The Full Monty: quando c’è lavoro di squadra
di Lucio Leone, foto di Giovanna Marino
The Full Monty è stato il titolo che la SDM, la Scuola del Musical di Milano, ha pensato come saggio di fine anno accademico 2015/2016. Il 22 maggio scorso quindi, sul prestigioso palco del Teatro Nazionale tutti i ragazzi diplomandi e i loro colleghi al primo anno di corso hanno dato vita alla storia di questi sei teneri, improbabili, improvvisati spogliarellisti estemporanei che, disoccupati, a differenza degli stripper di professione che restano in perizoma, per convincere le donne di Buffalo (dove vivono) a comprare i biglietti del loro show promettono di arrivare al “full monty”. A mostrare l’intero ambaradan. Proprio tutto. Sì, tutto il cucuzzaro insomma. (Nota per le genitrici dei performer che non avessero eventualmente potuto assistere al saggio: no, tranquille. Non è stato proprio così, il teatro è finzione).
Il musical, scritto da Terrence McNally e David Yazbeck, benché originato da un omonimo film inglese del 1997, non è una pura e semplice “operazione nostalgia” tanto cara al nostro teatro musicale degli ultimi tempi, ed anche se riuscì nel difficile intento di essere nominato a nove Tony Awards senza vincerne manco uno (ma incolpevolmente: quell’anno si scontrò con The Producers e altri titoloni-corazzata), ha un libretto solido, con una storia avvincente, personaggi ben delineati e una colonna sonora di tutto rispetto.
I ragazzi della SDM gli hanno reso onore. Sul palco ovviamente c’era chi, pur giovane, è già pronto per il mondo professionistico mentre qualcuno invece è ancora acerbo, ma quello che è stato bello vedere è che l’ispirazione era condivisa e autentica. Il lavoro di squadra palpabile, il ritmo ininterrotto. Ho riso a parecchie battute. Ho molto ammirato le coreografie di Chiara Vecchi. Mi sono anche un po’ commosso e ho persino battuto le mani a tempo (lo confesso: generalmente è una cosa che mi irrita moltissimo fare).
Mi sono ritrovato a pensare che questi ragazzi si sono scelti il più bello e il più complicato dei mestieri al mondo. E ad ognuno di loro, sia a quelli che mi sono piaciuti, che a quelli che ho pensato non fossero ancora pronti, mi sento di augurare di non perdere mai la concentrazione dimostrata sul palco e di saper sempre ritrovare la stessa energia che hanno generosamente regalato a The Full Monty. Di non perdere mai la voglia di studiare e sperimentare. Di avere successi e di saper imparare dagli insuccessi.
Per me è stato un privilegio essere presente al loro “battesimo” artistico, e auguro anche a ognuno di loro (più che “padrino” è un discorso che fa un po’ “fata madrina”, mi rendo conto. Ma va bene così) carriere lunghe e piene di critiche positive e anche negative che, se sono costruttive, servono forse più delle prime, capaci solo di farti sorridere per qualche ora ma che poi non lasciano traccia. E siccome le fate madrine hanno delle responsabilità che vanno prese sul serio, spero mi avvertano quando un domani saranno in scena come professionisti e se possibile andrò con molto piacere ad applaudirli di nuovo, o forse… a criticarli. Sperando che nell’uno e nell’altro caso il mio lavoro sia utile al loro.
Non è questa la sede in cui elencare i pregi e le eventuali carenze in questo o quell’ambito, nelle occasioni di festa i peccati veniali non contano, fatemi solo spendere una parola di apprezzamento per chi ha avuto maggiormente il peso dello spettacolo sulle spalle: Salvatore Maio e Francesco Cazzolla sono stati entrambi davvero bravi nei panni – rispettivamente – di Jerry e Dave, ed è bello vedere che hanno saputo fare un buon lavoro di analisi del testo e del personaggio a cui hanno unito doti canore e tempi comici naturali (discorsi analoghi si potrebbero fare per altri performer, troppi per citarli tutti. In ordine sparso e in rappresentanza dei colleghi: Robert Ediogu, Simone Sassudelli, Antonio Palmadessa, Veronica Venturini, Clara Bonomi…).
Un applauso a parte invece se lo meritano le “guest stars” Antonio Catalano, lo stripper professionista (studente del primo anno), e il piccolo Daniele Sormani che ha interpretato Nathan, il figlio di Jerry e Pam.
Federico Bellone ha scelto bene il suo ultimo spettacolo come direttore artistico della SDM, che dall’anno prossimo passerà nelle mani di Alice Mistroni (chiamata ad affiancare le colonne portanti Gail Richardson e Giulio Riva). Ha scelto bene il titolo facendolo – molto intelligentemente -sulla base degli elementi di cui disponeva. Penso che con questo The Full Monty lasci la Scuola dopo 10 anni di direzione artistica con uno spettacolo di spessore come canto del cigno. E ho trovato molto bello il suo ringraziamento ad Amedeo Pomi che ha svolto davvero un ottimo lavoro come coordinatore generale.
Ah: dimenticavo: sarà perché sono italiano come lo è la Fiat, sarà perché è stata la mia prima automobile, sarà perché è una leggenda metropolitana che a New York basti fischiare e una macchina vi carichi, ma che vi posso dire? tra un taxi e una Panda io scelgo la Panda.