Grande successo al Théâtre du Châtelet per il Singin’in the Rain firmato Carsen
di Rino Alessi
In genere i musical di maggiore successo a Broadway hanno spesso avuto la fortuna di poter moltiplicare in una versione cinematografica la loro carriera raggiungendo spettatori che non frequentano abitualmente le sale teatrali.
Per An American in Paris (Un americano a Parigi) di George Gershwin su testo del fratello Ira e per Singin’in the Rain (Cantando sotto la pioggia), è l’inverso. Dai film realizzati nel 1951 da Vincente Minnelli con Gene Kelly e Leslie Caron e nel 1952 da Stanley Donen con lo stesso Gene Kelly, il Théâtre du Châtelet, tempio parigino del musical, ha presentato una trasposizione teatrale che ha visto la sala di rue Colonne letteralmente presa d’assedio sia nel periodo delle festività natalizie per Gershwin sia in quello primaverile per l’immortale commedia musicale MGM che riportava sulle scene dello Châtelet il regista prediletto della Ville Lumière Robert Carsen.
Fedele alla sua missione di fare scoprire in Francia i tesori del musical americano il Direttore dello Châtelet Jean-Luc Choplin prosegue così il suo percorso – che il pubblico sta apprezzando molto – sui legami tra cinema e teatro musicale.
C’è da dire che tra “An American in Paris” e Singin’in the Rain il rapporto è stretto. Mentre produceva il film di Minnelli utilizzando la musica e i testi di George e Ira Gershwin, il “producer” Arthur Fried ebbe l’idea di realizzare un nuovo film musicale basato su una coppia di autori. Nella fattispecie, lui stesso, ex prolifico paroliere della Metro-Goldwin-Mayer, e il compositore Nacio Herb Brown con cui Fried aveva scritto numerose canzoni di successo negli anni Venti e Trenta per la celebre compagnia cinematografica.
Al centro di questo gruppo di canzoni era un “tube” che era stato il fiore all’occhiello di uno dei primi film musicali MGM, “Hollywood canta e danza” (1929), quella “Singin’in the Rain” che Fried voleva come titolo della nuova pellicola. Gli sceneggiatori star Betty Comden e Adolph Green furono incaricati di immaginare una storia che ruotasse attorno alle numerose canzoni di Fried e Brown, e la vicenda fu collocata all’epoca del passaggio dal cinema muto a quello parlato. Gene Kelly, geniale coreografo e protagonista di “An American in Paris” ritrovò sul set il suo complice di “On the Town” (1949) Stanley Donen per un film di cui fu interprete, coreografo e regista collaboratore e il cui successo è tuttora vivo.
Il Théâtre du Châtelet, dopo le due stagioni di “My Fair Lady” sul palcoscenico tempio del musical parigino, ha affidato, a sua volta, a Robert Carsen e alla sua collaudata équipe di ritrovarsi. Il risultato, due ore abbondanti di musical divise in due parti, è stato il tutto esaurito per le recite di marzo e la ripresa, già programmata dallo Châtelet, dello spettacolo dal prossimo 27 novembre al 15 gennaio 2016.
Il talento di Carsen si manifesta in questa occasione in un raffinato esercizio di stile: al film di Donen che segue passo passo, in un sottile gioco d’incastri, la propria realizzazione e le situazioni, anche personali, che si vengono a creare sul set, ribatte giocando sapientemente con la magia del teatro nel teatro. Da un lato si prende delle libertà sulla sceneggiatura originale, dall’altro ne assorbe la struttura utilizzando sul palcoscenico il mezzo cinematografico. Il gioco cattura lo spettatore e offre ritmo e dinamismo a questa fortunata edizione in bianco e nero di Singin’in the Rain che si avvale delle collaborazioni di Tim Hatley per le scene, di Anthony Powell per gli eleganti costumi, di Stephen Mear per le rutilanti coreografie e di Giuseppe Di Iorio che firma, assieme allo stesso Carsen, il disegno luci.
La compagnia è di qualità, con Dan Burton agli onori del personaggio di Don Lockwood creato da Gene Kelly, ben assecondato da Daniel Crosseley (Cosmo Brown), da Emma Kate Nelson (inesauribile Lina Lamont), dall’incantevole Claire Halse che non fa rimpiangere, in Kathy Selden, l’altrettanto incantevole Debbie Reynolds del film, e da tutti gli altri, compreso Lambert Wilson nella sua breve apparizione sullo schermo. Accompagnato da un complesso strumentale “serio”, l’Orchestre de Chambre de Paris che suona dal vivo diretta da Gareth Valentine, lo spettacolo di Carsen assicura continuità a una sceneggiatura composita – le parti recitate in inglese sono molto stringate – che si sposta in continuazione (video ed elettronica sono in grado di fare miracoli), miscelando sentimentalismo ed energia con grande abilità.
Al termine lo spettacolo è salutato da un pubblico cosmopolita con autentiche ovazioni per tutti i bravissimi interpreti.