OUT-ING. IL MUSICAL CHE METTE A NUDO LE EMOZIONI
Prima assoluta a Cento per un musical che negli USA ha fatto molto discutere
di Paolo Vitale
Abbiamo assistito alla prima nazionale di “Out-Ing. Metti a Nudo le tue Emozioni” il nuovo musical prodotto dalla compagnia teatrale i perFORMErs e messo in scena al Teatro Pandurera di Cento, in provincia di Bologna, con la regia di Mauro Simone e la produzione di Edoardo Scalzini.
Il titolo originale è “Bare, a Pop Opera” di John Hartmere e Damon Intrabartolo, uno show off-broadway che ha debuttato a New York nel 2004, con uno score rock-contemporaneo.
Questa è in breve la sua complessa trama:
L’intero musical si svolge all’interno del collegio cattolico di Santa Cecilia, dove un gruppo di giovani studenti vive i drammi esistenziali e le comuni problematiche legate all’età adolescenziale.: droga, sesso, grandi aspettative, paura del giudizio, senso religioso… I protagonisti sono Jason, un promettente ed affascinante “golden boy” e Peter, un simpatico ed ottimista chierichetto. Tra i due, che sono anche compagni di stanza, nasce un amore segreto. Jason, tuttavia, vive con ansia questa inedita situazione sentimentale, temendo sempre che essa possa essere scoperta dagli amici, dagli insegnanti e dai genitori. Il continuo fingere di essere “normali”, porterà alla rottura dei due ed all’avvicinamento di Jason ad Ivy, una bella ma facile ragazza appena arrivata al college, e ad una conseguente quanto inaspettata gravidanza. Jason sente il mondo crollargli addosso. Capisce di amare solo Peter e tenta di riavvicinarsi a lui. Peter, tuttavia, scosso dal comportamento immaturo di Jason lo respinge. Nel frattempo si sparge la voce della loro relazione omosessuale grazie ad una loro foto rubata col cellulare. Jason rifiutato da Peter, deriso dagli amici e pressato dalla gravidanza di Ivy si avvelena durante la recita di Romeo e Giulietta, morendo sotto gli occhi di tutti.
I temi trattati da quest’opera sono diversi e tutti egualmente importanti.
Primo fra tutti, ovviamente, l’omosessualità e la relativa accettazione sociale; poi ancora il peso della responsabilità di coloro che devono educare i giovani (in questo caso una suora, Sister Joan, ed un sacerdote, Padre Mike); la difficoltà di comunicazione tra figli e genitori; il peso delle aspettative degli adulti che ricade interamente sui ragazzi… Probabilmente, però, il tema centrale della storia è quello che si dispiega tutto interno alla “società adolescenziale” ed alle relazioni che in essa si creano. Una società spietata, fatta di giovani uomini e giovani donne che, pur di sentirsi accettati ed amati, sono disposti a fare di tutto. Ecco per esempio Nadia, la problematica sorella di Jason, che resa “acida” ed insopportabile dall’insicurezza dovuta al suo fisico “abbondante”, finisce per diventare un’insospettabile spacciatrice di droga. E’ questo il suo modo per essere accettata dal suo gruppo di “amici”, è questo il suo ruolo attivo nella “società”. Salvo poi rimanere sola e distrutta nell’intimo della sua stanza, piangendo tutta la notte e sognando di essere come le altre. C’è poi Ivy, che ha come unica arma di difesa l’arma della seduzione e del sesso. Finisce con il rimanere incinta di un futuro padre, omosessuale, che si ucciderà. C’è poi ancora Matt, intensamente innamorato di Ivy che sfoga tutta la sua rabbia contro Jason, contribuendo anch’egli , involontariamente, al suo suicidio.
