Grande successo al Teatro Barclays Nazionale di Milano per l’arrivo degli strilloni di Newsies
di Lucio Leone e Paolo Vitale
A volte ritornano. Del resto, la prima recensione a quattro mani (per Pinocchio, nda) è andata talmente bene, è stato talmente divertente scriverla che abbiamo necessariamente pensato al “bis”. E che occasione migliore per questo Newsies, uno dei titoli più attesi della stagione 2015/16 del teatro musicale italiano? Quindi eccola, con lo stesso stile e la stessa squadra perché formula vincente non si cambia.
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Lucio Leone: EDIZIONE STRAORDINARIA! Un musical fatto come Sondheim comanda! (Lo so che è di Alan Menken, ma Sondheim mi serviva per l’assonanza…). Ci togliamo subito d’impaccio dicendo che ci è è piaciuto? e poi facciamo i recensori come si deve valutando (e spiegando) cosa ci è piaciuto, cosa no e soprattutto perché? (magari tralasciando cinque inutili paragrafi di sinossi…eh?)
Paolo Vitale: Si, possiamo ammetterlo subito: Newsies ci è piaciuto! E i cinque paragrafi di sinossi li tralasciamo ché abbiamo tanto altro da commentare! E partirei, se sei d’accordo, proprio dalla storia che ho trovato abbastanza insolita per la Disney! Una trama impegnata, storica, politica…
LL: Ok. Facciamo solo un codice fiscale della trama, giusto per dire. Ragazzo in gamba, a capo di una ghenga di strilloni si ribella ad un ingiustificato aumento delle tariffe che penalizza questi poveri ragazzi a cui è affidata la distribuzione dei giornali. Con l’aiuto di una intraprendente giovane (e tanto caruccetta) reporter riesce ad averla vinta attraverso uno sciopero (ispirato ad un fatto realmente accaduto) su magnate dell’editoria con pochi scrupoli ma in fondo bonaccione e tutti vissero felici e contenti. Il tutto sullo sfondo di una New York di inizio ‘900 che le due scenografe hanno reso in maniera assolutamente magistrale. E così ci togliamo subito da un altro impaccio dicendo che la componente visuale dello spettacolo (la pubblicità, i costumi, le scene, le luci) è un elemento centrale immediatamente riconoscibile e molto ben centrato. Non trovi?
PV: Assolutamente d’accordo. E cito per iniziare proprio il “blue carpet” allestito in occasione del debutto al Barclays Nazionale di Milano: finalmente “l’entertainment” esce dalle quattro mura del teatro ed arriva in strada. Per un attimo mi sono sentito a Times Square! La facciata del teatro illuminata di blu, le transenne, le cataste di giornali, gli sfondi per le foto, i performer in costume che agitavano le folle! Che bello!!!
LL: Pronto? Milano chiama Broadway… blue carpet a parte, parlavi di trama, che a voler guardare è pur sempre il mito di Davide e Golia declinato nel post-Gutenberg. Storia che gli americani amano molto visto che più o meno la ricucinano ciclicamente in salse e contesti diversi. Musicali? Glee, Sister Act 2, Pitch Perfect… tanto per citare epoche e stili diversi. Nel ballo? Flashdance e Save the last Dance. A cazzottoni? Rocky o Karate Kid. E potremmo continuare. Però evidentemente è un archetipo, questo dell’outsider che vince contro il forte, che piace ed entusiasma. E in parte spiega il successo di quasi tutte le diverse incarnazioni della leggenda, compresa quest’ultima in cui il successo è stato riagguantato per un pelo, visto che la storia della storia è questa: film che è un flop colossale ma che diventa un cult per alcuni agguerriti fan tanto da costringere la Disney a farlo diventare un musical teatrale che, malgrado nessuno gli desse due lire di credibilità, finisce per vincere ben 2 Tony Award e diventare uno degli spettacoli in assoluto più rappresentati nei glee club dei licei americani.
PV: Certo, l’archetipo di Davide e Golia funziona sempre, ma credo comunque che Newsies rappresenti una vera eccezione nel panorama Disney: si parla di politica, di soldi, di classi sociali, di sfruttamento, di giochi di potere… Non è propriamente una storia per bambini! E qui vengo al punto: credo che Newsies sia arrivato in Italia al momento giusto! Il messaggio che trasmette è esattamente quello che abbiamo bisogno di ricordare in questi anni di crisi e di rabbia sociale.
