
Un cast e una band eccezionali esaltano i successi dei Queen nel musical di Ben Elton, Roger Taylor e Brian May. Martha Rossi, Luca Marconi, Valentina Ferrari, Paolo Barillari, Claudio Zanelli, Loredana Fadda e Massimiliano Colonna scatenano gli spettatori del Brancaccio
di Ilaria Faraoni
Con un nuovo tour 2019-2020 partito a fine ottobre da Senigallia (Teatro La Fenice) è arrivato anche nella Capitale, al Teatro Brancaccio dove resterà fino al 2 febbraio – in versione rinnovata rispetto allo scorso anno – We Will Rock You, il musical presentato in Italia da Barley Arts con le hit dei Queen, scritto da Ben Elton in collaborazione con due dei componenti della celebre rock band: Roger Taylor e Brian May. Il musical originale debuttò a Londra nel 2002; in Italia, la prima versione fu diretta nel 2009 da Maurizio Colombi, sempre per Barley Arts.

Lo spettacolo, che toccherà molte altre città fino a marzo (le date QUI), si pone nel filone della fantascienza distopica che, trattando il contrario dell’utopia, è ambientata prevalentemente in un immaginario futuro, ipertecnologico, estremamente negativo dal punto di vista sociale e politico.
A mano a mano che si assiste allo svolgersi della trama, ci si rende conto di come We Will Rock You attinga a elementi divenuti ormai classici del genere, grazie a romanzi cult come 1984 di George Orwell (1948) o Fahrenheit 451 (1953) – e altri racconti precedenti – di Ray Bradbury; tutto è però rivisitato in chiave strettamente “Queen“. I nomi dei personaggi, la profezia al centro della storia, la stella luminosa che indicherà la via (accostamento un po’ ambiguo ad un’altra stella guida), i testi sacri, gli eroi del passato… tutto sa un po’ (e lo è) di autocelebrazione della mitica band anche se non mancano citazioni di moltissimi altri cantanti e brani italiani e stranieri ed un momento che tocca molto il pubblico è dedicato a ricordare tutti i nomi dei grandi della musica morti prematuramente.

Su una Terra di 300 anni avanti nel futuro (rispetto ai giorni nostri) – ora Pianeta Mall – i libri, la musica e gli strumenti musicali, il libero pensiero, l’amore, i rapporti umani, il sapere e la lingua inglese, sono banditi. Avere amici reali e non virtuali è considerato un pericoloso ed eversivo atteggiamento anti social media. L’abbigliamento, omologato, dei ragazzi Ga Ga, si scarica direttamente da internet. I selfie e gli hashtag sono l’unica ragione di vita.
A dominare il mondo (compresa la scuola) e le vite di ciascuno, grazie a questo abbrutimento di massa è la Global Soft, con la sua musica computerizzata e senz’anima (“non c’è ritmo nell’algoritmo“), il cui capo, la malvagia e a tratti involontariamente comica Killer Queen ha iniziato la sua ascesa dopo essere stata fashion blogger, tronista e opinionista in tv, in un mondo, tra l’altro, in cui Barbara D’Urso (che nel frattempo sarà diventata immortale, visto che la trama è ambientata fra 300 anni?) dirige il TG5.
Questi particolari danno subito l’idea di come il testo sia stato adattato per renderlo attuale e coinvolgere maggiormente il pubblico italiano con temi, schemi televisivi e personaggi “di casa”.
L’implementazione e la rivisitazione del testo originale sono ad opera di Michaela Berlini che firma anche la nuova regia (nella scorsa stagione era stata assistente alla regia di Tim Luscombe): la regista ha lavorato sul testo – tradotto da Raffaella Rolla – con Valentina Ferrari (la Killer Queen dello spettacolo) e con il produttore Claudio Trotta.

