Uno spettacolo che non stanca mai
di Erica Culiat – foto di Deen van Meer
Mary Poppins film o musical che sia, fa sempre piacere rivedere e, per quanto riguarda il secondo, ne diamo conto anche se lo spettacolo ormai chiuderà a Vienna il prossimo gennaio, proprio perché è una ventata di allegria, di buon umore e di positività.
Si dice che Winston Churchill leggesse proprio i libri della Travers per distrarsi dai problemi della seconda guerra mondiale ed è di questi giorni, tra l’altro, la notizia di una riedizione del film con Anne Hathaway.
L’allestimento presentato dai Vereinigte Bühnen è quello di Broadway di Richard Eyre, o meglio, quello del tour americano, un po’ semplificato perché il palcoscenico del Ronacher è davvero piccolo. La magia per gli occhi resta comunque intatta. Oltre al fatto che gli artisti sono ottimi come i pasticcini di Demel.
L’adattamento teatrale è firmato da Julian Fellows – sceneggiatore di Downton Abbey e autore dell’irresistibile romanzo Snob – e, a dispetto di Walt Disney che dovette penare una ventina d’anni per avere i diritti, Cameron Mackintosh, che incontrò la scrittrice australiana nel 1993, li ottenne subito per l’adattamento teatrale. Se avete voglia, guardate il film Saving Mr. Banks che racconta le vicissitudini di Disney per riuscire a realizzare il film, pellicola messa in cantiere dalla major cinematografica proprio perché l’anno scorso ricorrevano i cinquant’anni dall’uscita del film e gli ottanta del primo degli otto libri dedicati a questa nanny inglese paragonata ad Artemide e alla dea Kalì.
Se qualcuno ha letto anche solo uno dei volumi a lei dedicati si accorgerà che Mary Poppins non è così latte e miele come ce l’ha tramandata l’amico Walt. No! Mary Poppins è sinistra a volte, di sicuro inquietante, inflessibile e arguta, nelle illustrazioni originali di Mary Shepard è corrucciata, quasi arcigna. A teatro invece il viso di porcellana, questa volta di Annemieke Van Dam, l’ultima Elisabeth venuta a Trieste al Politeama Rossetti, è sempre ingentilito alla maniera disneyana da un sorriso smagliante. Soltanto a volte diventa un po’ brusca nei modi.
Nel complesso Fellows ci fa conoscere una Mary Poppins più letteraria, nel senso che recupera degli episodi che nel film non compaiono, quello del ragazzo di marmo, Neleo (Dane Quixall), quello della signora Corry (Kudra Owens) e il panpepato.
Ci fa conoscere anche il personaggio della signorina Andrew (Maaike Schuurmans), l’ex governante del signor Banks (Fernand Delosch), il “sacrosanto spauracchio” come l’aveva battezzata lui e il tuttofare di casa Banks, Roberston Ay (Niklas Abel) che affianca la cuoca, Mrs. Brill (Tania Golden) nella conduzione della vita domestica. Neleo permette a Matthew Bourne di sbizzarrire la sua fantasia coreografica, così come nel caleidoscopio quadro di madam Corry, una fiammata di colori sgargianti (i costumi di Rob Crowley sono un inno alla fantasia), verve e complessi movimenti di braccia mentre l’ensemble intona l’arcinota Supercalifragilisticexpialidocious. Danza ingioiellata anche quella degli spazzacamini nel secondo atto con l’altra famosa canzone Step in Time o Schritt für Schritt.
Practically Perfect o Das Perfekte Kindermundchen la Van Dam anche in questo nuovo ruolo affiancata da un altrettanto perfetto David Boyd, l’amico Bert; nel cast però spiccano anche Milica Jovanovic nel ruolo della signora Banks e un entusiasmante Michael Banks, interpretato da David Paul Mannhart, un concentrato di bravura, simpatia e bellezza. Bob Crowley forse ispirandosi a Robert Sabauda ha concepito la scena come un gigantesco pop-up e la regia di Eyre, regista che tranquillamente passa dal musical alla prosa (anni fa avevamo vista un’indimenticabile edizione del suo John Gabriel Borkman con la Redgrave, Paul Scofield ed Eileen Atkins), dall’opera alla televisione al cinema, si beve tutta d’un fiato. Stupefacente per esempio l’idea di far danzare Bert su tutto l’arco scenico e quindi anche a testa all’ingiù.
Perché continua a piacere Mary Poppins? Perché ci fa guardare le cose con occhi diversi, facendoci scoprire cose straordinarie in quelle più ordinarie; perché Mary Poppins è sempre se stessa, non vuole mai diventare qualcun’altra; perché ci fa specchiare nel microcosmo familiare dove i papà da sempre sono impegnati nel lavoro, oggi anche le mamme, i bambini reclamano attenzioni e sembra che ognuno viva una propria vita, mentre la Travers ci ricorda che il tempo non è nostro alleato. Quello che perdiamo con i figli, è perso per sempre e quindi godere della famiglia è il bene più prezioso.
Si esce da teatro sorridendo, stando bene, perché abbiamo visto una bella storia, confezionata in maniera impeccabile, che ci ricorda inoltre che sarebbe auspicabile fare i turisti della nostra vita, scoprendo e ri-scoprendo la bellezza di ogni giorno che passa.