LL: Però i bambini presenti in sala mi pareva seguissero con vera partecipazione la trama. Il che ci riporta al contenitore, cioè all’allestimento. Che, fatto come è fatto (e cioè con molta attenzione e cura), evidentemente elimina le barriere anagrafiche e riesce a catturare il pubblico di tutte le età. Che non è cosa da poco, e di questo credo si debba rendere merito alla regia. Ti va se propongo “ispirata” come aggettivo per definirla?PV: Si è vero! La regia di Federico Bellone è stata guidata da una enorme passione per questo titolo ed il risultato finale ne ha certamente giovato. In nessun momento Newsies è sembrato un’operazione commerciale… Cosa che non posso purtroppo dire di alcuni altri titoli delle stagioni passate. In Newsies ogni scelta è sembrata dettata da un vero amore per questo spettacolo e, oserei dire, anche da una certa reverenza nei suoi confronti.
LL: Però tu ed io quando abbiamo iniziato a scrivere a 4 mani ci siamo ufficialmente ispirati ai vecchietti carogna dei Muppets! Che questo sia un bello spettacolo l’abbiamo detto e ridetto, però ora tocca necessariamente esaminare nel dettaglio le diverse componenti e spiegare anche quali sono secondo noi le aree di miglioramento: non facciamo onore al ruolo di recensori se non valutiamo approfondendo (e motivando, soprattutto “motivando”) cosa può essere a nostro avviso migliorato. Non sono molte, va da sé, ma ci sono… no? Comincio io?
PV: Vadi lei!
LL: Il cast. Qualche elemento è più debole degli altri, e purtroppo si sente. Soprattutto se metti dei leoni in scena. Simone Leonardi e Simona Patitucci in maniera diversa è come se tenessero delle masterclass di recitazione per i giovani performer che vanno a teatro a vederli in scena. Lui, si sa: è un bravissimo attore. Mette davvero una tecnica impeccabile nel “creare” un personaggio. In questo spettacolo la sua parte cantata (eventuali peccati veniali compresi) passa in secondo piano, ma chiunque dica di non aver visto Mr. Pulitzer (il suo personaggio. Sì: QUEL Pulitzer) deve aver visto uno spettacolo diverso dal nostro. La Patitucci invece ripropone un altro archetipo: il “puttanone” di buon cuore. Tutto nel suo personaggio è sopra le righe. Ma volete vedere come si può dare vita a un carattere? Guardate lei.
PV: La Patitucci è perfetta per quel ruolo! E la sua voce nel cantato è una boccata d’aria fresca! In scena lei… e tutti gli altri spariscono! Leonardi nel ruolo di Pulitzer o lo si ama o lo si odia. E io sono uno di quelli che l’ha amato! L’ho trovato magistrale nella sua interpretazione, con una tecnica anni luce dall’impostazione “da musical”. E’ riuscito a caratterizzare il suo personaggio con pochissimi accorgimenti: le pause giuste al momento giusto, i movimenti misurati, le giuste intenzioni nelle battute… E poi, ma forse è solo una mia impressione, ho trovato il suo modo di recitare quasi cinematografico: spesso compiva delle azioni mentre diceva le battute oppure aveva semplicemente le mani impegnate a fare qualcosa… Unica pecca? Leonardi, a mio avviso, è un po’ giovane per quel ruolo, ma col suo talento ha ben colmato il gap anagrafico.
LL: Flavio Gismondi dal canto suo è giovane davvero ma credo abbia affrontato il ruolo con molta maturità e intelligenza scenica. Quando il suo Jack dice delle cose le dice davvero. Credi alle sue intenzioni. Il suo metodo è corretto e lo porterà lontano. Certo, su alcune cose migliorerà nel tempo visto che l’attende una luminosa carriera ma canta davvero bene e… oh aspetta. Non ha ballato. Praticamente mai. L’effetto del “parte il ballo e io mi imbosco finché questi qui intorno smettono di zompare e io rientro” un pochino mi è dispiaciuto. Ma come performer mi piace (e del resto… Idina Menzel non mette un piede dietro l’altro) e quindi lo metto nei bravi. Così come ci metto Nicola Ciulla (una stupidaggine: ma la sua risata che chiude uno scambio s’è beccato l’unico applauso a scena aperta) e qualche nome dei giovani (Tarsi, Abbracciavento, Sinisi, Cavallo e il tenero Gruccia di Andrea Fazio. Per motivi diversi ma ognuno bravo nella sua caratterizzazione del ruolo). Ci sono però, come dicevo alcune interpretazioni che non mi hanno convinto. Nulla di drammatico, per carità, ma appunto: di fianco a un diamante lo zircone si nota. Perché, ahimè: brilla meno.