Noi che ci troviamo davanti ad una televisione troppo spesso vuota e volgare, in una società dove gli influencer – i nuovi “vip” – guadagnano cifre spropositate e scalano perfino le classifiche dei libri, in un mondo dove tante e tante volte non emerge chi ha talento, ma chi si crea un personaggio, in un mondo dove dobbiamo sopportare che bambini undicenni ascoltino e vadano ai concerti di trappers che propongono testi pieni di violenza e volgarità… in un mondo così, come possiamo non ridere (amaramente) e al tempo stesso riflettere e anche un po’ spaventarci (visto che la fantascienza di solito anticipa i tempi) per una Killer Queen ex fashion blogger, tronista ed opinionista che nella storia domina il mondo torturando, omologando le persone, resettando le menti dei dissidenti come fossero computer e uccidendo?

Tra le molte citazioni di recentissima attualità, come stralci di testo dei tormentoni dell’ultima estate come Dove e Quando di Benji & Fede o Senza Pensieri di Rovazzi, – nominato un paio di volte e probabilmente non a caso, dal momento che il videoclip di Senza Pensieri tocca lo stesso tema di We Will Rock You – lo spettacolo ha al suo centro la musica rock su due fronti: sul piano narrativo e sul piano spettacolare.

Sul piano narrativo è la musica vera, quella fatta suonando i leggendari e da tempo perduti (perciò sconosciuti) strumenti musicali che salverà il mondo svegliando le coscienze. Il prescelto, l’inconsapevole Uomo dei Sogni, Galileo Figaro, il ragazzo che ha visioni di frasi di canzoni che nemmeno lui comprende, ma che sogna di poter suonare la sua musica, riuscirà grazie alla Stella Splendente (la statua di Freddie Mercury nascosta in un lago) a trovare il luogo segreto (il Living Rock) e a recuperare gli strumenti leggendari ivi nascosti dai Queen prima di essere uccisi dal regime. Galileo sarà accompagnato nell’impresa da Scaramouche, un’altra ragazza libera e per questo come lui “pericolosa” – dopo essere stato reso consapevole della sua missione da un gruppo di ribelli, i Bohemians, ragazzi che custodiscono i testi sacri (canzoni) e che hanno assunto i nomi di antichi cantanti dimenticati, anche se non hanno ben chiaro nemmeno loro cosa sia esattamente il rock se non che rappresenti la libertà. E se da una conoscenza frammentaria non può che generarsi il caos, ecco arrivare uno dei lati comici dello spettacolo, perché vediamo ragazzi vigorosi e caratterizzati mascolinamente chiamarsi Loredana Berté o Britney Spears.

Sul piano spettacolare, la musica è la protagonista assoluta di We Will Rock you: i brani dei Queen si susseguono, esaltati da una band dal vivo eccezionale (e non c’è niente da fare, la band dal vivo fa la differenza!) e da un cast vocalmente di eccellenza (artisti davvero uno più bravo dell’altro). Assistendo allo spettacolo ci si ricorda ancora di più, a sentirli tutti insieme, di quanti successi abbia sfornato il gruppo britannico. Viene voglia di battere le mani a tempo sui pezzi che sono incastonati molto bene nella trama, tanto da non sembrare parte di un juke-box musical.
Davvero We Will Rock You varrebbe la pena di essere visto anche solo per godere delle oltre due ore e mezza di musica e spettacolo: Radio Ga ga, I want to break free, Somebody to love, Killer Queen, Play the game, Under Pressure, A kind of magic, I want it all, Who wants to live forever, Flash, Don’t stop me now, Another one bites the dust, We will rock you, We are the champions e Bohemian Rhapsody (brano al centro di tutta la trama – indovinatissima anche la scelta di suddivisione tra gli interpreti) sono solo alcuni dei pezzi inseriti.
Dal punto di vista del copione, il musical sembra non badi molto a costruire dei personaggi con una profonda introspezione psicologica (salvo in alcuni punti) ma più dei caratteri funzionali al messaggio che si vuole far passare. Per lo stesso motivo, si ha l’idea che si sia dato a volte più spazio alle spiegazioni, piuttosto che alle azioni.
L’autoreferenzialità permea tutta la narrazione, ma in fondo i Queen possono permetterselo e la cosa non disturba neppure gli spettatori che non siano fans accaniti del gruppo: in fondo, il messaggio che si vuole dare (si parla anche del riscaldamento globale, della plastica imperante ecc… ecc…) è talmente positivo, anche se già visto o letto, che va bene così.

