“Le amiche di Maria” di Angelini e Vergoni saranno al Teatro de’ Servi di Roma fino all’11 ottobre, poi a Milano e Torino.
di Ilaria Faraoni
Le figure religiose in letteratura o in scena, che si tratti di teatro, cinema o televisione, riscuotono sempre grandi consensi. Sarà forse perché abbiamo tutti bisogno di positività e spiritualità, che si sia credenti o meno: abbiamo bisogno di esempi e questi, a volte, vengono proprio da figure immaginarie, che rimandano a quel rapporto con la trascendenza privo di giudizi saccenti “da pulpito” che qualche volta rovinano tutta la categoria di sacerdoti e suore agli occhi della gente.
Poco importa dunque che si tratti di personaggi inventati dalla penna di qualche autore: rispondono ad una esigenza forte e, spesso, riescono a divenire, in qualche modo, reali, perché quel che conta è l’idea, l’ideale o l’insegnamento che rappresentano.
Quando poi il messaggio arriva condito dall’ironia, da Don Camillo alla recentissima Suor Angela di “Che Dio Ci aiuti”, c’è il valore aggiunto della “umanizzazione”, dell’avvicinamento al sentire comune di figure che a volte ci appaiono invece distanti; c’è la forza della leggerezza che dà quell’input in più affinché anche le tematiche più serie trovino la strada più agevole per arrivare agli spettatori e rimanere, scavando come la goccia fa con la roccia.
Tutto questo succede in qualche modo, benché al primo impatto non sia così evidente (bisogna stare bene attenti alle liriche), anche con Nunsense – il musical delle suore di Dan Goggin del 1985 giunto al suo trentennale e divenuto un cult off-Broadway: è giusto sottolineare che lo spettacolo di Goggin, dunque, è precedente al molto più celebre, almeno in Italia, Sister Act.
L’adattamento italiano e la regia si devono a Fabrizio Angelini – mai ci stancheremo di ricordare quanto questo artista sia una colonna del teatro musicale italiano – in collaborazione con Gianfranco Vergoni, altra solida certezza: i due lo avevano portato in scena sotto l’egida della Compagnia della Rancia fin dal 2005. Ed è proprio ad una delle interpreti “storiche”, Serafina Frassica, scomparsa nel 2013, che la ripresa di Nunsense è dedicata, come ha ricordato sul palco, durante i ringraziamenti della prima, Angelini stesso e come è scritto anche nella cartolina di sala. Per la cronaca, le altre “consorelle” dell’epoca erano Lisa Angelillo, Paola Lavini, Elisa Santarosa e Francesca Cinanni.
Questa volta, il musical è presentato dalla Compagnia dell’Alba di Ortona (in coproduzione con il Teatro Stabile d’Abruzzo), nata formalmente nel 2013 dal sodalizio (dopo le precedenti collaborazioni) tra Fabrizio Angelini e l’abruzzese Gabriele de Guglielmo che sono riusciti, tra l’altro, ad ottenere per la prima volta al di fuori di una produzione del Teatro Sistina, i diritti professionali per portare in scena Aggiungi un posto a tavola (all’orizzonte si intravede il terzo anno di tour – leggere QUI).
Lo spettacolo ed i personaggi, come lascia presagire il titolo (un gioco di parole tra nun/suora e nonsense) sono molto sopra le righe. La storia prende le mosse da alcuni avvenimenti che si basano appunto sull’assurdo o almeno sul poco probabile: la morte di 52 suore a causa di una zuppa al finocchio preparata da suor Giulia; la mancata sepoltura, per mancanza di soldi, di 4 delle 52 sorelle, riposte nel congelatore del convento, nell’attesa di raccogliere fondi con lo spettacolo di beneficenza cui assiste il pubblico (spettatore e attore allo stesso tempo della vicenda). Parte del denaro destinato allo scopo è infatti stato usato dalla Madre Superiora per comprare un videoproiettore. Si aggiungono poi i trascorsi della Reverenda Madre, Maria Regina, di Suor Uberta e di suor Robertanna, come missionarie in un’isola a sud della Francia, tra lebbrosi, truffe, Zulù, Pigmei, Watussi e gare di corsa con “Protestanti mal disposti ed invadenti” che facevano loro concorrenza (vedi brano “Cambiando posizione”/“A difficult transition”). Per finire ci sono le storie delle singole sorelle: una su tutte quella di Suor Amnesia, chiamata così perché non ricorda più nulla dopo che le è caduto un crocefisso sulla testa.