Ci sono poi le due figure di adulti: Padre Mike e Sister Joan. Due personaggi molto diversi, ma accomunati da uno stesso senso di responsabilità nei confronti dei ragazzi. E’ nel modo di agire, tuttavia, che si evidenziano le loro grandi differenze. Sister Joan è, probabilmente, l’unica figura veramente positiva dello spettacolo. E’ lei che accoglie la confessione di Peter e con un sorriso lo rassicura: “Dio non sbaglia mai”. E’ lei che cerca di entrare veramente in contatto con i ragazzi, provando tutti i modi per fare “mettere a nudo” la loro vera persona. Padre Mike, invece, accoglierà in maniera più austera la confessione di Jason, fornendogli una soluzione simile al “don’t ask, don’t tell”. Non lo respinge in confessionale, ma non saprà nemmeno aiutarlo.
Giungiamo finalmente alla rappresentazione di Cento.
Ammettiamo di essere giunti in teatro con un po’ di timore. Non sarà mica l’ennesima litania vittimista pro-gay e anti-cattolica? I fogli di sala non ci rassicuravano, <<puntando il dito senza mezzi termini verso ogni forma di appiattimento culturale che esorta ad indicare come deprecabile un atteggiamento solo perché definito “diverso”>>. Per fortuna nello spettacolo c’è molto di più! Sicuramente questo testo richiama molto sia Spring Awakening che Rent, ma ha poi un proprio svolgimento assolutamente indipendente.
Il tema religioso, scottante ed interessante senza dubbio, rimane comunque di contorno. La fede cattolica non è posta in netto contrasto con le vicende dei ragazzi. Anzi, per certi versi la fede contagiosa di Sister Joan è l’unico raggio di luce nelle loro vite. Padre Mike arriva addirittura a chiedere perdono per non aver saputo aiutare Jason. Gli autori si scagliano, “puntano il dito”, non contro la fede cattolica, ma contro la “falsità”, ovunque essa risieda, in uomini di chiesa o in giovani ragazzi. Nulla di molto diverso da quello che Pirandello ci ha insegnato con la sua “maschera”. Ed è qui che il titolo diventa comprensibile: “Bare” significa letteralmente “nudo, scoperto, schietto”. Questo nella trasposizione italiana si è un po’ perso, rimanendo relegato al sottotitolo. “Out-ing” è un’espressione tipicamente legata al mondo omosessuale, mentre “Nudo” no, è una parola universale. Ma si sa, tradurre significa tradire.
La regia di Mauro Simone è veloce e funzionale. Ci ha confessato di aver tagliato alcune scene troppo rapide e poco comprensibili del testo originale. Sua anche la scenografia, bellissima ed intelligente, ma francamente poco “usata”. Si tratta di decine di cavi mobili tesi tra la graticcia ed il palcoscenico, ancorati con sacchi di sabbia, lungo i quali sono stati appesi immagini, fotografie, disegni… Si tratta di una bellissima reinterpretazione della scenografia originale, nella quale le centinaia di fotografie quadrate, stanno a richiamare le stanze tappezzate di immagini e di poster degli adolescenti. Questi cavi sono stati concepiti da Simone per essere mobili, in modo da poter configurare diversamente lo spazio ad ogni cambio scena. Sinceramente avremmo spinto ancora di più questa scelta. I cambi a volte erano davvero impercettibili o troppo timidi. Le potenzialità di questa scenografia sono sicuramente maggiori.
Nadia Scherani ha firmato invece le coreografie: fresche e divertenti. Non è certo un musical “ballato”, ma i momenti coreografati sono sempre stati in linea con tutto il resto!
Il cast artistico vedeva due nomi pluriacclamati nei ruoli di Sister Joan e Padre Mike: Francesca Taverni e Felice Casciano.
Casciano, nel ruolo di Padre Mike, ha sfoggiato una voce calda e suadente che solo i migliori attori di teatro hanno la fortuna di possedere. Il suo è un Padre Mike determinato e sicuro, con una grande profondità d’animo, non privo però di dubbi e di pensieri. Casciano ci ha regalato tuttavia un Padre Mike probabilmente fin troppo bello: il clergyman gli dona il fascino della divisa!!!
