BUONO IL CAST, MA LA BELVEDERE NON CONVINCE. QUANDO PIPARO AFFIDERA’ I RUOLI DEI PROTAGONISTI A VERI PROFESSIONISTI DEL MUSICAL?
di Ilaria Faraoni
Tutti Insieme Appassionatamente, noto in Italia anche con il titolo originale The Sound of Music, dopo una serie di anteprime ha fatto il suo debutto nazionale al Sistina di Roma, una location d’obbligo, visto che Massimo Romeo Piparo, che ha firmato regia, traduzione e adattamento, è alla sua seconda stagione di direzione artistica del teatro (la presentazione in conferenza stampa nel servizio di Central Palc QUI). La produzione è PeepArrow Entertainment e Il Sistina.
La trama, che più o meno tutti conoscono, si svolge nell’Austria in fase di annessione alla Germania nazista e racconta la storia vera (più o meno romanzata) di Maria, giovane novizia in un convento, inviata dalla Madre Superiora a fare da istitutrice ai 7 ragazzi della famiglia von Trapp, capitanata dall’idealista comandante di marina in congedo Georg. Rimasto vedovo ed in procinto di risposarsi con la baronessa Elsa von Schräeder, l’uomo per non soffrire ha eliminato ogni ricordo della moglie dalla sua casa, compresi la musica e gli stessi figli, che tratta con distacco e con modi militari e che ha affidato ad una lunga serie di istitutrici, messe in fuga sempre più velocemente dai “terribili” ragazzi. L’arrivo del “ciclone” Maria, sconvolge le vite di tutti, così come lo farà, più in là, il rifiuto del comandante di accettare il nuovo incarico che, dal comando tedesco, gli impongono.
L’edizione attualmente in scena, come ha spiegato Piparo stesso in conferenza stampa, non segue la versione cinematografica da Oscar del 1965 che tutti conoscono, ma il copione teatrale originale del musical di Richard Rodgers (musiche) e Oscar Hammerstein II (testi) con libretto di Howard Lindsay e Russel Crouse. Non si tratta di una scelta italiana, ma di un vincolo legato alla concessione dei diritti detenuti dalla Rodgers & Hammerstein Organization.
Chi conosca bene il film diretto da Robert Wise, troverà perciò alcune divergenze nella trama, e ordine e contesto diversi per alcune canzoni; noterà inoltre alcuni brani inediti per l’Italia, che furono tagliati nella versione cinematografica: How Can Love Survive (Max ed Elsa), No Way to Stop It (Max, Georg ed Elsa), An Ordinary Couple (Maria e Georg), più alcuni cori delle suore.
Non sono presenti invece due brani scritti appositamente per il film dal solo Rodgers (musiche e liriche), visto che Hammerstein era già morto, all’epoca: uno dei pezzi forti di Maria (anche per la conoscenza del personaggio e del suo stato d’animo), I Have Confidence, e Something Good, il duetto romantico tra il comandante e Maria (che sostituiva An Ordinary Couple).
È bene sottolineare queste differenze perché già di per sé la versione originale risulta meno efficace rispetto a quella cinematografica: basti pensare alla celebre canzone Do-Re-Mi – quella in cui Maria insegna ai ragazzi a cantare – che nel film giunge più in là, al punto giusto nella crescita del rapporto tra loro, mentre nel musical arriva subito dopo le presentazioni tra i 7 von Trapp e la loro nuova governante: troppo presto.
L’idea generale che spesso si crea riferita ad alcune situazioni e all’evoluzione di alcuni rapporti tra i personaggi è proprio questa: troppa fretta, in un copione che invece risulta molto lungo. È vero che il musical, dopo il debutto a Broadway nel 1959, fece incetta di Tony Awards, ma per chi ha conosciuto il film del 1965 saltano all’occhio alcuni punti che nella versione cinematografica furono risolti in maniera più efficace o accattivante e che non dipendono certo dalla diversità del mezzo espressivo.
L’edizione italiana punta su Vittoria Belvedere e Luca Ward, coppia già scelta da Piparo in My Fair Lady.