PV: Gismondi. Ecco, Gismondi è il classico perfomer che si fa amare nonostante non sia perfetto. Non è un cantante, non è un attore e non è certamente un ballerino. Eppure riesce sempre a portare a casa il personaggio in maniera assolutamente convincente! Nel caso specifico di Newsies Gismondi sostiene il ruolo dall’inizio alla fine con forza ed energia. Riesce molto meglio nelle scene drammatiche, ma nel complesso dimostra sempre un certo equilibrio. Unico consiglio: in alcune battute esce la “recitazione da musical”. Ecco, quella anche no! Per quanto riguarda il ballo che dirti, saranno state le strepitose coreografie di Mrs Bruce, ma io non l’ho mica notata la sua assenza in scena! Passiamo a Giulia Fabbri! Ho trovato la sua interpretazione controversa. Non amo le voci squillanti e probabilmente deve ancora lavorare sul canto, eppure ho amato la sua “Watch What Happens” [non conosciamo il titolo in italiano nda]: i suoi sbalzi di umore comicamente perfetti mi hanno ricordato la scena di quando Rapunzel quando esce dalla torre. Comunque sia la Fabbri attrice mi convince di più della Fabbri cantante. Ultime due menzioni speciali: Giovanni Abbracciavento e Andrea Fazio. Il primo sprizza energia da ogni poro ed è il vero motore trainante nelle coreografie. Il secondo ha regalato un lavoro attoriale ottimo: il lavoro sul fisico è sbalorditivo (non è veramente zoppo vero?)
LL: Ma ti sei addormentato nei saluti finali quando è uscito saltellando? No: non è zoppo. Macché! Comunque per concludere, temo che in Italia purtroppo ci sia la consolidata prassi di considerare i caratteri ruoli di serie B. Ah! che sciocchezza. Ci sono meravigliosi personaggi principali che sono caratteri. Pensa ad Audrey (la bionda, non la pianta, nda). E se hai una fisicità e un timbro vocale che meglio si adatterebbero a questa tipologia secondo me bisognerebbe saperla sfruttare come risorsa. Chi ha un timbro squillante dovrebbe sbaragliare le concorrenti nel proporsi come Frenchie, non come Sandy. E per risponderti sulla questione per una volta non sono d’accordo con te: malgrado tutto e ribadendo che secondo me il suo timbro vocale non è indicato alla personalità di Katherine. Giulia Fabbri la preferisco come cantante e come ballerina che come attrice. Se hai di fronte chi ha dato spessore al proprio ruolo tu, per quanto bravo, se sei ancora un poco acerbo, se hai un approccio accademico fatto di dizione, tono, portamento eccetera, finisci per “declamare” (magari anche bene, come nel caso specifico) ma chi è in scena con te “recita”. E l’effetto finale è bipolare. Ma, visto che l’hai citata prima, parliamo delle coreografie? E considerato il fatto che Newsies è uno dei musical ballati per antonomasia… che vogliamo dire a Madame Bruce? Eh?
PV: Le coreografie e i pezzi corali sono decisamente la parte migliore dello spettacolo. L’energia dell’ensemble è contagiosa e il ballo è stato curato nei minimi dettagli. Gillian Bruce è sempre una certezza!
LL: Newsies anche a Broadway è stato notoriamente complicatissimo da mettere in scena per il fatto che richiede un ensemble impeccabile ma per ovvi motivi i ballerini devono essere giovani davvero. Rispetto alle chorus line classiche che si vedono in genere nei musical newyorchesi (la cui età media è molto più alta: si preferiscono in linea di massima performer con esperienza) qui sono necessarie persone che di chilometri di palcoscenico non ne hanno macinati molti. Ma che comunque devono essere capaci di ballare come veterani. E ammetto che parlandone con Bruce prima di aver visto lo spettacolo le avevo proprio chiesto se questo non fosse un problema. Magari problema lo sarà anche stato ma… chapeau. Sono stati bravi. Oh sì: proprio bravi, anche se il numero di tap forse è paradossalmente quello che mi ha dato meno soddisfazione. Ho trovato ci fossero troppi elementi (il pianoforte che passa davanti, certi movimenti della macchina scenica…) che entravano e disturbavano il senso del numero stesso.
PV: Ecco a proposito di elementi scenici, che ne pensi delle scenografie di Hella Mombrini e Silvia Silvestri? Sono molto diverse da quelle originali di Broadway!
LL: Mi hanno incantato. C’era il sapore delle strade di New York, quello che resiste ancora adesso in alcuni quartieri. C’erano sagome emozionanti, come il Flatiron (piccola annotazione critica: è stato costruito nel 1902, quindi DOPO lo sciopero…), il Ponte di Brooklyn che è come se fossero presenti in spirito… c’era il cielo -specialissimo- di New York! Bravissime la Silvestri e la Mombrini, coadiuvate però dalle luci di Valerio Tiberi. E qui si entra comunque nel territorio tuo… tu cosa ne dici?
PV: Sulle scenografie concordo, anche se ammetto di averle trovate “basse”. Penso che utilizzare il più possibile l’altezza del fondale sarebbe stato molto più interessante. Senza voler compromettere l’effetto di cielo e di spazio sopra gli edifici, avrei tirato tutto su di un paio di metri. A volte dava un po’ troppo l’effetto di cartonato altezza uomo. Ovviamente non tutti gli elementi erano bassi… Ma l’effetto complessivo risultavo un po’ schiacciato! Io NY la immagino invece slanciata verso l’alto. Giustissimo infatti è stato l’effetto di prospettiva dal basso.
