)
Grazie Mille Ilaria! La recensione è come sempre ricca, informata, appassionata. Come potrei definirla? Tridimensionale! Riesci a rendere l’emozione e lo spessore di uno spettacolo pur arricchendo la descrizione con tanti dettagli e suggerimenti tecnici. Non sapevo nulla di Turandot, se non la famosa aria cantata da Pavarotti… adesso riesco a collocarla, conosco la storia, l’evoluzione e soprattutto ho un’idea completa di quello che vedrò e di quello che proverò andando a teatro.
Spero di poterti incontrare presto e vedere di persona chi si cela dietro a questo lavoro che apprezzo così tanto!
Non l’ho ancora visto ma da quello che leggo mi sembra un gran “mappazzone” di scopiazzature da Frozen e Aida di Elton John…ma essere un pochino originali ogni tanto è chiedere troppo? Mettere poi il Nessun Dorma in versione pop mi sembra una trashata che si poteva evitare. Non discuto sulla validità del cast, ma come già visto in Rapunzel parrebbe che anche in questo musical l’originalità nel copione e della regia sia ai minimi livelli e che non si osi poi molto nella parte musicale (a giudicare dai trailer). Con un soggetto simile si poteva fare finalmente una bella cosa nuova tutta italiana senza scomodare per forza Broadway, non c’era il paragone ingombrante con il cartone animato, perché allora infilarci il riferimento a Frozen, al ghiaccio, alla neve? Mi sembrano operazioni sfacciatamente commerciali , per attirare il pubblico del family show, con la presunzione però di non voler fare il family show. Meglio allora un onesto e dichiarato family show per bambini. Spero di sbagliarmi e di ricredermi quando lo vedrò, ma già quando lessi il titolo (Regina di Ghiaccio) mi caddero le braccia e ora che leggo la descrizione qui fatta del musical le mie riserve aumentano.