Sleeping Beauty senza se e senza ma
Debutto a Milano al Teatro degli Arcimboldi per Sleeping Beauty la rivisitazione a opera di Matthew Bourne del capolavoro di Čajkovskij .
Attesissimo dal pubblico della danza, Sleeping Beauty a Gothic Romance porta la firma del coreografo inglese Matthew Bourne, noto ai più per Swan Lake e il breve frammento di questo regalata al film Billy Elliott. La sequenza a cui ci riferiamo è quella finale, dove il ragazzino, diventato adulto, sta per entrare in scena per interpretare il lago dei cigni.
Torniamo al nostro spettacolo, che ha visto luce nel 2012 e con cui Bourne ha chiuso la trilogia sul compositore russo: Schiaccianoci, Il Lago e ora Bella addormentata. La storia è ambientata tra la fine dell’ottocento e i giorni nostri. A livello drammaturgico Bourne ha unito le versioni della favola di Perrault, dei fratelli Grimm di Disney, strizzando l’occhio al gotico e al mondo dei vampiri, con il preciso intento di sottolineare il tema della rinascita.
Un lavoro di stesura che sicuramente ha richiesto molto tempo e dove ogni minino dettaglio è stato studiato con grandissima attenzione. Dalle scenografie alle luci ai costumi. Tutti questi aspetti sono al servizio dello spettacolo, creando un’omogeneità tale che ti trascina e trasporta totalmente nella storia e sul palco. Ogni cambio scenico, per quanto effettuato a vista, è così ponderato e studiato che lo spettatore non lo percepisce. L’attenzione viene catturata da un altro elemento e magicamente il giorno diventa notte, il letto sparisce, i protagonisti si dileguano…
Certo la danza è la regina dello spettacolo, ma non emergerebbe così tanto se le luci di Paule Constable non fossero così perfette, se le scene e i costumi di Lez Brotherston non fossero così studiati. In questo lavoro ci sono senza dubbio grandi investimenti economici, ma sono soldi ben spesi.
Apriamo il capitolo danza, sulla bravura dei suoi danzatori abbiamo forse da dire qualcosa? Ovviamente no, ma non possiamo non citare la splendida Ashley Shaw che ha interpretato il ruolo di Aurora, magnifica in tutto: tecnica e presenza. Fa trasparire in ogni scena un sentimento ed un’emozione diversa, emerge la dolcezza, con il temperamento, con la paura. Capacità non così scontata per chi interpreta ruoli un po’ stereotipati; ma si sa questo è anche merito del regista.
Matthew Bourne trasforma i suoi balletti in altro, non solo perché ne dà un’interpretazione soggettiva, ma perché coglie e trasforma il vecchio in nuovo, ricicla, ripensa. Definire la sua danza non è facile, la tecnica classica è contaminata, ma in un modo del tutto personale, in alcuni momenti sembra di assistere ad un musical e poi ti accorgi che sotto c’è la variazione della fata dei Lillà.
Lo spettacolo parte nel 1890 e lì la danza è più lineare. Walzer e passi a due ambientati durante la festa per Aurora, senza cadere nel banale, rispecchiano quel mondo. Nel terzo atto, pensato nel 2011, i ballerini invitati al matrimonio potrebbero essere usciti da una festa a tema Rocky Horror senza mai però cadere nel volgare o in strutture coreografiche eccessivamente moderne. Insomma il tutto è sapientemente modulato, dosato, declinato ed interpretato.
Uno spettacolo da non perdere insomma!