Purtroppo la Belvedere non è un’attrice-cantante e, come per My Fair Lady, questo si sente e tanto. Perché farla lavorare in un musical? E perché – dall’altro punto di vista – accettare? La sua vocalità nel canto è totalmente inadeguata, problema esaltato ancora di più da una partitura così difficile come quella di The Sound of Music. La buona volontà non basta e non basta nemmeno affiancarle un cast di professionisti del settore come Sabrina Marciano (nel ruolo della baronessa), Riccardo Sinisi (Rolf) e la giovanissima Beatrice Arnera (Liesl), per non parlare delle suore che eseguono ottimi canti corali (a loro spetta l’apertura, molto apprezzata, dello spettacolo). Al contrario: un cast del genere non fa altro che sottolineare l’abisso tra le capacità canore della protagonista e quelle degli altri ruoli. C’è da riconoscere comunque a Massimo Romeo Piparo la coerenza: porta avanti le sue scelte fino in fondo con coraggio e, se prende in un musical artisti che non hanno a che fare con il canto o con la danza, li fa comunque cantare e ballare. Certo, a rischio e pericolo dello spettacolo.
Tornando a Maria, questo personaggio deve brillare, travolgere, incantare, affascinare, tenere testa al rigido Comandante, sfidarlo con irriverenza divertita, prendere in mano la situazione in casa von Trapp; deve essere forte e fragile al tempo stesso, selvaggia, entusiasta, gentile, un angelo e un diavolo, una persona che fa ridere, un raggio di luna inafferrabile, un’onda che non si può fermare sulla sabbia; basti pensare alle parole della canzone che la descrive: (How Do You Solve a Problem Like) Maria. È insomma uno di quei personaggi di tale forza da prendere vita propria anche al di fuori del testo dal quale nascono: niente di tutto questo si vede invece in questa Maria.
L’entrata in scena poi, che dovrebbe essere come un’esplosione di libertà e vitalità sulle note della canzone del titolo, The Sound of Music, è alquanto statica e avviene dietro ad un velatino calato davanti a tronchi d’albero con, alle spalle, un telone per la proiezione di un bosco. Buono l’effetto di profondità ottenuto con tre piani di campo, ma non migliora la situazione un improbabile volo della protagonista sollevata in aria e ripetuto in alcuni passaggi della canzone.
Convince invece il resto del lavoro scenografico, di gusto, di Teresa Caruso: l’esterno del convento, un muro curvilineo che simula la costruzione in pietra con inserti di vetrate colorate su finestre gotiche che si apre poi per mostrare l’interno dell’edificio; il salone di casa von Trapp, sui toni del bianco, e l’esterno della villa. Ben studiato l’uso dei girevoli.
Luca Ward, una delle voci più intense e affascinanti del panorama attoriale italiano, rende bene la durezza iniziale di Georg von Trapp. È nel suo. Comunica altrettanto bene anche la dolcezza che acquisisce il personaggio, anche se sembra un po’ troppo netto lo stacco tra i due modi d’essere. Con le parti musicali purtroppo arriva anche per lui la resa dei conti: non è un attore-cantante e, ancora una volta, si sente, anche se le canzoni che gli si richiedono, attenuano leggermente le difficoltà.
Come già anticipato, ottima prova quella di Riccardo Sinisi nel ruolo di Rolf, il ragazzo che consegna i telegrammi e che ha una storia d’amore con Liesl, la maggiore delle figlie di von Trapp; un simpatizzante del regime che, avvenuto l’Anschluss, si arruola tra i nazisti. Artista completo in tutte e tre le discipline che si richiedono in un musical, Sinisi si fa notare come uno dei migliori in scena. È protagonista con Liesl di Sixteen Going on Seventeen, l’unico momento ballato previsto dal musical insieme al ballo tradizionale austriaco, il Ländler, durante la festa in casa von Trapp.
Lavoro leggero dunque, questa volta, per il coreografo Roberto Croce, generalmente molto apprezzato. Nello specifico i passi di danza mettono in risalto le doti di Sinisi, anche se sembrano un po’ fini a sé stessi.
Beatrice Arnera (Liesl) è un altro dei punti di forza dello spettacolo. Sicurezza vocale e precisione, buon carattere anche nella recitazione; forse qualche sfumatura infantile di troppo per la coerenza del personaggio. Brava: anche considerando la giovane età, mostra già maturità sul palco.