Ma se l’umorismo ed il nonsense portano avanti lo spettacolo (e basti pensare che le “sorelle” di Goggin sono nate su alcune cartoline d’auguri per poi passare al cabaret, primo step del successivo musical) come si diceva all’inizio, nascosti tra le pieghe delle risate (ci scappano anche lo “sballo” della Madre Superiora che sniffa, inconsapevole, della droga o qualche doppio senso con la lettura del libro di ricette di suor Giulia), in Nunsense ci sono anche riflessioni o messaggi più seri anche se “sorridenti”: come non citare il brano finale “C’è un santo dentro te”/“Holier Than Thou”? “Son mille e più/i santi che si trovano/in ogni calendario/ma ognuno di quei santi là/fu un uomo come te/che cosa aveva lui/che non puoi avere tu?”. Oppure c’è la canzone “L’identità”/“Growing Up Catholic”: “Modernizzare è l’ordine/giustissimo, però/il linguaggio cambia/ma i fondamenti no/Tra i dubbi e controsensi/di questa società/ritrovo nelle regole/la mia identità”.
Si potrebbe andare ancora avanti con altre citazioni.
Ma Nunsense non si esaurisce qui: e se non ci si deve aspettare uno spettacolo con una trama molto articolata (c’è quel tanto che basta come filo conduttore per portare avanti la presentazione dei personaggi ed i numeri musicali), uno dei punti di forza del testo è la critica all’attualità. E qui stanno la sfida ed il lavoro più grande di Fabrizio Angelini e Gianfranco Vergoni: perché se l’edizione italiana è molto fedele, anche nelle coreografie e nella organizzazione scenografica a quella originale (si veda anche l’edizione filmata per la TV con Rue McClanahan come Madre Superiora), la traduzione non poteva essere pedissequa. Non solo Angelini e Vergoni hanno dovuto attualizzare lo spettacolo portandolo ai giorni nostri, ma hanno dovuto necessariamente anche trasferirlo in una realtà italiana, mettendoci del loro. Ed il lavoro fatto è riuscitissimo: ogni citazione è perfettamente inserita e pungente al punto giusto. Qualche battuta pertanto, come confermato da Angelini, è stata rinnovata rispetto all’edizione del 2005.
Tanto per rimanere in tema “spettacolo”, non si può non citare qui, sposandola in pieno, la critica ad alcune scelte “commerciali” nei cast di alcuni lavori, presente nel brano “La ruota di scorta”/“Playing second fiddle”, che parla degli eterni “sostituti”: “Ti ricordo un’altra Russo,/la napoletana Altea/lei che di sostituzioni/ne ha già fatte una marea/tu puoi buttarla in scena/lei sa tutto, è sempre ok,/poi arriva una velina/e il ruolo lo daranno a lei”. Di questi versi ci sarebbe da farne un manifesto da affiggere nei teatri.
C’è da dire, comunque, che la canzone ha portato bene alla bravissima Altea Russo, cui va tutta la nostra stima, che attualmente è reduce da tre anni di successi con Frankenstein Junior (nel ruolo di Frau Blücher) ed è appena partita per la nuova avventura di Cabaret, sempre per la Compagnia della Rancia, nel ruolo di Fräulein Schneider. Si apre poi il simpatico indovinello su chi sia il “Lui rimpiazza Paganini, Phino, Carfora e anche Frattini”. Ai più esperti la risposta.
Veniamo alle interpreti attuali, ovvero alle sette suore del Certosino Zelo: Laura Del Ciotto/Suor Maria Regina; Carolina Ciampoli (la Clementina dell’“Aggiungi un posto a tavola” di cui sopra)/Suor Maria Uberta; Monja Marrone/Suor Robertanna; Alberta Cipriani/Suor Maria Amnesia; Edilge Di Stefano/ Suor Maria Leonella; Giorgia Bellomo/Suor Maria Prudenza; Valentina Di Deo/Suor Carità. La Compagnia dell’Alba si contraddistingue per una eccellenza particolare nel canto, basti ricordare che anche uno spettacolo complesso come Aggiungi un posto a tavola vanta i cori dal vivo dei performers in scena (cosa rara, in Italia): le sette consorelle non hanno smentito la loro fama. Brave! Ben calibrato anche il volume (buon mix tra quello dato dal tecnico e quello prettamente vocale delle interpreti), trattandosi di un teatro piccolo come quello de’ Servi.
Per la parte danzata non si può non menzionare il coinvolgente numero di tip tap.
Riuscite le singole caratterizzazioni: le giovani artiste stanno lavorando bene sotto la guida artistica di grandi professionisti del teatro musicale, riuscendo anche a tenere testa agli spettatori sia nei momenti di spettacolo che li coinvolgono, sia nell’accoglienza nel foyer e nella sala prima dell’inizio, rigorosamente già in abiti monacali.
Attualmente, come si può notare da parecchi video in rete, le “sorelle” dell’Alba sono impegnate nel portare il loro canto in giro per la città, allietando passanti o passeggeri della metropolitana.
La regia associata è di Alessia de Guglielmo, la direzione musicale di Gabriele de Guglielmo, i costumi sono di Pamela De Santi. Le scene sono di Gabriele Moreschi che ha dato un bel tocco di eleganza nostrana. Sound Designer: Alberto Soraci. Light Designer: Alberto Tizzone.