LL: E le luci?
PV: Sulle luci tocchiamo un tasto dolente. Sai benissimo quanto io stimi professionalmente Tiberi (ho perfino studiato con lui ed è un punto di riferimento per me), ma questa volta alcune cose non le ho davvero capite. Spesso nei piazzati generali i volti risultavano al buio (e i piazzati erano per davvero ambientati in “piazza”). Non capisco se sia stato un errore specifico di quella recita e se fosse proprio il progetto luci a prevedere quelle ombre un po’ ovunque. Anche in altre scene alcune scelte mi hanno lasciato perplesso. Diciamo che tra tutti i lavori di Tiberi non è quello che preferisco.
LL: Ubi maior… mi fido del tuo giudizio. Però posso dirti che pur non essendo un tecnico come te sospetto che, magari complice l’emozione della “prima”, magari gli attori hanno “ciccato” qualche puntamento? Perché per esempio le luci che creavano quei “tableau vivant” mi sono piaciute molto, e mi hanno fatto pensare che fosse un lavoro di squadra tra regia, coreografia, scenografia e progetto luci molto ben fatto (poi, l’imprevisto accade, neh?)…
PV: Sinceramente non saprei. Dovrei rivederlo. A questo punto ci manca da commentare l’adattamento in italiano! Che ne pensi? Premetto che io non ho visto l’originale a Broadway se non tramite clip video.
LL: Uhm… ed il film che avevo visto io conta anche meno in effetti del tuo bootleg a Broadway (ma secondo te possiamo dirlo che quando non riusciamo ad andarci ci guardiamo i bootleg o ci prendono per provincialotti che sognano The Great White Way?). L’adattamento! Eh sì! Ti dico solo che dopo aver sentito tante brutture nelle traduzioni delle liriche (non più tardi di ieri sghignazzavamo ripetendoci una traduzione amatoriale di un musical che purtroppo amatoriale non è) quando finalmente trovi chi questo mestiere sa farlo davvero ti rassereni! e Franco Travaglio è davvero bravo. La metrica è strumento al servizio del senso che a sua volta riveste di musicalità le parole. Sembrano nate in italiano le liriche, e lo stesso Jack Feldman (autore con Menken delle canzoni che – a proposito – pur non essendo la mia colonna sonora preferita di Menken in teatro e dal vivo mi è comunque piaciuta molto di più che quando si ascolta in cd) pur non capendocene un cappero ha ammesso che il suono delle parole gli sembrava addirittura migliore in italiano che in originale. Alice Mistroni poi è ormai in maniera evidente una librettista capace. Credo serva proprio un buon senso del palco per riuscire a dare il giusto ritmo alle battute, e lei, ovviamente, senso del palco ce l’ha.
PV: Sai che anch’io trovo spesso le canzoni Disney in italiano più belle delle originali in inglese? E’ uno di quei pochi casi in cui la traduzione non tradisce, ma anzi arricchisce! Probabilmente le sonorità disneyane si accordano molto bene con la nostra lingua! Sulla colonna sonora di Menken dico solo che ha fatto di meglio! Anche qui i momenti corali sono i più riusciti, ma gli assoli non mi hanno detto molto. All’uscita dello spettacolo non rimane in testa nessun motivetto… Strano per essere un Disney.
LL: Ma no! Ma dai! Santa Feee, dove sei? lala la lalala lala la laaa… Almeno Santa Fe resta!
PV: Per me Santa Fe = Rent! Con tutte le città che ci sono proprio Santa Fe dovevano andare a prendere?
LL: Sarà che suona bene. Ma a proposito… dove cavolo è Santa Fe, Musical-landia a parte? Va be’, fa niente. Comunque guarda: me la canticchio io mentre procedo con il nostro bel diagramma che, prevedo, sarà bello pienotto. Il diagramma (lo spieghiamo a chi non lo avesse ancora visto) attraverso cui rendiamo immediatamente visuale tutta questa pappardella di chiacchiera sul musical. Dici che siamo riusciti a spiegare il nostro punto di vista? Nel nostro piccolo combattiamo anche noi una battaglia analoga a quella degli strilloni contro discorsi superficiali e critiche non motivate (tanto in bene quanto negative eh?).
PV: Quesa volta tocca a me fare la fatidica domanda: varrebbe la pena di prendere un taxi per andare a vedere Newsies?
LL: E io ti rispondo di sì, tenendo oltretutto presente che quella sera si paga solo una corsa: a casa, dopo lo spettacolo, ci si torna di sicuro a piedi ballando nella notte milanese sulle note di… Santa Fe. Tiè!
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