La vera star dello spettacolo è stata però Francesca Taverni. La sua presenza in scena è stata un’esplosione di energia e di emozioni. Al livello vocale ha, ahimè, mostrato la differenza tra una performer navigata di altissimo livello ed i giovani alle prime esperienze, per quanto bravi e capaci. Il talento è talento e bisogna dargliene atto! La Taverni ci ha donato due pezzi meravigliosi in cui ha saputo esprimere al meglio sia la sua parte ironica, impersonando una Vergine Maria in stile Lady Gaga, che la sua parte più drammatica, con un assolo emozionante di Sister Joan. Ruolo centrato al 100%.
Peter e Jason sono invece rispettivamente Giorgio Camandona e Dario Donda.
Camandona ha restituito un Peter simpatico, onesto, un po’ sognatore… Capace di veri sentimenti e scelte coraggiose. E’ proprio Peter il primo a “mettersi a nudo”. Ruolo perfetto per Camandona, che vorremmo però cominciare a vedere anche in ruoli completamente “altri”, pensando che ne abbia tutte le capacità.
Donda ha proposto invece un Jason sicuramente bello ed affascinante, ma sul finale ha calcato un po’ troppo la mano sull’insicurezza del personaggio. Ci rendiamo tuttavia conto di come un ruolo simile non sia per niente facile da interpretare, specie per un giovane performer come lui. La sfida è stata comunque vinta ed il suo Jason è stato un personaggio credibile e convincente.
Manuela Tasciotti ha vestito i panni di Nadia. La sua travolgente simpatia è stata ben celata dietro la maschera di invidia ed egoismo del suo personaggio. Ha perfettamente restituito il ruolo più complesso e problematico dello spettacolo: vittima e carnefice allo stesso tempo. Dovrà adesso concentrarsi maggiormente sulla parte vocale del personaggio.
C’è poi Beatrice Berdini nei panni di Ivy. La Berdini è riuscita perfettamente nell’intento di costruire un personaggio ambivalente: inizialmente Ivy si presenta come una ragazza facile e superficiale, ma con l’andare avanti della storia si capisce come in realtà anche la ragazza “facile e superficiale” abbia una profondità d’animo fatta di sentimenti, speranze e dolori. Prova superata anche per la Berdini.
Completano il cast Elena Nieri nei panni di Diane, una ragazza un po’ “tonta”, resa in maniera divertente e misurata dalla Nieri; Vincenzo Leone nei panni di Matt, aggressivo ed impulsivo, Paky Vicenti in quelli di Zack ed infine Alessandra Devilla nei panni di Rory.
Vocalmente non ci sentiamo di fare particolari commenti perché era chiaro che gli artisti in scena avevano problemi acustici. La batteria, almeno così ci è sembrato di capire, copriva completamente il resto degli strumenti, per cui i performer in scena cantavano praticamente a memoria. In una situazione simile note calanti e tempi sbagliati sono più che comprensibili. Nei brani senza percussioni il miglioramento era evidente. Se consideriamo poi che abbiamo assistito ad una prima assoluta, le piccole imprecisioni sono assolutamente perdonate. Rodando lo spettacolo il risultato non può che migliorare.
Concludiamo questa lunga recensione sottolineando come la sera del debutto, coincidente con la giornata mondiale contro l’omofobia, in sala non era presente neanche un’associazione LGBT. La motivazione addotta è pressapoco la seguente: “Il messaggio dello spettacolo è un messaggio negativo perché Jason trova nella morte la soluzione ai propri problemi di accettazione”. Ci permettiamo di rispondere a questi illuminati esponenti delle associazioni LGBT che il messaggio dello spettacolo è esattamente l’opposto. La morte di Jason è una morte teatralmente catartica che ci rende tutti carnefici di un suicidio immaginario, ma che ci redime allo stesso tempo attraverso il potere della commozione. E’ questa la magia del teatro!
In conclusione “Out-ing” è un musical da conoscere e da far conoscere. Due ore di divertimento e riflessione. Consigliamo questo spettacolo sia alle associazioni LGBT (se solo uscissero per un attimo dal loro mondo incantato!) sia alle associazioni cattoliche (se solo uscissero per un attimo dal loro mondo incantato!). Sarebbe un buon punto di incontro per iniziare un dialogo veramente costruttivo. All’uscita dalla sala non si è gli stessi dell’ingresso… si è forse un pochino migliori.