Non mancano momenti di forte emozione ed entusiasmo generati sia dai brani stessi, sia dall’interpretazione del cast, a cominciare dai protagonisti: Luca Marconi e Martha Rossi.
Marconi è una new entry di We Will Rock You: voce limpida e potente, adattissima a interpretare i brani dei Queen, Luca è altrettanto adatto nel rendere le insicurezze e la determinazione di Galileo.
Martha Rossi è un ritorno, lei che nel 2009 fu scelta proprio da Brian May dei Queen per il ruolo di Scaramouche (per approfondimenti leggere la nostra intervista di un anno fa, dove Martha, tra le altre cose, parla del suo rapporto artistico e umano con May).
E May non poteva scegliere meglio: perfetta nella parte, la precisione e la grinta vocale, il graffio rock, passano dal canto all’interpretazione attoriale.
Insomma, Martha Rossi e Luca Marconi sono due vere bombe, il valore aggiunto ai brani dei Queen.
Non da meno dei protagonisti è il resto del cast, tutto riconfermato dalla scorsa edizione (e tutti presenti anche nella prima edizione del 2009 ad eccezione di Zanelli): Valentina Ferrari (una straordinaria e sopra le righe Killer Queen, cui la perfomer – anche direttrice vocale dello spettacolo con Antonio Torella – regala il suo timbro profondo), Paolo Barillari (già Brit nella prima edizione, ora un “topo” Khashoggi caratterizzato molto bene anche nella risatina squittìo), Claudio Zanelli (troppo simpatico il suo Brit/Britney Spears, impossibile non affezionarsi), Loredana Fadda (Oz/Ozzy Osbourne – trascinante), Massimiliano Colonna (convincente e azzeccato il suo bibliotecario Pop, fondamentale per la risoluzione della trama).
La scenografia, di Colin Mayes, arricchita di alcuni elementi rispetto alla passata edizione, è sostanzialmente fissa, ma delinea molto credibilmente l’atmosfera e l’ambientazione, in accordo con le luci di Francesco Vignati. Sullo sfondo possiamo riconoscere molti loghi e marchi che sono al centro delle nostre vite.
Le coreografie, riviste dalla stessa Gail Richardson, sono funzionali a ricreare quel mondo futuristico dominato dall’elettronico, dai computer, da internet e dai videoclip.
I costumi, che si intonano bene alla scena, sono stati ridisegnati da Nunzia Aceto. Al trucco Maurizio Roveroni.
La direzione musicale,eccellente,è di Riccardo di Paola che guida, con la sua tastiera l’applauditissima band composta da: Antonio Torella (II tastiera), Roberta Raschellà (chitarra) Federica Pellegrinelli (chitarra) Alessandro Cassani (basso) Marco Parenti (batteria).
L’energico ensemble è composto da: Martina Pezzoli, Marco Stella, Gianluca Pilla, Giovanni Abbracciavento, Beatrice Berdini, Paolo Ciferri, Alessandra Gregori, Anna Foria.
Una nota di merito al disegno del suono curato da Luca Colombo, perché nonostante l’altissimo volume della musica (scelta opinabile perché, anche trattandosi di rock, siamo pur sempre in un teatro) la musica è rimasta pulita e non ha sovrastato le voci dei performers, perfettamente equilibrate. A concorrere all’effetto sicuramente anche l’impianto surround di cui si è dotato il Brancaccio da qualche anno.
Alla fine tutto il pubblico in piedi a ballare incitato dal cast e mega selfie di gruppo, perché… siamo o non siamo – per ricordare un’altra citazione dello spettacolo – “L’esercito del selfie“? Un tormentone che, come quello già citato di Rovazzi di cui abbiamo parlato, è un altro testo che si allinea perfettamente con il messaggio di We will Rock You, basta pensare al prosieguo della canzone: “Ma non abbiamo più contatti, soltanto like a un altro post“. Ecco, sì… perché anche in qualche pezzo estivo si può nascondere una canzone di “critica” o “denuncia”, anche se travestita con un bel vestitino leggero. Basta ascoltare e aprire la mente senza preconcetti: sono proprio quelli i primi nemici della conoscenza, a perseguire sempre la quale ci invita invece We Will Rock You.La scheda dello spettacolo QUI.