Sabrina Marciano si riconferma un’ottima artista sulla quale il mondo del musical può contare. Temperamento nell’interpretazione e nel canto, supportata da studio e tecnica, perfetta nel ruolo della baronessa così come la si immagina e così come la parte richiede. Tempi giusti per le battute, eleganza e quel tocco snob nella caratterizzazione del personaggio la rendono giustissima per il ruolo e uno degli elementi riusciti di questa edizione di Tutti Insieme Appassionatamente.
Bravi i ragazzi, tra i quali figura anche Emma Valerio (la piccola Gretl) figlia di Vittoria Belvedere: Alessandro La Cava (Kurt), Kevin Magrì (Friedrich), Zoe Nochi (Louisa), Martina Bigi (Martha). Tra i bambini veri, nel cast della prima (perché i giovanissimi si alterneranno), anche Daniela Simula (Brigitta) che in realtà è un’adulta, già molto apprezzata in tante altre interpretazioni (Hairspray, Sweeney Todd, Peter Pan). Daniela non è nuova al ruolo di ragazzina (Cappuccetto Rosso) o addirittura ragazzino (come nel caso di Michael in Peter Pan) ed ha sempre funzionato in queste parti: tuttavia in mezzo a bambini veri si avverte troppo la differenza tra voce e movenze infantili riprodotte ad arte e quelle naturali dei bambini o adolescenti che, soprattutto di questi tempi, sono sempre più simili agli adulti.
Resta comunque una brava artista e infatti le battute o le situazioni divertenti, tra i 6 (Liesl ha ovviamente uno spazio diverso), spettano quasi sempre a lei, raggiungendo lo scopo. Sugli altri non si può scendere nel dettaglio perché in questo copione non hanno molto spazio individuale: non se ne scorgono i caratteri, non ci si affeziona ai singoli personaggi.
Il resto del cast: Giulio Farnese (Max Detweiler), Enrico Baroni (barone Eberfeld), Silvana Isolani (Madre Badessa), Donatella De Felice (FrauSchmidt/Suor Sophia), Marika Franchino (Suor Berthe), Carlo Alberto Gioja (il Maggiordomo Franz) e Ado Mamo (Suor Margareta/Zeller).
L’adattamento delle liriche è di Francesca Nicotra.
Alla direzione musicale e agli arrangiamenti Emanuele Friello, una garanzia. Degno di nota il suo lavoro, anche se spesso si perde l’attenzione sulla musica, trascinati dalle prove canore meno riuscite.
Eleganti e particolareggiati i costumi di Cecilia Betona, che rispondono alle aspettative.
Un appello al regista Piparo, uomo e professionista colto ed entusiasta e capace nel suo lavoro: se, come ha detto, l’intento (condivisibile) di spettacoli come questo e come il futuro Billy Elliot – che hanno giovanissimi in scena – è quello di formare i ragazzi e renderli il pubblico preparato e attento di domani, se si vuole portare al pubblico delle scuole – come spiegato in conferenza stampa – il grande cartellone serale del Sistina o semplicemente se si vuole promuovere il mondo del musical nel modo più giusto presso il pubblico, è necessario rendere “nomi sopra il titolo” i numerosissimi performers eccezionali e preparati che il nostro teatro musicale possiede: artisti che hanno studiato per fare al meglio questo particolare tipo di spettacolo, fuoriclasse in grado di competere anche con i tanto decantati artisti stranieri di Broadway e Londra. Il grande pubblico non li conosce e non li vuole? Abituiamolo, o diamogli l’occasione di conoscerli e volerli.
Visto giorni fa al Sistina..Spettacolo bellissimo, coreografie imponenti, musiche strepitose , cast fantastico e soprattutto sublime la sua protagonista , alias Vittoria Belvedere…Non sono d’accordo con la critica rimossa alla bravissima Vittoria , che oltre ad essere una delle attrici a mio avviso più brave ed intense ha anche una ottima vocalità…Si presta magistralmente nel ruolo di Maria e in genere al genere musical..Vista è apprezzata anche in “My Fair Lady”…E ribadisco come attrice è validissima e lo è altrettanto nel musical dove può spaziare con grande professionalità e talento in tutti i campi, recitazione, canto e ballo..Fortunatamente i gusti sono altamente soggettivi e quello che non piace a qualcuno , non è detto che invece non piaccia estremamente ad altri ..E dal riscontro che ho potuto costare di persona in teatro, in molti la pensano come me…