The Bodyguard: quando lo spettacolo prevale sul teatro
di Lucio Leone – foto di Alessandro Pinna
La versione italiana di The Bodyguard, musical del 2012 scritto da Alexander Dinelaris (Oscar per Birdman e autore anche del biopic musical a Broadway sulla vita di Gloria Estefan) si può senza dubbio definire uno spettacolo solido e coerente. E di spettacolo, più che di teatro musicale è necessario parlare, perché nella sua coerenza e solidità ha però purtroppo anche delle pecche che lo rendono, per quanto piacevole e per certi aspetti soddisfacente, non del tutto riuscito.
Cominciamo con il dire che la musica è la vera protagonista. La musica di Whitney, il ricordo di Whitney e della sua sfortunata vita (forse prima ancora che della storia raccontata nel film), è senza dubbio presente. In questo spettacolo le si tributa omaggio e ognuna delle persone presenti in sala, di quella donna triste dalla voce bellissima, ne porta chiaramente un pezzettino con sé, un pezzetto che inevitabilmente comincia a fremere quando attaccano le canzoni che hanno reso lei una star, e hanno fatto ballare/cantare/sognare/innamorare noi in stagioni passate e lontane sul calendario, ma presenti e vive nel cuore.
Del resto la direzione musicale di Simone Giusti, la supervisione di Cheryl Porter e il progetto audio di Armando Vertullo sono davvero molto curati e il suono rende giustizia alle voci di Karima e Loredana Fadda, che sul palco hanno il non facile compito di ripercorrere la carriera della Houston reinterpretandone i successi.
Il regista Federico Bellone ha saputo individuare in Bill Goodson, in Gabriele Moreschi e in Valerio Tiberi tre validissimi elementi che lo hanno aiutato, rispettivamente occupandosi delle coreografie, delle scene e delle luci, nel dare corpo alla sua magnificente visione che fin dall’opening number (assolutamente uno dei migliori delle ultime stagioni teatrali italiane) si dimostra centrata e ben delineata, di gran lunga migliore rispetto alle versioni anglofone dello stesso titolo.
Per una volta un po’ meno riusciti i costumi di Marco Biesta e di Marica D’Angelo che tuttavia, benché non si sia certo risparmiato in materia di lustrini e paillettes, non catturano del tutto l’anima del periodo e dello star system americano.
Karima e Loredana Fadda sono entrambe cantanti eccezionali. Purtroppo in diverse canzoni si avverte che Karima impiega la propria ottima tecnica vocale per risparmiarsi la voce (è notorio il fatto che sia stata recentemente operata alle corde vocali). Il risultato è che la sua performance, per quanto sempre piacevole anche per l’indiscutibile bellezza del timbro, appare piuttosto altalenante, e i brani che restano in mente nel tornare a casa non sono quelli “di punta” (primo tra tutti I Will Always Love You, con tanto di “volo” finale Elphaba-style), ma quelli in cui ha ritenuto evidentemente di potersi “spendere” con meno problemi, come per esempio I Have Nothing che chiude in bellezza il primo atto.
Diverso il discorso per Loredana Fadda che invece, chiaramente al meglio della forma, strappa in ogni singolo numero musicale che la vede coinvolta applausi -convinti- a scena aperta.
Tutto questo, come dicevo, rende The Bodyguard uno spettacolo piacevole, che farà felice chi ad una sera a teatro, cerca essenzialmente intrattenimento alternativo alla televisione o al cinema. E mi sento assolutamente di consigliarlo a chiunque ami (in ordine sparso) la musica di Whitney Houston, il film originale, sia un fan di Karima o di Fadda, abbia nostalgia degli anni ’90, voglia vedere vigorosi e testosteronici ballerini generosamente discinti o che, infine, identifica nel termine “musical” titoli dediti al puro e semplice divertimento.
Sfortunatamente, come accennavo, ci sono però anche delle pecche, e la mancanza di una direzione attoriale è la più evidente. A dire il vero gli attori (e nel termine rientra assolutamente di diritto anche Karima la quale, benché le sue competenze precedenti siano diverse e legate essenzialmente al settore musicale, si è senza dubbio preparata in maniera seria a quest’impegno, diversamente da molte altre sue “colleghe vip” prestate in maniera estemporanea al teatro musicale) non peccano di intenzioni o tecnica, ma sono del tutto assenti le dinamiche tra i personaggi.
Il ritmo nei recitati è lento, molto lento, la “verità” sul palco è piuttosto rara, e benché tutti i personaggi prendano posizione trovando perfette collocazioni in quelli che sono degli impeccabili quadri visuali che paiono immaginati più con un’ottica da bravo produttore che ottimizza un grosso investimento economico che da regista, finiscono per restare senza spessore o vitalità.
Il personaggio di Ettore Bassi descrive chiaramente la peggior guardia del corpo che l’universo mondo abbia mai conosciuto. Beve tranquillo in servizio, non riesce a nascondere i propri itinerari nemmeno… se ne andasse della vita di qualcuno, per una volta che finalmente nessuno ha riconosciuto la propria cliente non trova di meglio dapprima di farle cantare una propria famosa canzone in uno scalcagnato karaoke così che tutto il circondario possa riconoscerla e sapere dov’è, e poi di baciarla tutto contento e dimentico delle proprie responsabilità, con il cattivone di turno che arriva a farsi un selfie a circa un metro e mezzo da loro.
Bassi, ahimè, malgrado la propria evidente esperienza sul palco, con il suo pacioso e rassicurante sex-appeal da Don Silvestro difetta di pepe e nerbo, e forse anche perché, come appunto sottolineavo, la drammaturgia non gli è certo d’aiuto, per via del miscast a monte non riesce nemmeno a rendere quel senso di “eroe apparentemente freddo ma in realtà tormentato e solitario” che invece la monoespressione di Kevin Costner rendeva quantomeno un po’ credibile sul grande schermo.
Una menzione a parte meritano invece Mirko Ranù, Fabrizio Corucci e Russel Russel che comunque svolgono con coerenza e consapevolezza i ruoli minori loro assegnati.
Siamo soliti concludere le nostre recensioni su Musical! con la domanda fatidica (pragmatica e fatidica) del “consiglieresti di prendere un taxi per vederlo” questo The Bodyguard? La risposta è affermativa. Magari non entusiastica, ma sicuramente affermativa.
Ma tanto a due passi dal Teatro Nazionale, dove il musical è attualmente in scena fino al prossimo 7 maggio, c’è anche la Metro.